venerdì 18 ottobre 2013

BANSHEE, Stagione 1 (2013), Jonathan Tropper, David Schickler


USA, 2013
Regia: Greg Yaitanes, SJ Clarkson, OC Madsen, Dean White, Miguel Sapochnik
Cast: Antony Starr, Ivana Miličević, Ulrich Thomsen, Frankie Faison, Hoon Lee, Lili Simmons, Ben Cross, Ryann Shane
Sceneggiatura: Jonathan Tropper, David Schickler


Trama (im)modesta – A volte inizia tutto con l’incontro, in un bar di provincia, di opportunità e fortuna. Se un galeotto appena uscito di prigione dopo quindici anni di gattabuia, alla ricerca di dieci milioni di dollari in diamanti, finisce in mezzo alla rissa che porta alla morte del nuovo sceriffo di Banshee, Pennsylvania – sceriffo che è appena arrivato in città, che nessuno ha ancora mai visto, eccetto forse per un connivente barista... che potrebbe succedere? Che potrebbe succedere se il galeotto decidesse di prendere in prestito l’identità del nuovo sceriffo, di portare in città i suoi eterodossi metodi da strada, facendo arrabbiare non poche persone: il capo della malavita locale, un mafioso ucraino, una ex-complice e amante che, nascosta sotto nuova identità, non vuole saperne di tornare alla vecchia vita...


La mia (im)modesta opinioneBanshee è una figata. La sceneggiatura fa acqua? Ahinoi, sì, ma non è nemmeno il colabrodo che molti amano credere che sia. Le prime stagioni, si sa, tolte qualche eccezioni eccellenti (vedi Breaking Bad o Mad Men) sono sempre un giro di prova, la serie deve carburare, capire come avanzare da sola, farsi comprendere dai suoi autori. Banshee è proprio così: eccessiva, funambolica, rutilante. Zoppica di tanto in tanto, sì, a volte di certo non sfoggia particolare buon gusto, ma diverte. Diverte eccome.


Se con Breaking Bad avevamo una mistura di pulp e drama con preponderanza del lato drammatico, con Banshee vediamo un ribaltamento di equilibri: più pulp che dramma, ma la serie comincia presto a scavare dentro ai personaggi, prima ingenuamente poi sempre con maggiore precisione. Non dimentica nemmeno il suo lato più sapido ed entusiasmante, anzi è uno show onnivoro: ci sono la mafia ucraina, la mafia Amish, gli indiani, i furti milionari, un hacker transgender (!!!), un ex-pugile galeotto, una mamma di provincia che è un’assassina/ladra sotto copertura...


L’esagerazione è la cifra stilistica, ma proprio sul versante dello stile abbiamo davanti un realismo di disarmante minimalità. La serie si gioca tutta sul concitatissimo montaggio e sul maggiore uso di effetti speciali analogici a dispetto dei digitali. I risultati? Scazzottate epiche, violentissime. Scene di tortura assolutamente non sopra le righe (ma in un contesto che lo è), battute epiche come se fossero noccioline (su tutte la meravigliosa «Meet the new boss») e personaggi greater than life.


Andiamo dallo sceriffo Hood, l’uomo che non deve chiedere mai, il macho perfetto, alla sfaccettatissima Carrie/Anastasia: singolare fusione di madre coraggio e spietata killer esteuropea. Le macchiette sono rigorosamente indimenticabili: svettano il transgender d’azione Job con la sua lingua velenosa, il capo mafia Kai Proctor insieme al suo inquietante assistente Burton, la amish zoccola Rebecca e il terrificante Albino, presente solo per una parte minuscola ma che nessuno potrà mai dimenticare.


Fra gang di motociclisti violenti, pugili stupratori, ex-compagni di galera con l’hobby del ricatto e torbidi intrighi politici, lo sceriffo Hood colpisce tutti con la sua capacità di prendere a legnate gli uomini, portarsi a letto le donne e risolvere ogni faccenda alla maniera dei veri uomini. Banshee è una delle serie più interessanti dell’anno passato, intrattenimento televisivo puro e disimpegnato che non prescinde dall’approfondimento psicologico dei personaggi. Se siete amanti del testosterone, questa è la serie che fa per voi.


Se ti è piaciuto guarda anche... – L’appena conclusasi Breaking Bad (2008-2013) di Vince Gilligan, vertice e pietra miliare dell’intrattenimento televisivo di tutti i tempi, è il fratello maggiore e più figo di Banshee. Per i moderni western abbiamo poi il capolavoro Deadwood (2004-2006) di David Milch, Hell on Wheels (2011-…) di Joe e Tony Gayton, insieme alla solidissima Sons of Anarchy (2008-...) di Kurt Sutter. Se vi sentite desiderosi di andare sul classico, non potreste mai perdervi il sommo trash Walker, Texas Ranger (1993-2001) di Leslie Greif  e Paul Haggis.


Scena cult – Le scazzottate: Hood/Sanchez, Hood/Albino, Carrie/Olek. La sparatoria finale. Le battute del transgender Job.

Canzone cult – Svariate. La maliosa Madonna di Jude Christodal, le aggressivissime So So Fresh di Nico Vega e We Got To Meet Death One Day di Luella and the Sun. Cito più di sfuggita Fifth of Whiskey di Verse & Bishop e l’opening theme firmato dai Methodic Doubt.

4 commenti:

  1. la prima puntata non è un granché, ci mette un po' a carburare, però poi esalta parecchio...
    e con la seconda stagione credo possa ancora migliorare

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    1. L'unica cosa che gli rimprovero, è una certa faciloneria qui e lì nella sceneggiatura. L'inseguimento dopo il colpo al museo nella quarta puntata è proprio un pacco... ma quanto è bello vederli scannarsi a pugni!

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  2. E' stato il guilty pleasure della scorsa stagione! Quanto mi è piaciuto!

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    1. Il testosterone funziona sempre! Ma in attesa della seconda stagione dovrò trovare sostituti: suggerimenti?

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