USA, 2010
Regia: Josh
Radnor
Cast: Josh Radnor, Kate Mara, Malin Akerman, Michael
Algieri, Zoe Kazan
Sceneggiatura: Josh Radnor
Trama (im)modesta – Le tre storie di un gruppo di amici
quasi trentenni si intrecciano a New York. Sam, scrittore freelance, nello
stesso giorno incontra quella che potrebbe essere la donna della sua vita, una
cameriera di nome Mississippi, e si ritrova sulle spalle un bambino di colore,
perso nella metropolitana, che non vuole tornare a casa dei genitori adottivi.
Nel frattempo Annie, affetta da alopecia, capisce cosa vuol dire essere amati
davvero e la coppia Mary Katherine e Charlie viene messa di fronte alla prospettiva
di cambiare vita per sempre.
La mia (im)modesta opinione – Interpretato da Josh Radnor,
famoso per la spassosissima sitcom How I Met Your Mother, che in questo caso
debutta anche alla regia e alla sceneggiatura, e presentato al Sundance,
Happythankyoumoreplease è un film molto particolare. La critica l’ha stroncato
ma senza particolare afflato e il film ha finito per passare del tutto
inosservato. E la taccia di un anonimato sofferto aleggia su tutta la comunque
valida pellicola. La verità è che Happythankyoumoreplease è una commediola
indie fondamentalmente mediocre e del tutto innocua che però si salva in calcio d’angolo con le
spie d’una promessa di talento futuro (dal punto di vista dello script, sia chiaro).
Chiariamoci, non siamo dalle parti di Xavier Dolan o di
Woody Allen (quello bravo delle remote origini): quello che abbiamo davanti è
un film carino, forse un poco pretenzioso ma, pur tuttavia, più che amabile.
Certe battute qui e lì sono veri scoppi d’arguzia e lo scavo psicologico, anche
se tentato, è un po’ confuso, anche se efficace. La vera forza del film sta tutta nelle interpretazioni di
Malin Ackerman su tutti, seguita a ruota da Josh Radnor e poi dagli altri
membri del cast. Considerandola come un’opera giovanile di un regista che
particolare talento non ha ma che riesce a essere simpatico, nonostante tutto,
il film parte così così ma poi diventa sempre migliore, fino a raggiungere un
buonissimo grado ma sprecandosi all’ultimissimo, con una scena di canto di
gusto opinabile.
Il film soffre anche di storyline deboli, che sono un po’ la
versione cinematografica dell’AIDS. Purtroppo, infatti, se la storia di Sam e
Rasheen è poetica e toccante e la relazione di Sam con Missisippi è divertente
e originale, la storia di Annie è già più blanda anche se incredibilmente
efficace nel penetrare dentro la psicologia femminile e recitata alla
perfezione da Malin Ackerman, una che dovrebbe avere spazio fra le dive dei
drammoni strappalacrime che piacciono tanto ai membri dell’Academy. La storia
di Mary Katherine e Charlie è invece una palla infinita, totalmente
ingiustificata e, chiaramente, un filler da poter infilare lì a piacere per
fare volume dentro una pellicola altrimenti troppo corta.
Un film se non molto debole, almeno molto zoppicante, questo Happythankyoumoreplease
che però riesce a farsi amare, in qualche modo. Molto meglio, questo è certo,
delle centomila commedie pseudobrillanti che Hollywood sforna di tanto in tanto
per tenere impegnati attori (vi dicono qualcosa i nomi Cameron Diaz e Jennifer
Lopez?) e soprattutto pubblico pagante – commedie, queste, che hanno gli stessi
problemi del film di Radnor ma si mascherano dietro una comicità per palati
grossi e una confezione certamente più smagliante. Dunque, guardate
Happythankyoumoreplease, almeno per debito intellettuale. Come si dice proprio
nel film: «Let’s be people who deserve to be loved, who are worthy. Because we
are worthy. We really are».
Se ti è piaciuto guarda anche... – Ovviamente, le commedie
indie “classiche”, che vanno viste per forza di cosa sono (500) giorni insieme
(2009) di Marc Webb, La mia vita a Garden State (2004) di Zach Braff e Se mi
lasci ti cancello (2004) di Michel Gondry. Film simile a questo è il
commercialissimo ma comunque guardabile Capodanno a New York (2011) di Garry Marshall mentre qualcosa
di più raffinato la si può avere con One Day (2011) di Lone Scherfig.
Scena cult – Irreperibile.
Canzone cult – Nonostante tutto il folk da poco nulla da
salvare.