Repubblica
Ceca, 1995
Regia:
Wictor Grodecki
Cast: Pavel
Rousek, Vaclav Cernogursky, Pavel Petroci, Martin Maca, David, Marek, David,
Matthew, Sawannah, Ota, Jarda, Pavel, Thomas
Sceneggiatura: Wictor Grodecki
Trama (im)modesta – Il film è un documentario che contiene
interviste a svariati hustlers (il termine gigolò è decisamente troppo
frou-frou) di Praga e a Pavel Rousek, pornografo che usa gli stessi per i suoi
film. Articolato in tre sezioni (sommariamente divise), il film parla
all’inizio del background di questi ragazzi, nel suo mezzo del sottobosco
pornografico illegale (nessuno fra gli intervistati supera i diciott’anni) con
un grande approfondimento della figura del pornografo Rousek e della sua doppia
vita: regista di porno la notte e anatomopatologo alla luce del giorno (e si
vede pure un’autopsia, terrificante) e, alla fine, nella parte forse più
melensa del film ma anche la più coinvolgente, si tratta del tema dei ragazzi
con la morte, esposti come sono a malattie e rischi di ogni tipo.
La mia (im)modesta opinione – Come recensire un
documentario? È uno strano problema, invero, specialmente se la recensione
parla di un film come questo. Innanzitutto va detto che Body Without Soul è il
secondo quadro del trittico sulla prostituzione minorile a Praga di Godrecki:
prima di lui c’era No Angels But Angels, dopo di lui il film neorealista
Mandragora. Un secondo, più inquietante problema è rappresentato dal mix di
realtà è finzione. Il film ci viene descritto come documentario: ma siamo
proprio certi che nulla sia artefatto? L’underworld della prostituzione di
Praga, così come ce lo descrive Godrecki, è qualcosa di semplicemente pauroso,
un vero inferno in terra – un inferno popolato da angeli. Angeli sì, forse
anche santi, martiri e, al contempo, demoni tremendi. Ammesso e non concesso che tutti i ragazzi intervistati
siano veri hustlers (ma lo sono, mi piace credere che il regista sia stato
sincero), a sedici anni conoscono la vita più di qualunque altro uomo. Sono
creature confuse, fragili sì, ma hanno ancora il coraggio di abbozzare un
sorriso, provare amore, patire dolore.
Perché dubitare del fatto che il film sia un documentario?
Non che se ne dica il contrario. C’è una bellezza nella caratterizzazione dei
personaggi, una finezza che pare miracolosa per un film sul reale. Mi piace
ricordare la recentissima intervista a Steven Soderbergh, che ha appena diretto
il film Magic Mike, con Channing Tatum e basato sulla vera esperienza dello
stesso, che ha affermato che, scrivendolo, c’era stato il bisogno di modificare
le vere esperienze perché, mettendole sullo schermo, il pubblico le avrebbe
giudicate improbabili. È quasi entusiasmante riflettere su questo trascolorare
dell’arte con la vita e viceversa. L’arte è sempre verosimile, in un modo o
nell’altro; è la vita a essere inverosimile. I ragazzi che vediamo nel film
sono esseri umani preziosi, che si finisce per compatire; li si vorrebbe
abbracciare, confortare, aiutare addirittura. Perfino la figura del pornografo
Rousek è complessissima: un orco che reprime la sua stessa umanità per poter
campare, un fallito, un attorucolo scalcinato che balbetta la sua parte nel
teatrino della vita sperando in un vago sogno d'artista. Un essere di figura tremenda: occhi pesti cerchiati di un
inverosimile nero, una chiostra di denti marci, pupille lacrimose...
I ragazzi, poi. Tutti i ragazzi. Degli angeli maledetti,
forse; innocenti più di tutti, perché hanno dato fondo al peccato. Poveri
caini, orfani, diseredati. Non esenti anche loro dalla depravazione che contamina la stessa aria che respirano, certo (raggelante è il prostituto Matthew che dice di gustarsi alquanto il sesso con ragazzini prepubescenti). Portavoce di chissà quanti battaglioni di loro
coetanei e consimili che vagano per le strade, si disperano per un poco di
denaro. Corpi senz’anima, appunto. E l’argomento è toccato proprio nel film
dove i ragazzi stessi parlano di sé: uno teme la morte, uno l’ama; uno,
bellissimo, dice di odiare il suo corpo (il disprezzo dell’omicida per il
pugnale?), uno dice di essere solo un sacco di carne e ossa; uno racconta le
proprie speranze di una vita normale e semplice, l’altro proclama il crollo di
ogni futura speranza. Angeli sì, e ancora. Sono passati più di sedici anni
dalle interviste di questo film: chi di loro è vivo? Qualcuno ce l’ha fatta,
forse?
Di queste ambiguità il regista è ben consapevole. È
consapevole del fatto che la sventura che perseguita questi poveri ragazzi
rasenta l’artificioso; è consapevole del fatto che il mondo che descrive è
tanto abietto da parere grottesco, forse quasi ridicolo; ma si giustifica,
genialmente, con l’epigrafe di Susan Sonlag che inaugura il film: «Tutte le
forme di arte seria e di conoscenza – in altre parole, tutte le forme della
verità – sono sospette e pericolose». La verità è sospetta. Il vero non è
verosimile. Questo film è stato tacciato di essere un film d’autore mascherato
da documentario. Ci condiamo anche qui il beneficio del dubbio: le musiche
sacre, l’eleganza delle inquadratura, perfino la concisa profondità, quasi
aforistica, con cui i ragazzi rispondono a delle domande; tutto pare finto,
simulato. La verità sembra sospetta e pericolosa. Ma poi si guarda in volto i
ragazzi e si capisce che non sono loro a recitare ma siamo noi a fingere,
fingere di non credere a questo mondo sotterraneo così infernale e disgustoso.
Girato con la massima eleganza stilistica, sorretto da
un’arte sottile, Body Without Soul è uno dei documentari più scioccanti,
commoventi e perturbanti che vi potrebbe mai capitare di vedere. Con questo suo
affresco di un mondo tanto dannato, dove anche le supposte vittime sono
carnefici e dove, dietro il male, possono nascondersi i sorrisi più sinceri,
gli sguardi più luminosi e le fitte più dolorose. Questo film, come già da me
argomentato, è un enigma, è vero – un enigma che andrebbe risolto, ma a nostre
spese. Potreste trovarlo sensazionalistico, è vero, ma chi dice questo
semplicemente non è capace di cogliere l’esatta natura dell’operazione che
Godrecki mette in atto: il suo ritratto è impietoso? La vita di questi ragazzi
lo è. Il suo mondo è tremendo? Quel mondo lo è davvero. La verità,
rammentiamolo, può essere sospetta e pericolosa. Ustionante, sì, orrenda,
efferata, commovente; ma, sopra ogni altra cosa, sospetta e pericolosa.
Se ti è piaciuto guarda anche... – Ovviamente i fratelli di
Body Without Soul, ovvero Not Angels But Angels (1994) e Mandragora (1997)
sempre di Wictor Godrecki. Film di culto sulla figura dell’hustler di strada è
ovviamente Flesh (1968) di Paul Morrissey, prodotto dal grandissimo Andy
Warhol. Altro importante (e rarissimo) documentario è lo Street Kids (1985) di Peg
Campbell, mentre eccellenti lavori di fiction sul tema sono Mysterious Skin
(2004) di Gregg Araki, l’abbastanza sconvolgente L.I.E. (2001) di Michael
Cuesta e le gemme My Own Private Idaho (1991) e Mala Noche (1986), entrambi di
Gus Van Sant. Film più scanzonati ma, spesso, anche più intelligenti e acuti
sono anche Strapped (2010) di Joseph Graham e Boy Culture (2006) di Q. Allan
Brocka.
Scena cult – La scena più geniale: intervista doppia al
pornografo Pavel Rousek: una, di giorno, mentre disseziona un cadavere (ed è
una delle cose più splatter che abbia mai visto); una, di notte, mentre gira un
film a luci rosse. Pornografia, macelleria, dissezione di gente morta (fisica o
morale che sia), quello che capiamo è che la differenza non è poi tanta.
Canzone cult – Musica classica a palla. Due su tutte: l’atro
Kyrie Eleison di Mozart e l’angelico Miserere di Gregorio Allegri.
Terrificante..
RispondiEliminaLa scena dell'autopsia ha messo in mutande anni e anni di Saw e Hostel...
EliminaLa descrizione del film è fatta talmente bene , che chiunque è incuriosito dal vederlo...
RispondiEliminaMolto bravo, complimenti!
Si fa quel che si può...
EliminaMi conforta constatare di non essere l'unico a non aver visto questo film!
RispondiEliminaDavvero devastante... condivido il tuo pensierio riguardo la messa in scena, sembra che il regista abbia voluto dare espressione a questi ragazzi, dandoli la forma che meritavano.