USA, 2003
Regia: Rob
Zombie
Cast: Sid
Haig, Bill Moseley, Sheri Moon Zombie, Karen Black, Rainn Wilson, Erin Daniels
Sceneggiatura: Rob Zombie
Trama (im)modesta – Anni ’70. La notte di Halloween, un
gruppo di ragazzi in cerca di luoghi bizzarri da inserire in una guida sulle
attrazioni da strada d’America. I giovani s’imbattono nel Museo dei Mostri e
dei Malati di Mente, una specie di casa degli orrori di quart’ordine gestita
dall’allucinatissimo clown Captain Spaulding che racconta loro la storia del
Dottor Satana, serial killer del luogo linciato anni prima, il cui cadavere è
misteriosamente scomparso. Andando alla ricerca del luogo di sepoltura dell’assassino
i ragazzi finirà nelle mani della famiglia Firefly, focolare domestico di
sadici bifolchi assassini.
La mia (im)modesta opinione – Iniziamo con un dato
personale: ho adorato La casa dei mille corpi. Il film pare diretto apposta per
me: ipercitazionismo, bizzarria virata agli estremi, barocchismi contorti; e il
tutto sposato a un perverso senso del gioco, a un’ironia deviata, a una furia
inedita e abbastanza tenebrosa. Parlando del lato più strettamente
cinematografico, il film di Rob Zombie è diventato un classico dell’horror
moderno, l’imprescindibile pietra miliare di un genere che, ormai, bazzica
cattive strade. La casa dei mille corpi è un film del tutto folle, un delirio
di onanismo cinematografico a cui il regista/autore si abbandona in nequizia e
che si brucia tutto nell’ansia di accumulare stimoli e rimandi, senza però
risultare mai troppo pesante o grezzo, tranne nei giustificatissimi exploit
finali.
Come tutte le opere profondamente narcisistiche, il film di
Zombie è un horror di livello eccelso: non solo stravolge con inatteso acume
tutti gli stereotipi del genere (i protagonisti sono gli assassini, non le
vittime, relegate qui a un ruolo che non esiterei a definire marginale) ma
gonfia il cadavere di un horror ormai morto e sepolto con le nuove linfe di esorbitanze
e strafori d’ogni genere. Le improbabili mises di Baby e Mama (personaggi
supercult: una, Sheri Moon, vera signora dell’horror; l’altra, Karen Black,
impagabile caratterista), i framezzi insensati di antichi filmini erotici, la curatissima
colonna sonora, tutto contribuisce ad aumentare lo straniamento, il disturbo,
il disagio. Dirò di più: è ne La casa dei mille corpi che confluiscono tutte le
suggestioni del genere alla luce di un onirismo scalmanato e furioso.
La sensazione, durante la visione, è quella di stare
guardando uno di quei VHS riesumati dal sepolcro d’una videoteca. Le citazioni
non si contano: Hitchcock (specialmente a Psycho e a La donna che visse due
volte), Fulci (i morti viventi e le grotte sotterranee sono praticamente rubate
a L’Aldilà), Jodorowsky (la processione al cimitero riprende Santa
Sangre), il Non aprite quella porta di
Hooper, i film di Wes Craven e s’arriva persino alle derive moderne del genere
dell’orrore con i rimandi al body horror di David Cronenberg e al recentissimo
J-Horror. Rob Zombie è u.n bambino goloso che impasta in bocca tutti i
manicaretti su cui sa allungare le mani: e si diverte un mondo. È proprio la
passione con cui il film è diretto, la sua capacità di essere violento senza
essere un mattatoio alla Saw che qualificano questa pellicola a cult del
genere.
Se ti è piaciuto guarda anche... – Ovviamente tutti i film
sopra citati con l’aggiunta degli altri film di Zombie, ovvero il sequel La
casa del diavolo (2005) e, sorvolando sulla parentesi del remake di Halloween,
il promettentissimo Lords of Salem (2013). Si consigliano poi i belli ma
scolastici The House of the Devil (2009) e The Innkeepers (2011) di Ti West.
Fra i grandi classici citiamo Le colline hanno gli occhi (1977) di Wes Craven,
Non aprite quella porta (1974) di Tobe Hooper, L’aldilà (1981) di Lucio Fulci, l'australiano The Loved Ones (2009) di Sean Byrne e
il grande Two Thousand Maniacs! (1964) di Herschell Gordon Lewis.
Scena cult – Il balletto delirante di Baby Firefly e il rogo
funebre al cimitero.
Canzone cult – L’ossessionante I Wanna Be Loved By You di
Helen Kane.