USA, 2011
Regia: Scott
Leberecht
Cast: Zak
Kilberg, Maya Parish, Jo D. Jonz, Larry Cedar, Arlen Escarpeta
Sceneggiatura: Scott Leberecht
Trama (im)modesta – Jacob ha ventiquattro anni, vive a Los
Angeles e lavora come guardia di notte in ufficio. La sua è una vita strana,
solitaria, passata a dipingere eternamente crepuscoli e aurore. A vagheggiare
un sole che non potrà mai vedere. Jacob soffre infatti di una grave malattia
della pelle che non gli permette di esporsi alla luce solare; pena, terribili
ustioni. Un giorno Jacob comincia a sentire fame, una fame che, anche svuotando
un intero frigorifero, non si può calmare. Comincia a essere sempre più
denutrito finché, un giorno, nel reparto macelleria di un supermercato sente
uno strano appetito per la carne cruda e per il sangue che da questa trasuda. È
così che comincia la nuova vita di Jacob. Drogato di sangue, prima animale,
dunque umano. Tutto si complica ulteriormente quando all’equazione si
aggiungono le incognite di un possibile amore futuro e la minaccia di uno
spacciatore poco raccomandabile.
La mia (im)modesta opinione – Era il 1897 l’anno in cui Bram
Stoker pubblicava il suo Dracula. Non un gran romanzo, a dir di tutti, ma,
senza ombra di dubbio, una pietra miliare della storia della letteratura.
Stoker ebbe infatti il colpo sia di genio che di fortuna di popolarizzare la
figura del vampiro. Figura che, già dall’inizio del secolo, aveva fatto
capolino nelle storie di svariati letterati, riscuotendo grande successo, ma
mai dominando le scene come fece il romanzo di Stoker. 1976, poco meno di un
secolo dopo e nuova pietra miliare: Intervista col Vampiro di Anne Rice. Il
vampiro, all’improvviso, è umano, è potente ma è anche più sublimato, vagamente
androgino e sempre meno zannuto. È dai vampiri della Rice che provengono quelli
della nostra modernità, più supereroi che mostri, con un’intera panoplia di
poteri speciali dei più bizzarri. Ma, così sublimandosi, la figura del vampiro
ha perso di significato. Passato com’è dal demone al bel tenebroso, il vampiro
s’è fatto vuoto, scintillante ma ha smesso di essere, per così dire, tragico.
Midnight Son non è un film epocale, anzi; ma si distanzia
con così tanta forza dai suoi colleghi cinematografici d’alto bordo da farlo
sembrare il figlio unico di una diversa razza, sempre tuttavia inclusa nel
genere del vampire movie. Se i vampiri odierni possono essere divisi,
sommariamente, in vampiri-supereroi (Twilight, True Blood, The Vampire Diaries)
e vampiri-zombie selvaggi (30 Giorni di Buio, Dal Tramonto all'Alba e il libro La Progenie), i
personaggi di Midnight Son recuperano la freschezza del vampiro antico con i
suoi drammi, i suoi demoni, le sue mille difficoltà. Non vedrete nessuna
spettacolarità, qui. Jacob non è immortale, non ha zanne, non è più veloce o
più forte, non vede al buio. Ha solo una gran fame e la repulsione per
l’ustoria luce del sole. Anche la creazione di altri vampiri è più facile di
quanto sembri. Niente rudimentali travasi a base di zanne e vene incise; basta
un morso, una notte passata in agonia e i nuovi vampiri sono belli e fatti. Il
trauma della scoperta della propria, rinnovata natura; dell’improvvisa
avversione al sole, la cui luce brucia e carbonizza; l’appetito famelico per
qualcosa che va oltre il cibo sono tutti elementi presenti in Midnight Son che,
anche grazie al suo apporto, lo chiameremo così, iperrealistico riesce a
dipingere dei vampiri davvero moderni, davvero soli, sempre più simili agli
alienati eroinomani di Trainspotting.
La grande umanità nel trattamento del tema dei vampiri, la
relativa originalità della trama, l’assenza di spettacolarità, la presenza di
una trama plausibile e convincente insieme alla concentrazione sul lato psicologico/sentimentale
delle vicende dei protagonisti fanno di Midnight Son un film particolare, un
gioiello da festival di scarso appeal visivo, certamente, ma la cui visione
risulta balsamica, dimostrando come il genere del vampire movie possa essere rivitalizzato
da un fresco apporto autoriale. In questo caso l’apporto del regista e autore Scott
Leberecht che sa ben variare dal dramma al raccapriccio nonostante gli esigui
mezzi a sua disposizione e una certa ingenuità nella direzione che fa apparire
certe scene come filmini fatti in casa, senza luci o fotografia particolari. È
la povertà dell’apparato tecnico del film che lo costringe a volar basso,
peccato, sarebbe stato un film potenzialmente rivoluzionario, nella sua
apparente piattezza e discrezione.
Grandissimo valore aggiunto alla pellicola (ma era l’unico
che potesse aggiungersi) sono le interpretazioni dei protagonisti. Zak Kilberg,
con la sua figura smunta ed emaciata e i suoi sguardi pallidi, crea un
personaggio delicato, quasi lunare e rende convincenti tutte le oscillazioni
del suo stato di salute e del suo umore, dal raptus violento alla sconsolata
malinconia. Maya Parish, dal canto suo, con
la carnosità di quel suo essere fragile, sembra davvero una ragazza della
strada, con i suoi moti improvvisi di insicurezza, le sue rabbie e la sua
carica di vitalità. Gran bel lavoro lo fanno anche i comprimari Jo D. Jonz e
Larry Cedar, rispettivamente lo spacciatore che procura a Jacob il sangue e il
poliziotto che indaga sul ritrovamento del cadavere di una donna scomparsa. Lo
ripeto, il film è a super-low budget e si vede; ma tra una sceneggiatura
intelligente e le convincenti interpretazioni di tutto il cast, si dimenticano
sia le insicurezze occasionali della regia comunque assai valida sia l’essenziale
povertà della pellicola, girata, suppongo, nelle stesse case dei membri di cast
e crew. Nonostante ciò, Midnight Son resta la risposta del cinema indie (quello
vero, quello fatto da autori giovani e innovativi) all’horror vampiresco e, di
conseguenze, merita d’essere visto e segnalato come cult movie imprescindibile.
Se ti è piaciuto guarda anche... – Cominciamo con un
sottovalutato vampire movie dal grandissimo cast e dalla rara bellezza, sto
parlando di Intervista col vampiro (1994) di Neil Jordan, fedelissimo
adattamento dal romanzo di Anne Rice. Omaggio poi il mio film preferito di
sempre, ovvero il debordante, iperbolico, barocchissimo Dracula di Bram Stoker
(1992) di Francis Ford Coppola e la perla da recente scoperta Vampires (2010)
di Vincent Lannoo. Fra i vampire movies di nicchia si nascondono poi Bakjwi
(2009) di Park Chan-wook e L'ombra del
vampiro (2000) di E. Elias Merhige. Menzioniamo poi l’iconico Dal tramonto
all'alba (1996) di Robert Rodriguez, Ragazzi perduti (1987) di Joel Schumacher,
il mesto Lasciami entrare (2008) di Tomas Alfredson (non guardate quella
ciofeca di remake!) e il kitsch, supercult Miriam si sveglia a mezzanotte
(1983) del compianto Tony Scott.
Scena cult – Le iridescenze negli occhi di Jacob, che vanno
e vengono, e paiono naturalissime. Oltre al finale, piccola gemma del creepy.
Canzone cult – Non pervenuta.
ormai non ci sono quasi più film senza almeno un vampiro o un lupo mannaro... :)
RispondiEliminaa questo comunque magari una possibilità la darò...
Dagliela. Ripeto, nulla di spettacolare o di rivoluzionario. Ma è consolante vedere che un tema strabusato può sempre essere rinfrescato!
EliminaGrazie mille per la tua ottima recensione.. stasera verifichiamo :)
RispondiEliminaFammi sapere!
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