domenica 2 settembre 2012

MIDNIGHT SON (2011), Scott Leberecht


USA, 2011
Regia: Scott Leberecht
Cast: Zak Kilberg, Maya Parish, Jo D. Jonz, Larry Cedar, Arlen Escarpeta
Sceneggiatura: Scott Leberecht


Trama (im)modesta – Jacob ha ventiquattro anni, vive a Los Angeles e lavora come guardia di notte in ufficio. La sua è una vita strana, solitaria, passata a dipingere eternamente crepuscoli e aurore. A vagheggiare un sole che non potrà mai vedere. Jacob soffre infatti di una grave malattia della pelle che non gli permette di esporsi alla luce solare; pena, terribili ustioni. Un giorno Jacob comincia a sentire fame, una fame che, anche svuotando un intero frigorifero, non si può calmare. Comincia a essere sempre più denutrito finché, un giorno, nel reparto macelleria di un supermercato sente uno strano appetito per la carne cruda e per il sangue che da questa trasuda. È così che comincia la nuova vita di Jacob. Drogato di sangue, prima animale, dunque umano. Tutto si complica ulteriormente quando all’equazione si aggiungono le incognite di un possibile amore futuro e la minaccia di uno spacciatore poco raccomandabile.


La mia (im)modesta opinione – Era il 1897 l’anno in cui Bram Stoker pubblicava il suo Dracula. Non un gran romanzo, a dir di tutti, ma, senza ombra di dubbio, una pietra miliare della storia della letteratura. Stoker ebbe infatti il colpo sia di genio che di fortuna di popolarizzare la figura del vampiro. Figura che, già dall’inizio del secolo, aveva fatto capolino nelle storie di svariati letterati, riscuotendo grande successo, ma mai dominando le scene come fece il romanzo di Stoker. 1976, poco meno di un secolo dopo e nuova pietra miliare: Intervista col Vampiro di Anne Rice. Il vampiro, all’improvviso, è umano, è potente ma è anche più sublimato, vagamente androgino e sempre meno zannuto. È dai vampiri della Rice che provengono quelli della nostra modernità, più supereroi che mostri, con un’intera panoplia di poteri speciali dei più bizzarri. Ma, così sublimandosi, la figura del vampiro ha perso di significato. Passato com’è dal demone al bel tenebroso, il vampiro s’è fatto vuoto, scintillante ma ha smesso di essere, per così dire, tragico.


Midnight Son non è un film epocale, anzi; ma si distanzia con così tanta forza dai suoi colleghi cinematografici d’alto bordo da farlo sembrare il figlio unico di una diversa razza, sempre tuttavia inclusa nel genere del vampire movie. Se i vampiri odierni possono essere divisi, sommariamente, in vampiri-supereroi (Twilight, True Blood, The Vampire Diaries) e vampiri-zombie selvaggi (30 Giorni di Buio, Dal Tramonto all'Alba e il libro La Progenie), i personaggi di Midnight Son recuperano la freschezza del vampiro antico con i suoi drammi, i suoi demoni, le sue mille difficoltà. Non vedrete nessuna spettacolarità, qui. Jacob non è immortale, non ha zanne, non è più veloce o più forte, non vede al buio. Ha solo una gran fame e la repulsione per l’ustoria luce del sole. Anche la creazione di altri vampiri è più facile di quanto sembri. Niente rudimentali travasi a base di zanne e vene incise; basta un morso, una notte passata in agonia e i nuovi vampiri sono belli e fatti. Il trauma della scoperta della propria, rinnovata natura; dell’improvvisa avversione al sole, la cui luce brucia e carbonizza; l’appetito famelico per qualcosa che va oltre il cibo sono tutti elementi presenti in Midnight Son che, anche grazie al suo apporto, lo chiameremo così, iperrealistico riesce a dipingere dei vampiri davvero moderni, davvero soli, sempre più simili agli alienati eroinomani di Trainspotting.


La grande umanità nel trattamento del tema dei vampiri, la relativa originalità della trama, l’assenza di spettacolarità, la presenza di una trama plausibile e convincente insieme alla concentrazione sul lato psicologico/sentimentale delle vicende dei protagonisti fanno di Midnight Son un film particolare, un gioiello da festival di scarso appeal visivo, certamente, ma la cui visione risulta balsamica, dimostrando come il genere del vampire movie possa essere rivitalizzato da un fresco apporto autoriale. In questo caso l’apporto del regista e autore Scott Leberecht che sa ben variare dal dramma al raccapriccio nonostante gli esigui mezzi a sua disposizione e una certa ingenuità nella direzione che fa apparire certe scene come filmini fatti in casa, senza luci o fotografia particolari. È la povertà dell’apparato tecnico del film che lo costringe a volar basso, peccato, sarebbe stato un film potenzialmente rivoluzionario, nella sua apparente piattezza e discrezione.


Grandissimo valore aggiunto alla pellicola (ma era l’unico che potesse aggiungersi) sono le interpretazioni dei protagonisti. Zak Kilberg, con la sua figura smunta ed emaciata e i suoi sguardi pallidi, crea un personaggio delicato, quasi lunare e rende convincenti tutte le oscillazioni del suo stato di salute e del suo umore, dal raptus violento alla sconsolata malinconia. Maya Parish, dal canto suo, con la carnosità di quel suo essere fragile, sembra davvero una ragazza della strada, con i suoi moti improvvisi di insicurezza, le sue rabbie e la sua carica di vitalità. Gran bel lavoro lo fanno anche i comprimari Jo D. Jonz e Larry Cedar, rispettivamente lo spacciatore che procura a Jacob il sangue e il poliziotto che indaga sul ritrovamento del cadavere di una donna scomparsa. Lo ripeto, il film è a super-low budget e si vede; ma tra una sceneggiatura intelligente e le convincenti interpretazioni di tutto il cast, si dimenticano sia le insicurezze occasionali della regia comunque assai valida sia l’essenziale povertà della pellicola, girata, suppongo, nelle stesse case dei membri di cast e crew. Nonostante ciò, Midnight Son resta la risposta del cinema indie (quello vero, quello fatto da autori giovani e innovativi) all’horror vampiresco e, di conseguenze, merita d’essere visto e segnalato come cult movie imprescindibile.


Se ti è piaciuto guarda anche... – Cominciamo con un sottovalutato vampire movie dal grandissimo cast e dalla rara bellezza, sto parlando di Intervista col vampiro (1994) di Neil Jordan, fedelissimo adattamento dal romanzo di Anne Rice. Omaggio poi il mio film preferito di sempre, ovvero il debordante, iperbolico, barocchissimo Dracula di Bram Stoker (1992) di Francis Ford Coppola e la perla da recente scoperta Vampires (2010) di Vincent Lannoo. Fra i vampire movies di nicchia si nascondono poi Bakjwi (2009) di Park Chan-wook  e L'ombra del vampiro (2000) di E. Elias Merhige. Menzioniamo poi l’iconico Dal tramonto all'alba (1996) di Robert Rodriguez, Ragazzi perduti (1987) di Joel Schumacher, il mesto Lasciami entrare (2008) di Tomas Alfredson (non guardate quella ciofeca di remake!) e il kitsch, supercult Miriam si sveglia a mezzanotte (1983) del compianto Tony Scott.


Scena cult – Le iridescenze negli occhi di Jacob, che vanno e vengono, e paiono naturalissime. Oltre al finale, piccola gemma del creepy.

Canzone cult – Non pervenuta.

 

4 commenti:

  1. ormai non ci sono quasi più film senza almeno un vampiro o un lupo mannaro... :)
    a questo comunque magari una possibilità la darò...

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    1. Dagliela. Ripeto, nulla di spettacolare o di rivoluzionario. Ma è consolante vedere che un tema strabusato può sempre essere rinfrescato!

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  2. Grazie mille per la tua ottima recensione.. stasera verifichiamo :)

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