sabato 12 maggio 2012

UNE VIEILLE MAÎTRESSE (2007), Catherine Breillat


Francia, Italia, 2007
Regia: Catherine Breillat
Cast: Fu’ad Aït Aattou, Asia Argento, Roxane Masquida, Claude Serraute, Yolande Moreau
Sceneggiatura: Catherine Breillat


Trama (im)modesta – Il libertino Ryno de Marigny (Aattou, al suo debutto cinematografico) sta per sposare la virginale Hermangarde (Masquida) ma la sua reputazione è minata dai mille pettegolezzi che si rincorrono sulla sua relazione con la torrida señora Vellini (Argento), una virago spagnola dalla sessualità sbrigliata e focosa. Ryno racconterà la storia della relazione con la Villini alla futura suocera, che vuol essere rassicurata sulla moralità di lui. Ma, una volta celebrato il matrimonio, la fiamma del vecchio amore verrà riattizzata.


La mia (im)modesta opinione – Era il 1851 quando Jules Amédéé Barbey d’Aurevilly pubblicava il suo Une vieille maîtresse, non di certo il suo libro più famoso o ben riuscito ma contenente in nuce tutti i temi che sarebbero stati esplorati più a fondo e più estesamente nei successivi romanzi: il vizio, il libertinismo, l’amore crudele, il sadismo. La grandezza di Barbey d’Aurevilly sta nella sua capacità di rendere la sua prosa densa, espressiva, carica fino al parossismo ed evocando atmosfere oscure, misteriose e fosche che rasentano quelle sublimate di Poe ma hanno in più un tocco di perversione e blasfemia in più.


Detto questo, è facile notare come questo adattamento di Une vieille maîtresse, sia tanto attinente al romanzo originale quanto freddo nella sua rappresentazione. Mi spiego meglio: se in Barbey d’Aurevilly si percepisce come una realtà trasfigurata, sognante e cupa, questo film è troppo luminoso, regolare, troppo poco compiaciuto del suo erotismo e dell’esplorazione del vizio nelle sue ramificazioni più insospettabili. Insomma tratta un romanzo di ascendenza simbolista (dunque visionario, fosco e onirico) come dovrebbe essere trattato un romanzo naturalista, ad esempio di Zola o Maupassant. Gli elementi ci sono tutti, ma la Breillat non è, in definitiva, capace di catturare l’essenza e l’aroma del romanzo originario.


Gli attori, come già detto si sforzano molto, non sempre riuscendo o, per meglio dire, riuscendo solo in parte. In pole position abbiamo Asia Argento che, manco a dirlo, interpreta il ruolo della promiscua dai tratti belluini e feroci. Il ruolo le calza a pennello, come al solito, ma questo alla lunga è un male: l’interpretazione finisce per stancare. In seconda posizione c’è il modello Fu’ad Aït Aattou, al suo debutto cinematografico (se non contiamo un fugace cameo ne L’età inquieta di Bruno Dumont), che, dove manca in talento, compensa in bellezza, il che non sempre è bastevole ma che, alla fin fine, accontenta. Ultima in lista è Roxane Masquida, che è più brava di quanto voglia far credere, ma esagera nel chiudersi in una specie di inespressività autistica.


La caratterizzazione dei personaggi è condotta non troppo bene. Ryno è una sorta di sagoma legnosa, Hermengarde è una statua di cera, immobile ma che vorrebbe e potrebbe muoversi. Su tutti vince la Vellini di Asia Argento con le sue pose mascoline, il suo sigaro, la sua sensualità cruda e irruente. Poi c’è Fu’ad Aït Aattou, con il volto dolce da bambino impertinente, lo sguardo pallido e verde e il corpo efebico e muscoloso. Nella sua freddezza è gustoso anche il personaggio di Hermangarde, ma i veri trionfatori sono i figuranti Yolande Moreau e Michael Londsdale, che interpretano due nobili salottieri e pettegoli.


Un film piacevole, questo Une vieille maîtresse, un po’ freddo ma un pasto tutto sommato accettabile e forse anche gustoso di quando in quando. Ci sono film migliori, ci sono film peggiori, ma quasi nessuno ha il privilegio di mettere in scena un romanzo di Barbey d’Aurevilly, autore assai trascurato, ma che sarebbe pronto a dare spunti narrativi a molti sceneggiatori di tutto il cinema mondiale. E concludo il mio discorso sulle parole della Vellini: «Odio tutto ciò che è femminile, tranne nei giovani uomini, ovviamente». La battuta più folgorante di tutto il film.


Se ti è piaciuto guarda anche... – Altre storie di intrighi e passioni sono il tenue Le Seduttrici (2005) di Mike Baker, tratto da Wilde, stupendamente recitato, seppure un po’ freddo; il grandissimo classico Le relazioni pericolose (1988) di Stephen Frears e il suo “gemello” il Valmont (1989) di Milos Forman; il fosco Quills (2000) di Philip Kaufman e il visivamente interessante The Libertine (2004) di Laurence Dunmore.


Scena cult – La scena più visivamente interessante dell’intera pellicola è sicuramente il flashback della vita della coppia Vellini/Ryno nel deserto dell’Algeria, con tanto di scena di sesso alla Jodorowsky davanti a una pira funebre.

Canzone cult – Non pervenuta.

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