USA, Regno Unito, 2005
Regia: Ridley Scott
Cast:
Orlando Bloom, Eva Green, Jeremy Irons, David Thewlis, Liam Neeson, Edward
Norton, Ghassan Massoud
Sceneggiatura: William Monahan
Trama (im)modesta – 1184. Il maniscalco Baliano,
completamente distrutto dal suicidio della moglie e infuriato contro Dio e gli
uomini che permettono, in nome della religione, le peggiori empietà, viene
raggiunto da Goffredo di Ibelin, cavaliere crociato del regno di Gerusalemme,
che gli comunica di essere suo padre e di volerlo al suo fianco in Terra Santa,
per proteggere il Regno di Gerusalemme che da oltre un secolo garantisce pace e
libertà ma che sta per cedere sotto le incalzanti pressioni di Saladino da una
parte e dei Templari dall’altra. Partito dalla Francia maniscalco e arrivato in
Terra Santa nobile, Baliano dovrà iniziare ad abituarsi ai maneggi di corte che
minano alle fondamenta il regno del re lebbroso Baldovino. Ma quando la
situazione sarà cruciale e lo scontro con Saladino prossimo, toccherà proprio a
Baliano difendere la Città Santa e guadagnarsi il regno dei cieli.
La mia (im)modesta opinione – L’avrete notata, non ho dubbi,
quella dicitura Director’s Cut appena dopo il titolo del film. Non ho nemmeno
dubbi che tutti voi sappiate che il ciofecone che uscì anni fa al cinema, con
il nome de Le Crociate, era la versione mutilata di un film certo ingenuo ma di
sicuro più meritevole. In origine, infatti, il regista Scott aveva girato un
film assai diverso, più pregno di un certo stile autoriale ma incredibilmente
lungo (tre e ore e un quarto è tanto, tanto lungo) che fu costretto a
tagliuzzare e ridurre facendo della stessa pellicola un film precario e
malsicuro. Io, coraggioso, disprezzando la versione originale, sono andato a
scovarmi il Director’s Cut originale, cioè il vero film, quello che Ridley
Scott avrebbe voluto. Risultato? Se la versione ridotta era un ciofecone, la
versione estesa è sempre un ciofecone, ma tanto tanto stiloso.
Ridley Scott non lo conosciamo tutti. Un regista di cult
assoluti, senza dubbio, ma a cui la verità storica è sempre andata troppo
stretta. Leggendari sono gli strafalcioni storici de Il Gladiatore –
strafalcioni che vanno ben oltre la consapevole licenza poetica e finiscono per
pretendere dallo spettatore più fiducia di quanto non sia lecito chiedere. Così
è pure questo Le Crociate, così infarcito di scivoloni storici da esser più
vicino al fantasy storico che non al genere storico vero e proprio. Se poi una
garanzia c’è, è quella della spettacolarità: immani deserti, mari in tempesta,
schieramenti d’esercito, epiche battaglie. Peccato che, nonostante la sua
grandezza formale, il film si riveli poi insufficiente e precario per tutta una
serie di crepe che ne pregiudicano la stabilità.
Primo difetto di tutti: Orlando Bloom. Diciamocelo pure,
come attore è grandemente cane. Cane oltre ogni definizione. Sembra il fratello
di Kirsten Stewart. Sarà che all’epoca andava molto forte fra le teenagers e
annoverava ruoli da protagonista in tanti blockbusters come la trilogia de Il
Signore degli Anelli e la saga de I Pirati dei Caraibi. Ma il film di Scott è
più complesso di così (almeno nelle intenzioni), e far poggiare un intero
kolossal sulle (magre) spalle di un attore che al più sembra stitico quando
cerca di abborracciare un’espressione facciale è uno sbaglio più che madornale.
E di certo si può dire che con un altro protagonista il film sarebbe stato un
bel kolossal epico, considerati anche gli eccellenti comprimari che superano
tutti in bravura il protagonista: il sempre fighissimo Liam Neeson (dite quello
che volete, è fighissimo), Jeremy Irons, la bellissima Eva Green e un Edward
Norton da puro cult, che anche con una maschera addosso per tutto il tempo
riesce a regalare una performance migliore di quella di Bloom.
Secondo difetto: la regia di Scott. Non si può voler fare un
film profondo e poi perdersi in certe ingenuità da romanzo tanto scandalose,
scodellando insieme zoomate ignobili (lo ammetto, odio le zoomate), cattivoni
cospiratori che paiono usciti da un film Disney, buoni principi assortiti e
malamente riscaldati e specialmente critiche alle religioni tanto superficiali
e scontate, sebbene in un paio di scene Scott ci azzecchi eccome (i cespugli in
fiamme, con rimando all’episodio biblico di Mosè). Ma oltre alle disarmanti
banalità che fanno cadere le braccia, Ridley Scott rimane sempre se stesso,
ovvero un regista di gran classe e ci mostra inquadrature e sequenze senza
dubbio memorabili, specialmente quando sono affidate ad attori capaci ed
esperienti come, ad esempio, l’immane Eva Green oppure lo stupendo Ghassan
Massoud che crea un memorabile Saladino.
Altri punti a favore sono l’assolutamente cult personaggio di
Edward Norton che con una maschera addosso riesce a essere solo più
incredibilmente figo e la bellezza di certe inquadrature e certe luci che
catturano il sublime di sterminati paesaggi: montagne titaniche, mari in
tempesta, deserti ora sinuosi ora aridi, immense armate, città monumentali. E
sono infatti fotografia e colonna sonora gli assoluti punti forti dell’intera
pellicola: musiche di cori solenni, inquadrature di sconvolgente bellezza,
tramonti. Non c’è dubbio Le Crociate sarebbe potuto essere un grande,
grandissimo film ma ha fatto la brutta scelta della commercialità e del
romanzesco quando avrebbe potuto optare per evoluzioni della trama meno banali
e scontate. Strano, dato anche che l’autore della sceneggiatura, William
Monahan, è la mano che ha scritto quel film d’altissimo livello che è The
Departed e il simpatico London Boulevard. Ma, si sa, alla prima sceneggiatura
si può essere perdonati per i propri errori.
Se ti è piaciuto guarda anche... – Film ruffiano ma senza
dubbio di grande impatto è il Breaveheart (1995) di Mel Gibson, mentre per lo
spirito del Medioevo in tutte le sue molteplici contorsioni abbiamo il barocco
e visionario Excalibur (1981) di John Boorman. Sempre di ottima qualità è
l’Enrico V (1989) di Kenneth Branagh, mentre Dragonheart (1996) di Rob Cohen è
più un classico per l’infanzia che un gran film vero e proprio. Massacrato e
vituperato, per me resta un grandissimo film, il Giovanna d’Arco (1999) di Luc
Besson, ma il vero Medioevo trasposto al cinema è e sarà sempre il mito Il
Settimo Sigillo (1957) di Ingmar Bergman. Un esempio recente, ma non del tutto
convincente è stato il Valhalla Rising (2009) di Nicolas Winding Refn.
Scena cult – L’incendio dei cespugli nel deserto e la regina
Sibilla che visita la tomba del fratello.
Canzone cult – Non pervenuta.
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