USA, 2011
Regia: Nicolas Winding Refn
Cast: Ryan Gosling, Carey Mulligan, Ron Perlman, Bryan Cranston, Christina Hendricks
Sceneggiatura: Hossein Amini
Trama (im)modesta – C’è un ragazzo particolare, a Los
Angeles. È un pilota, un guidatore esperto di massimo livello che di giorno si
divide fra l’officina, il lavoro di stuntman e le corse d’auto; ma di notte
lavora come autista per rapinatori e criminali. Cinque minuti di attesa, poi
fughe rocambolesche. Un tipo silenzioso e preciso. Un giorno conosce i vicini
di casa: la ragazza madre Irene e suo figlio, Benicio. Il marito di Irene,
Standard, uscirà a breve di prigione. Durante la sua assenza la ragazza e il
pilota s’innamorano silenziosamente l’una dell’altro. E quando Standard esce di
prigione, perseguitato da un gruppo di strozzini che minacciano Irene e
Benicio, e si troverà costretto a rapinare un banco dei pegni, il pilota si
offrirà di aiutarlo. Solo che la rapina va male: qualcuno ha tradito Standard.
Il pilota s’imbarca allora in una tremenda operazione di vendetta per salvare
se stesso e la donna che ama.
La mia (im)modesta opinione – Drive è uno di quei thriller
che entrano fin da subito negli annali del cinema. Un film apparentemente
semplice, reso artistico solo dal felicissimo innesto di trama da noir
americano e regia da film intimistico svedese. Ed è proprio l’unione fra le
macchinosità d’oltreoceano e il commovente algore del Nord Europa che fanno di
Drive una pellicola singolare, originalissima, certamente unica nel suo genere.
Un film di criminali dove ha spazio la dimensione dell’umano – una dimensione
tacita, implicita, per dir così, ma non per questo meno lampante e nobile. Del
resto, dopo Tarantino, l’estetizzazione della violenza è entrata trionfalmente
nel cinema americano e i film pseudo-pulp fioriscono come funghi praticamente
dovunque. Drive contiene sì elementi della pulp fiction ma li imbianca e
stilizza per poi farli esplodere con sconcertante brutalità in mezzo a un campo
fiorito di immacolato crepacuore. Esempio famoso da citare: la scena
dell’ascensore, perfetta soluzione di tenerezza e feroce massacro.
Tutto il film è incentrato su un personaggio senza nome. Un
protagonista silenzioso che attraversa tutte le intricate vicende e le spiega e
giustifica con un’unica lapidaria battuta, intenzionalmente gettata lì a caso:
quella della rana e dello scorpione. Come lo scorpione che, nella favola, non
può trattenersi dal pungere la rana che lo sta trasportando al di là dello
stagno, e affoga insieme alla sua vittima; così lo scorpione/protagonista (si
noti anche la famosa giacca bianca con lo scorpione dorato sopra) attraversa a
passo felpato le vite altrui e tace, sempre tace non per timidezza ma perché sa
di non esser capace di non ferire chi gli sta vicino o di stare fuori dai guai.
Vediamo allora il pilota iniziare da una buona intenzione per poi finire in una
killing spree senza pietà che lo porterà a fuggire di nuovo verso una nuova
vita, vissuta in solitudine e oblio di sé. Quello della rana e dello scorpione
è uno di quei dettagli che sfugge subito alla prima visione e poi riesce a
illuminare non solo tutta la pellicola ma anche a spiegarne pregressi e
seguiti, ingigantendo la spettacolare figura del protagonista.
Della cinematografia non dirò nulla: il film si commenta
benissimo da solo. Nulla di particolarmente innovativo, ma l’eleganza formale e
la finezza della fotografia e della regia fanno quasi commuovere. Winding Refn
è un maestro sia nel creare momenti di struggente trasporto emotivo, sigillati
dalle labbra mute di Ryan Gosling, sia nel generare una tensione sottopelle da
far schizzare gli occhi nelle orbite. I suoi inseguimenti in macchina,
l’aggressione nella camera d’hotel, la scena dell’ascensore, tutti momenti che
rimangono forzatamente impressi nella memoria, che catturano per bellezza e
implacabile nitore. Ryan Gosling è al suo meglio, questa è una delle sue
interpretazioni migliori; radiosa e melanconica Carey Mulligan, come al solito;
enorme, fastosa e implacabile la nerissima Los Angeles entro cui le vicende si
dipanano. Spettacolare la colonna sonora, con brani elettronici e giovani,
esaltante, triste: un vero tuffo al cuore.
Se ti è piaciuto guarda anche... – Noir spettacoloso e
tagliente come l’acciaio è l’Headhunters (2011) di Morten Tyldum, mentre film
criminali che indagano sulle profondità dell’animo umano sono L’Odio (1995) di Mathieu
Kassovitz e Il Profeta (2009) di Jacques Audiard. La promessa dell'assassino
(2007) di David Cronenberg è un altro crime movie di altissima qualità. Per i
film in cui trionfa l’amore non convenzionale propongo Lost in Translation
(2003) di Sofia Coppola, il tarantiniano Una vita al massimo (1993) di Tony
Scott, il virginale horror Lasciami entrare (2008) di Tomas Alfredson e Norwegian
Wood (2010) di Tran Anh Hung.
Scena cult – L’omicidio sulla spiaggia: perfetta metafora dell’uomo terrorizzato dal proprio destino.
Canzone cult – L’immortale A Real Hero dei College insieme
ai Sonic Youth.
Ricordo che per questo film mi arrivò l'invito per assistere all'anteprima gratuita. Ne sapevo poco o nulla, ma, vuoi perderti Refn+Gosling+Gratis? e quindi sono entrata in sala senza sapere esattamente cosa aspettarmi. Ma già dall'inizio del film ho capito che stavo per assistere a qualcosa di grosso. E sono uscita dalla sala soddisfatta come poche volte mi accade.
RispondiEliminaMolto bello sì. Lo scaricai subito dopo Cannes e mi colpì un sacco. Grande film.
EliminaFilm spettacolare, il mio preferito dello scorso anno e destinato ad essere un Cult per antonomasia.
RispondiEliminaDi certo uno dei più notevoli. Peccato che l'Academy l'abbia più o meno snobbato.
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