mercoledì 19 giugno 2013

BEHIND THE CANDELABRA (2013), Steven Soderbergh


USA, 2013
Regia: Steven Soderbergh
Cast: Matt Damon, Michael Douglas, Dan Aykroyd, Debbie Reynolds, Rob Lowe
Sceneggiatura: Richard LaGravenese


Trama (im)modesta – Scott Thorson è giovane, orfano e bello. È anche gay (bisessuale, dice lui) con la silente disapprovazione dei genitori adottivi. Un giorno l’amante del momento lo porta a Las Vegas a vedere uno spettacolo: il grande pianista Liberace si esibisce al pianoforte. Bob, così si chiama l’amante, presenta Scott a Liberace e fra i due scatta subito la scintilla. Subito Scott viene tirato dentro al mondo scintillante dell’artista d’intrattenimento più pagato del mondo: montagne di gioielli, vestiti costosi e stravaganti, la promessa d’un futuro stabile... Ma con il passare del tempo, Scott s’accorge di non essere stato il primo delle “spalle” del pianista, che fa di tutto per tenere la propria omosessualità nel più oscuro segreto. Affrontando la crisi, con una brutta dipendenza da pillole sulle spalle, Scott si vedrà spogliato di tutto, abbandonato dalla persona che credeva essere il suo mondo.


La mia (im)modesta opinione – Prima di tutto, chi diavolo è Liberace? Personalmente non l’avevo mai sentito: triste destino delle celebrità da palcoscenico, il cadere in oblio dopo pochi anni dalla morte. Liberace fu un grande protagonista dello showbiz fra i cinquanta e i settanta: pianista virtuoso, attore, compositore. Suonò pure agli Oscar del 1981. Era di certo un personaggio stravagante: è leggendaria la sua pelliccia di volpe bianca con uno strascico di cinque metri, le sue entrate volanti sul palcoscenico, le sue dita perennemente inanellate, lo sfarzo pacchiano della sua magione californiana e, last but not least, il candelabro che appoggiava sempre al pianoforte. Un dio in terra, ai suoi tempi: le folle l’acclamavano, i suoi concerti facevano il tutto esaurito in tutto il mondo, ogni suo capriccio poteva diventare realtà. E vederlo, chissà che deve essere stato. Era una forza della natura, Liberace, un mattatore di come non se ne vedono più. Misteriosa la sua morte: per la stretta politica d'omertà circa il suo orientamento omosessuale nessuno volle ammettere le vere cause della morte. Si disse che il pianista fosse morto d'arresto cardiaco: morì di AIDS.


E la prima cosa che salta all’occhio, in Behind the Candelabra, è proprio l’attore che incarna quella complessa personalità. Michael Douglas, a sessantotto anni suonati, ci regala il ruolo migliore dai tempi di Gordon Gekko. E su di lui non avremmo mai scommesso: non s’era mai provato un attore capace di trasformismi o complete metamorfosi come quella che vediamo qui. Colpa anche dei produttori che l’avevano relegato nella parte dell’uomo adulto, forte e truce. Un talento, quello di Douglas, che avevamo visto ma che non avremmo mai immaginato tanto esplosivo: la sua immedesimazione nella parte del vanitoso divo omosessuale è qualcosa di leggendario, spiazzante. Dal primo secondo in cui la telecamera l’inquadra, buca lo schermo. Ed è così bravo da farci stare pure il grande imbonitore Liberace profondamente antipatico, con le sue mille necessarie falsità.


Soderbergh ancora una volta ci fa incantare di fronte alla vista della sua America scintillante e polverosa: e fra un lussureggiare di neon, l’acromegalia d’uno sfarzo villano (diciamocelo, Liberace era un parvenu dei peggiori) e la crudezza della vita “normale”, la sua nuova opera segue le intenzioni dell’abusato Magic Mike ma doppiandolo in forza e velocità, in forza di una sceneggiatura di forza assoluta e soprattutto senza l’ingombro di dover inserire a motivi di più facile celebrità inutili protagonisti la cui unica funzione è ballare in mutande. Certo, il film non ci risparmia nulla: vedere una scena di sesso fra un Matt Damon in versione biondo manzo e Michael Douglas era l’ultima delle cose che mi aspettavo da un film. Ma, al di là di ogni possibile limite, il film del nostro prolificissimo regista è una storia di rara potenza, che andrebbe premiata con un Academy per entrambi i protagonisti.


Unico dispiacere: per cause strutturali, il film non riesce a farci vedere Liberace suonare per più di una volta, all’inizio. È un peccato: era un grande intrattenitore e un pianista assai dotato. Ma poco importa: era il lato privato, le piccole abiezioni, l’amore visto come un giocattolo, la pusillanimità, infine, che sono veramente illuminanti. E Soderbergh gira la sua storia con una regia, al solito suo, piena e vigorosa ma assolutamente nitida. Eccezionali sono fotografia, scenografie e costumi: era dai tempi di Priscilla e Velvet Goldmine che non si vedeva tanta pompa di lustrini, sete, pellicce e marmi scintillanti. Ottimo anche il lato “nascosto” del film: quello visionario. Il sogno sul letto d’ospedale di Liberace, la sua uscita di scena onirica, la visione offuscata dalle droghe di Scott. E plauso assoluto al resto del cast: Rob Lowe, nelle vesti del rifattissimo chirurgo Starz, è esilarante; Matt Damon ci regala una delle sue performance migliori e i redivivi Debbie Reynolds e Dan Aykroyd fanno la loro magnifica figura. E ovviamente il plauso va a Soderbergh, che ha confezionato, con Behind the Candelabra, uno dei migliori drama dell’anno.


Se ti è piaciuto guarda anche... – I sopradetti Velvet Goldmine (1998) di Todd Haynes e Priscilla – La regina del deserto (1994) di Stephan Elliott. E non dimentichiamo poi il sommo The Rocky Horror Picture Show (1975) di Jim Sharman. Andando alla ricerca del camp più spinto, troviamo Lungo la valle delle bambole (1970) di Russ Meyer, l’eccessivo e assai volgare Brüno (2009) di Larry Charles, il sempre bellissimo Il vizietto (1978) di Edouard Molinaro e Cruising (1980) di William Friedkin.


Scena cult – L’uscita di scena voltante di Liberace. 

Canzone cult – Il meraviglioso The Liberace Boogie cantato da Michael Douglas.

8 commenti:

  1. Un Michael Douglas immenso, quasi irriconoscibile.
    E bravissimo pure Matt Damon.
    Mi è piaciuto molto.

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    1. Speriamo che Soderbergh vada sempre così: ormai sforna seicento film l'anno.

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  2. Immenso come la vita di 'sto maledetto Liberace.

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    1. Al dire il vero è un personaggio un po' negativo. Comunque sì, avrei voluto vederlo dal vivo.

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  3. anche io non sapevo nulla di liberace prima del film. immagino fosse più famoso negli usa che da noi...

    michael douglas straordinario pure per me, invece matt damon per quanto se la cavi non mi ha convinto fino in fondo. per la parte di un 18enne, un 42enne non mi sembra proprio la mossa più azzeccata...
    rob lowe invece favoloso!

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    1. Questo è vero, hanno ringiovanito tutti e due tantissimo. Però li porta abbastanza bene.

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  4. Veramente complimentoni a Douglas che si meriterebbe l'Oscar speriamo che quelli dell'Academy lo caghino. Matt Damon viene messo in ombra dal talento di Douglas ma in fondo anche lui si crea la sua "strada" nel film. Anche se proprio non saprei se classificarlo come sentimentale, è una mezza storia d'amore senza rose rosse, racconta la realtà di una storia d'amore e la difficoltà di tenerla in piedi sopratutto in passato sopratutto se l'amore era rivolto ad un uomo, come Liberace. Il suo boogie woogie mi ha messo molta allegria.

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    1. Che poi era Damon l'effettivo protagonista della storia. Sono contento che non sia stato solo sentimentale: le romanticherie avrebbero banalizzato la storia.

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