USA, 2013
Regia: Steven Soderbergh
Cast: Matt
Damon, Michael Douglas, Dan Aykroyd, Debbie Reynolds, Rob Lowe
Sceneggiatura:
Richard LaGravenese
Trama (im)modesta – Scott Thorson è giovane, orfano e bello.
È anche gay (bisessuale, dice lui) con la silente disapprovazione dei genitori
adottivi. Un giorno l’amante del momento lo porta a Las Vegas a vedere uno
spettacolo: il grande pianista Liberace si esibisce al pianoforte. Bob, così si
chiama l’amante, presenta Scott a Liberace e fra i due scatta subito la
scintilla. Subito Scott viene tirato dentro al mondo scintillante dell’artista
d’intrattenimento più pagato del mondo: montagne di gioielli, vestiti costosi e
stravaganti, la promessa d’un futuro stabile... Ma con il passare del tempo,
Scott s’accorge di non essere stato il primo delle “spalle” del pianista, che
fa di tutto per tenere la propria omosessualità nel più oscuro segreto.
Affrontando la crisi, con una brutta dipendenza da pillole sulle spalle, Scott
si vedrà spogliato di tutto, abbandonato dalla persona che credeva essere il
suo mondo.
La mia (im)modesta opinione – Prima di tutto, chi diavolo è
Liberace? Personalmente non l’avevo mai sentito: triste destino delle celebrità
da palcoscenico, il cadere in oblio dopo pochi anni dalla morte. Liberace fu un
grande protagonista dello showbiz fra i cinquanta e i settanta: pianista
virtuoso, attore, compositore. Suonò pure agli Oscar del 1981. Era di certo un
personaggio stravagante: è leggendaria la sua pelliccia di volpe bianca con uno
strascico di cinque metri, le sue entrate volanti sul palcoscenico, le sue dita
perennemente inanellate, lo sfarzo pacchiano della sua magione californiana e,
last but not least, il candelabro che appoggiava sempre al pianoforte. Un dio
in terra, ai suoi tempi: le folle l’acclamavano, i suoi concerti facevano il
tutto esaurito in tutto il mondo, ogni suo capriccio poteva diventare realtà. E
vederlo, chissà che deve essere stato. Era una forza della natura, Liberace, un
mattatore di come non se ne vedono più. Misteriosa la sua morte: per la stretta politica d'omertà circa il suo orientamento omosessuale nessuno volle ammettere le vere cause della morte. Si disse che il pianista fosse morto d'arresto cardiaco: morì di AIDS.
E la prima cosa che salta all’occhio, in Behind the
Candelabra, è proprio l’attore che incarna quella complessa personalità.
Michael Douglas, a sessantotto anni suonati, ci regala il ruolo migliore dai
tempi di Gordon Gekko. E su di lui non avremmo mai scommesso: non s’era mai
provato un attore capace di trasformismi o complete metamorfosi come quella che
vediamo qui. Colpa anche dei produttori che l’avevano relegato nella parte
dell’uomo adulto, forte e truce. Un talento, quello di Douglas, che avevamo
visto ma che non avremmo mai immaginato tanto esplosivo: la sua immedesimazione
nella parte del vanitoso divo omosessuale è qualcosa di leggendario,
spiazzante. Dal primo secondo in cui la telecamera l’inquadra, buca lo schermo.
Ed è così bravo da farci stare pure il grande imbonitore Liberace profondamente
antipatico, con le sue mille necessarie falsità.
Soderbergh ancora una volta ci fa incantare di fronte alla
vista della sua America scintillante e polverosa: e fra un lussureggiare di neon, l’acromegalia d’uno
sfarzo villano (diciamocelo, Liberace era un parvenu dei peggiori) e la
crudezza della vita “normale”, la sua nuova opera segue le intenzioni
dell’abusato Magic Mike ma doppiandolo in forza e velocità, in forza di una
sceneggiatura di forza assoluta e soprattutto senza l’ingombro di dover
inserire a motivi di più facile celebrità inutili protagonisti la cui unica
funzione è ballare in mutande. Certo, il film non ci risparmia nulla: vedere
una scena di sesso fra un Matt Damon in versione biondo manzo e Michael Douglas
era l’ultima delle cose che mi aspettavo da un film. Ma, al di là di ogni
possibile limite, il film del nostro prolificissimo regista è una storia di
rara potenza, che andrebbe premiata con un Academy per entrambi i protagonisti.
Unico dispiacere: per cause strutturali, il film non riesce
a farci vedere Liberace suonare per più di una volta, all’inizio. È un peccato:
era un grande intrattenitore e un pianista assai dotato. Ma poco importa: era
il lato privato, le piccole abiezioni, l’amore visto come un giocattolo, la
pusillanimità, infine, che sono veramente illuminanti. E Soderbergh gira la sua
storia con una regia, al solito suo, piena e vigorosa ma assolutamente nitida.
Eccezionali sono fotografia, scenografie e costumi: era dai tempi di Priscilla
e Velvet Goldmine che non si vedeva tanta pompa di lustrini, sete, pellicce e
marmi scintillanti. Ottimo anche il lato “nascosto” del film: quello
visionario. Il sogno sul letto d’ospedale di Liberace, la sua uscita di scena
onirica, la visione offuscata dalle droghe di Scott. E plauso assoluto al resto
del cast: Rob Lowe, nelle vesti del rifattissimo chirurgo Starz, è esilarante;
Matt Damon ci regala una delle sue performance migliori e i redivivi Debbie
Reynolds e Dan Aykroyd fanno la loro magnifica figura. E ovviamente il plauso
va a Soderbergh, che ha confezionato, con Behind the Candelabra, uno dei
migliori drama dell’anno.
Se ti è piaciuto guarda anche... – I sopradetti Velvet
Goldmine (1998) di Todd Haynes e Priscilla – La regina del deserto (1994) di Stephan
Elliott. E non dimentichiamo poi il sommo The Rocky Horror Picture Show (1975)
di Jim Sharman. Andando alla ricerca del camp più spinto, troviamo Lungo la
valle delle bambole (1970) di Russ Meyer, l’eccessivo e assai volgare Brüno
(2009) di Larry Charles, il sempre bellissimo Il vizietto (1978) di Edouard
Molinaro e Cruising (1980) di William Friedkin.
Scena cult – L’uscita di scena voltante di Liberace.
Canzone cult – Il meraviglioso The Liberace Boogie cantato
da Michael Douglas.
Un Michael Douglas immenso, quasi irriconoscibile.
RispondiEliminaE bravissimo pure Matt Damon.
Mi è piaciuto molto.
Speriamo che Soderbergh vada sempre così: ormai sforna seicento film l'anno.
EliminaImmenso come la vita di 'sto maledetto Liberace.
RispondiEliminaAl dire il vero è un personaggio un po' negativo. Comunque sì, avrei voluto vederlo dal vivo.
Eliminaanche io non sapevo nulla di liberace prima del film. immagino fosse più famoso negli usa che da noi...
RispondiEliminamichael douglas straordinario pure per me, invece matt damon per quanto se la cavi non mi ha convinto fino in fondo. per la parte di un 18enne, un 42enne non mi sembra proprio la mossa più azzeccata...
rob lowe invece favoloso!
Questo è vero, hanno ringiovanito tutti e due tantissimo. Però li porta abbastanza bene.
EliminaVeramente complimentoni a Douglas che si meriterebbe l'Oscar speriamo che quelli dell'Academy lo caghino. Matt Damon viene messo in ombra dal talento di Douglas ma in fondo anche lui si crea la sua "strada" nel film. Anche se proprio non saprei se classificarlo come sentimentale, è una mezza storia d'amore senza rose rosse, racconta la realtà di una storia d'amore e la difficoltà di tenerla in piedi sopratutto in passato sopratutto se l'amore era rivolto ad un uomo, come Liberace. Il suo boogie woogie mi ha messo molta allegria.
RispondiEliminaChe poi era Damon l'effettivo protagonista della storia. Sono contento che non sia stato solo sentimentale: le romanticherie avrebbero banalizzato la storia.
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