USA, 2012
Regia: Brad
Parker
Cast: Jesse
McCartney, Jonathan Sadowski, Devin Kelley, Dimitri Diatchenko, Olivia Taylor
Dudley
Sceneggiatura: Oren Peli, Carey Van Dyke, Shane Van Dyke
Trama (im)modesta – Chris, Natalie e la loro amica Amanda
sono dei ragazzi americani che trascorrono l’estate in Europa. Dopo aver
attraversato l’intero continente (chissà dove prendono i soldi), arrivano a
Kiev dove vive il fratello maggiore di Chris, Paul. Al secondo giorno del loro
soggiorno, Paul propone alla compagnia un tour “estremo” nella città fantasma
di Pripyat, colpita dalle radiazioni di Chernobyl ed evacuata in poche ore dai
suoi cinquantamila abitanti. La città però è off limits per “problemi di
manutenzione” ma il gruppo di ragazzi, accompagnati dalla guida turistica Uri e
da una coppia aggiuntasi all’ultimo momento, decide d’addentrarsi ugualmente
tramite una scorciatoria. A tour finito, la comitiva si prepara per tornare a
casa, ma scopre che qualcuno o qualcosa ha distrutti i cavi del motore del loro
furgone...
La mia (im)modesta opinione – Cosa significa per me estate? Cinematograficamente
parlando, tre cose: deprimenti film d’autore, film dell’orrore a un tanto al
chilo e disaster-movie americani girati con quattro euro. Chernobyl Diaries ha
inaugurato la mia personale stagione di horror estivi come, l’anno scorso,
l’aveva inaugurata il fighissimo ma sconclusionato Acolytes. Ad ogni modo,
perché guardare questo film? Perché è come le montagne russe da due soldi del
luna park locale: sai perfettamente quali sono i giri e sai perfettamente che
non prenderà mai davvero velocità. Però è sempre meglio di restare a terra.
Il film non fa paura, né ha una trama degna di questo nome.
Procede anche abbastanza stanco dato che non ci fa nemmeno la grazia di qualche
bel momento di buon gore ma qui sta la sua unica originalità: di mostri ne
vediamo pochissimi. Anzi non ne vediamo affatto. Si notano delle sagome, nella
penombra, delle mani. Sentiamo dei versi. Ma non ci sono squallidi dénouement o
make-up da due soldi, il film può vantare, se non altro, almeno la discrezione.
E l’originalità del setting e la freschezza d’una regia esordiente e
disimpegnata fanno di Chernobyl Diaries il film ideale per il cazzeggio estivo
totalmente disimpegnato. A proposito, buone vacanze a tutti (tranne che a me:
odiosa università)!
Se ti è piaciuto guarda anche... – Spariamo un po’ di
cazzate: io opterei subito per The Loved Ones (2009) di Sean Byrne che è un
capolavoro di iperviolenza psicotica (divertentissima); poi non mi farei certo
mancare la perla vintage dell’estate, ossia Non aprite quella porta (1974) di
Tobe Hooper, e quella moderna, ovvero Quella casa nel bosco (2011) di Drew
Goddard. Poi c’è l’ovvio Cabin Fever (2002) di Eli Roth e, per chi ha gusti un
po’ forti, il classico Hostel (2005) sempre di Eli Roth. Non dimentichiamoci
poi il grindhouse di Tarantino/Rodriguez: parlo di Death Proof (2007) di
Quentin Tarantino e Planet Terror (2007) di Robert Rodriguez.
Scena cult – Mapperfavore.
Canzone cult – Non pervenuta.
anche per me l'estate significa horrorini. film d'autore quelli sì, ma un po' tutto l'anno. disaster movie americani anche no, grazie :)
RispondiEliminaquesto chernobyl diaries l'avevo visto l'anno scorso ma non mi aveva soddisfatto molto nemmeno come horrorino estivo... potevano impegnarsi di più
Ma sì, almeno si lascia guardare. Potevano sforzarsi di fare più paura, sì.
EliminaIo me lo ricordo solo per la faticaccia di arrivare alla fine...
RispondiEliminaIn estate per me l'horror trash è tradizione. Però è vero, ce ne sono di fighissimi.
EliminaSottoscrivo. Il fatto di aver sfruttato il disastro di Chernobyl non è malaccio. Certo, le violenze non sono visibili. Ma sotto un certo punto di vista è meglio così. Sempre meglio di certe abbuffate di violenza splatter. Come hai detto, horror perfetto per distrarsi dalla calura estiva.
RispondiEliminaL'horror alla leggera è uno dei miei generi trash preferiti di sempre, in effetti!
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