USA, 2010
Regia: Steve Antin
Cast:
Christina Aguilera, Cher, Cam Gigandet, Stanley Tucci, Kristen Bell, Alan
Cumming, Eric Dane
Sceneggiatura: Steve Antin
Trama (im)modesta – Ali Rose è la classica ragazza di
provinciale di buon cuore e gran tette che sogna i brillanti palcoscenici del mondo dello spettacolo. Per
questo decide di mollare la sua vita da campagnola nello Iowa e se ne va a Los
Angeles in cerca di fortuna. Dopo giri e rigiri, finisce una sera al Burlesque
Lounge, locale dove procaci fanciulle si esibiscono in voluttuose figure di
danza (per dir così). Il locale è tenuto da Tess, giunonica matrona con
problemi di fisco, insieme a Sean, suo migliore amico e direttore artistico.
Ali inizia prima per lavorare come cameriera, conoscendo il barista bonazzo
Jack, finirà poi sul palco a esibirsi con la sua voce da urlo (letteralmente).
Ma il triangolo amoroso non ci poteva mancare, ed ecco arrivare Marcus, uno che
compensa la mancanza di fisico atletico con un barcone di soldi. E tutto è bene
quel che finisce bene.
La mia (im)modesta opinione – Non che avessi aspettative
esagerate a guardare Burlesque. Ai tempi in cui uscì lo ignorai se non con
supponenza, almeno con risentito snobismo. Poi me lo sono trovato davanti. Lo
devo ammettere, è stata una gradevole sorpresa. Sapevo benissimo che era un
one-woman show da manuale e così è stato: questo film è stato scritto per
l’ingresso della Aguilera nel mondo del cinema e, devo dirlo, senza la
biondissima Christina la pellicola non avrebbe ragion d’essere. I pezzi
musicali sembrano usciti dal suo album di maggior successo, Back to Basics, in
cui si sentivano profondi echi della musica anni ’30 e di uno swing rielaborato
per vestire a pennello la voce della cantante; e anche qui la magia funziona
ancora: Christina canta, balla e recita ed è lei il centro assoluto della
storia, assolutamente insostituibile. Questo è il limite più pesante che il
film è costretto a sopportare – un limite ben poco sentito, del resto, dato che
il film poggia sulle spalle di una entertainer di prim’ordine quale era la
Aguilera qualche anno fa, prima della svolta elettronica e dell’esplosione adiposa.
La storia è banale ma grazie agli accorgimenti di uno script
che evita con discrezione ed eleganza le trappole del cliché più grigio,
Burlesque risulta una visione disimpegnata godibilissima e assolutamente
piacevole. Niente di che, sia chiaro, una commedia musicale che di tanto in
tanto eccede nel videoclipparo (ormai Cher non ne potrebbe fare a meno, vista
la ragguardevole età, sebbene sepolta sotto gli strati del silicone e del
make-up), e forse è vagamente manierata in certi punti ma che alla fine fra
l’andamento favolistico in cui nulla va troppo male e le risoluzioni
intelligenti di uno script scarno ma giustamente sobrio, risulta il classico
film da poter vedere a cuor leggero e senza troppi patemi d’animo, godendosi
magari pure dei numeri musicali affatto male. La musica è totalmente in stile
Christina Aguilera ai tempi di Back to Basics, questo fattore ogni tanto si
nota non senza un certo, lontanissimo fastidio però è possibile glissare sui
difetti della storia e andare avanti deliziandoci delle atmosfere saporosamente
retrò, dei protagonisti che (naturalmente) sono uno più strafigo dell’altro e
delle musiche commerciali ma coinvolgenti.
Il cast è pure una sorpresa. Al di là della Aguilera, che
giustifica con la sua presenza l’intero film, e di Cher, che sembra aver
stretto un patto col diavolo (o col chirurgo, ma è la stessa cosa), l’ensemble
del film è assolutamente piacevole, a parte un paio d’attori condannati
ingiustamente al margine della vicenda e della sceneggiatura. Ci si riferisce,
com’è ovvio, in primo luogo ad Alan Cumming, che è un grande caratterista e
sarebbe degno di una parte più incisiva o almeno necessaria; e poi a Kristen
Bell che non che sia poi tutta questa grande attrice ma ci è sempre stata
simpatica e in fondo come pseudo-cattiva non è manco tanto stronza e odiosa. Vera
sorpresa è Cam Gigandet, attore da me mentalmente relegato nella categoria di
“quelli che recitano con gli addominali, colpevole anche un’ignominiosa
partecipazione nel franchise di Twilight, ma che non solo riesce a essere un
plausibile strafigo ma è pure un gran simpaticone. Come al solito meraviglioso
è il grande Stanley Tucci, un attore che dovrebbe affogare negli Oscar, ma che,
inspiegabilmente, nessuno si sogna mai di premiare.
Ricapitolando, Burlesque è un film abbastanza sciallo,
simpatico, nonostante la sconcertante orgia di lustrini e sederi al vento, e,
nelle ambientazioni e nello stile di canzoni e coreografie, pare un Chicago in
chiave (molto, molto, moltissimo) minore, virato, per così dire, al
commerciale. M’ha pure ricordato, per trama e andamento, la prima parte di
Memorie di una Geisha, e in effetti la trama dei due film presenta non
indifferenti parallelismi. Non entrerà nella storia del genere, è palese, ma il
cinema è anche fatto di commedie leggere, posto che siano abbastanza ben
realizzate, ben scritte e intelligenti. Burlesque lo è. Dunque, quando vi
sarete stancati dei vari film intimistici e d’autore (che son belli ma, alla
fine, causano ipertensione) guardatelo o, se l’avete già visto, riguardatelo:
il film è innocuo e zuccheroso come un buon placebo.
Se ti è piaciuto guarda anche... – Qui il gioco è
facilissimo: Flashdance (1983) di Adrian Lyne, Chicago (2002) di Rob Marshall,
che è il campione del genere; e il fin troppo vituperato Nine (2009) sempre di
Rob Marshall, che per quanto inferiore, rimane un film piacevole e non
l’Anticristo del musical, come è stato dipinto. Cito ancora Memorie di una
Geisha (2005) curiosamente ancora di Rob Marshall e la dolce e piana commedia
romantica Il club di Jane Austen (2007) di Robin Swicord insieme al negletto
eppur bellissimo film Dirty Dancing 2 (2004) di Guy Ferland. E, per il tema “anche chi si smutanda ha un
cuore”, ricordiamo il valido ma moscissimo Magic Mike (2012) di Steven
Soderbergh.
Scena cult – Non pervenuta.
Canzone cult – Oltre alla Ray of Light di Madonna, che in
mezzo a tanta Aguilera pare una scappata di disco, segnalo la stupenda Long John Blues, cantata nel film da Kristen Bell con la voce della mitica Megan
Mullally e la sempre bella Tough Lover della strafigona Aguilera.
io rimango nel mio snobismo e mi sa che me lo risparmio :)
RispondiEliminaMa sì, non ti perdi niente. Tienilo a mente quando non hai l'ardire di intraprendere una visione autoriale/impegnata.
EliminaIo l'ho visto ed è stato piacevole. Vabbè che io amo Christona, ma, pur non essendo chissà che filmone, è più piacevole di altre commedie leggere. Chicago resta intoccabile, e Nine non l'ho visto, ma non capisco lo snobbismo a riguardo...
RispondiEliminaNine ha avuto la tremenda audacia di rielaborare in chiave musical il grandissimo "8 e mezzo" di Fellini, copiandone situazioni e personaggi ma banalizzandolo nel modo più assoluto. Il film resta carino ma le intenzioni sono turpi.
EliminaChicago, d'altra parte, è alta cinematografia.
Lo vidi credo a qualche festival un paio di anni fa. Meno peggio di quanto mi aspettassi. E sottoscrivo parola per parola la tua opinione su Stanley Tucci.
RispondiEliminaE' un film assai carino, sì. Stanley Tucci lo voglio protagonista assoluto di qualcosa. Come attore è il massimo.
EliminaIo penso che la voce della Aguilera sia un dono celeste, quindi quando ha cantato quella canzone con il vestito verde, beh, ho visto gli angeli.
RispondiEliminaLa Aguilera ha una bella voce ma, come artista, è votata al commerciale più puro. Il che mi dispiace. Inoltre ora la voce se l'è giocata insieme al girovita. Back to Basics resta uno degli album della mia gioventù.
Elimina