Canada, 2012
Regia: Xavier Dolan
Cast: Melvil Poupaud, Suzanne Clément, Nathalie Baye, Monia
Chokri, Magalie Lépine-Blondeau
Sceneggiatura: Xavier Dolan
Trama (im)modesta – 1989. Laurence Alia e Frederique “Fred” Delair
sono una coppia giovane e felice. Tutto sembra andare per il meglio fino a
quando, al volgere del trentacinquesimo anno di lui, Laurence confessa il suo
desiderio più profondo: diventare una donna. Dopo l’iniziale shock, Fred decide
di adattarsi alla scelta di Laurence e di rispettarla e supportarla, forte
dell’amore che prova per lui. Ma Fred ama l’uomo Laurence e non è pronta a
innamorarsi di una donna. Desiderosa di una vita e di una famiglia normali, i
due si lasceranno per rincontrarsi anni dopo e poi ancora un’ultima volta. Ma
il loro è un amore impossibile.
La mia (im)modesta opinione – Inizio con uno sfogo. Scrivere
la recensione di questo film – un film che aspetto di vedere, in trepida
attesa, da mesi e mesi – è un compito arduo ma particolarmente piacevole. Per
chi, come me, si era invaghito del Dolan enfant prodige di J’ai tué ma Mére e
s’era innamorato del Dolan giovanile e appassionato del folgorante Les Amours Imaginaries, questo terzo punto d’arrivo della carriera del virtuoso cineasta
canadese era lo svelamento d’una lotteria d’amore, il verdetto (e la speranza
di questo) che avrebbe stabilito se dopo un film promettente ma traballante e
uno indimenticabile, il talento di Dolan sarebbe stato confermato o confutato.
Ed è lo stesso regista/autore a ribaltare le carte in tavola: non confermare,
non confutare ma sorprendere e sfuggire con un film mastodontico e
inafferrabile, senza rispondere al nostro interrogativo.
La prima cosa che si nota di Laurence Anyways è la
lunghezza. Due ore e quarantotto minuti sono tanti, tantissimi. Lo sforzo di
Dolan è erculeo ma anche se il peso della sfida filmica viene raccolto e
lanciato a una rimarchevole distanza, si sente, dopo, non tanto una lussatura
quanto un indolenzimento. La pellicola di questo jeune dorée del cinema
internazionale è una (fortunata) vittoria di Pirro: da un lato gloriosa,
dall’altro debilitante; da un lato sublime, dall’altro esasperante. Mi spiego
meglio: se Dolan non avesse avuto a sostegno il suo immenso talento visivo, la
sua evidente ipercultura cinematografica e un cast di attori di superlativa
bravura, il film sarebbe stato un fiasco. Laurence Anyways è stato una
scommessa rischiosa vinta senza troppa eleganza. Ma, si noti, con il termine
eleganza non mi riferisco alla cinematografia (che è stupenda e di cui dirò fra
poco) ma alla mancanza di quello che uno specialista chiamerebbe sprezzatura.
Detto questo, parliamo del film. Laurence Anyways è, senza
dubbio, uno dei film dell’anno. Non importa che i critici lo stronchino o
esaltino; è un film affatto perfetto, certamente, ma di una bellezza, potenza e
complessità tanto esaltanti da farlo entrare nella mia rassegna dei film degni
di onori regali e divini. Lasciatosi alle spalle l’agile e disinvolto
essenzialismo di Les Amours Imaginaires (un film così leggero e così perfetto),
Dolan opta adesso per enormità e robustezza, senza per questo rinunciare al
sublime e al “bello per forza” che tanto gli sono cari. Anzi, chi ha visto e
rivisto (e amato) gli Amours, non potrà che ritrovare luoghi familiari del
vecchio film nel nuovo. La madre comprensiva e sopra le righe, il finale
ironico (sebbene qui l’ironia sia sempre amarissima), la scena del risveglio
solitario che rivela l’abbandono, il tè riconciliatore, le zollette di zucchero
bianco o scuro ordinate a scacchiera.
Altra strada su cui Dolan s’incammina è quella della
complessità tematica: Laurence Anyways non è il solito film sulla
transessualità, né il solito melò di amori impossibili. Come già sottolineato
negli Amours, l’integrazione dell’individuo nella società è un problema ormai
obsoleto e superato (e qui il dettaglio dello stigma sociale è presente ma ben
presto dimenticato), la problematica seria è l’integrazione dell’amore
all’interno di un mondo sempre più metamorfo e caotico, dove dubbi e certezze
ci franano sotto i piedi e i punti fermi hanno cessato di esistere. Essenziale
qui è il personaggio di Fred che accetta la scelta di Laurence ma non può
risolversi ad amarlo in quanto donna. Il desiderio che Fred prova è quello per la
normalità – una normalità che non è consolante bacchettoneria ma lucida
consapevolezza dell’esistenza di un mondo in cui per forza di cose bisogna
vivere e con cui è necessario relazionarsi. La scelta di Laurence è dunque
coraggiosa e rispettata ma finisce per risolversi in un’esclusione dal mondo
reale e la scelta di un paese delle meraviglie consolante ma, alla fin fine,
grottesco e paradossale.
E se Laurence è l’effettivo fulcro della vicenda, è il
personaggio di Fred a essere l’esatto protagonista di questa tragedia amorosa.
È per Fred che il dilemma nasce e sussiste, mentre Laurence prende e segue le
proprie risoluzioni senza troppo pensare alle loro ricadute. Laurence Anyways è
un film spiazzante proprio per questo: mescolare in modo indefinibile tutte le
carte sul tavolo, ricucire un nodo di Gordio che solo con una spada non è
facile spezzare. E l’amore fra Fred e Laurence è proprio così: un amore epico,
melodrammatico, vissuto fra la luce di una passione tormentosa e l’ombra di una
felicità sempre minacciata e zoppicante. A detta dello stesso autore/regista un
amore impossibile, insolubile ed è proprio il finale del film a riportarci con
mesta malizia all’inizio di tutto quanto. Non che Dolan non sia di parte, anzi.
È Laurence il personaggio che, alla fin fine, dovrebbe aver ragione, è lui quel
“Laurence in ogni caso” del titolo. Ma attaccato com’è al mondo della forma,
forse nemmeno Dolan, come anche Fred, sarebbe capace di barattarla con la
sostanza.
Ma al di là del nucleo tematico, che richiederebbe multiple
visioni del film e un simposio di pazienti cinefili che decodificasse e
sbrogliasse tutti i nodi, parliamo del lato stilistico e formale, vera cifra
definitiva del Dolan regista. Diciamo solo che, se volessimo prendere alcune
inquadrature di questo film e farne quadri, diventeremmo i galleristi più
ricchi del mondo. Dolan è cresciuto, è diventato praticamente un maestro, ha
letto e accresciuto la sua conoscenza del mondo del cinema. La bizzarra
famigliola delle cinque Rose pare sbucata fuori da un film di Fellini, la
presenza di Almodòvar si fa sempre più forte e capillare, i giochi di colore
sono sempre più sapienti, le musiche sempre più azzeccate, ma non c’è rosa
senza spine. Questa ipertensione dello stile rende Laurence Anyways un film elefantiaco,
reso goffo, a tratti, da un’acromegalia e un gigantismo estetici a tratti
aberranti: la stupenda/tremenda scena del ballo è spettacolare e bellissima ma
finisce per somigliare a una pubblicità di profumi; la sequenza della cascata
nel salotto e quella della pioggia di vestiti sono spettacolari e brillanti, ma
puzzano di affettazione; come anche la casa delle cinque Rose: splendida ma
indubbiamente pataccosa.
Sulla musica non sto manco a parlare: di nuovo un mix
potentissimo di classica, pop (c’è anche Celine Dion, per l’amor del cielo!),
elettronica, techno. Parliamo invece dello stupendo cast che riserva posticini
al sole per la protagonista del precedente film, la sempre maliosa Monia
Chokri, relegata qui a un ruolo alquanto accessorio, e due delle “intervistate”
negli interludi che separavano le diverse parti degli Amours. Melvil Poupaud e
Suzanne Clément sono semplicemente titanici. Specialmente quest’ultima sarebbe
ben degna di un premio Oscar, essendo già stata insignita a Cannes come migliore
attrice nella sezione Un Certain Regard. Poupaud, invece, è anche lui
grandissimo ma la potenza della sua performance sta nell'essersi sottoposto a un'enorme metamorfosi come raramente se ne vedono, uno sforzo degno certamente di grandi premi e riconoscimenti. Nathalie Baye ha anche lei un ruolo bello ma
fondamentalmente inutile, ma ci dimostra che a sessantaquattro anni suonati si
può ancora essere eleganti e grintosissimi.
Un giudizio complessivo sulla pellicola? Magnifica, eccezionale,
favolosa, ma la prossima volta è meglio che Dolan scelga di non strafare, di
contenersi almeno un po’ ed evitare una logorrea estetica che esalta ma stanca.
E sebbene sia come quelle acque di colonia troppo forti, che trasforma il
profumo in nausea, il film va visto, senza eccezione alcuna. Va possibilmente
fatto decantare per un paio di mesi e poi visto ancora, giusto per affondare
meglio le mani nel significato e nella complicanza di temi trattati e
sapientemente orditi. L’unico peccato però, come ho già detto, è la mole
spaventosa dell'opera, il suo giustificato ma alla lunga insopportabile
autocompiacimento. Dolan non ci delude mai e già sappiamo, fra le altre cose,
titolo e argomento del suo prossimo progetto: Tom à la ferme, storia tratta da
una pièce di Michel Marc Bouchard, su un uomo in lutto che scopre che la
famiglia del suo defunto compagno non sapeva del suo orientamento sessuale. Il
film promette benissimo, annoverando nel cast il promettentissimo Caleb Landry
Jones e lo stesso Dolan, che torna a calcare la scena nel ruolo d’attore.
Se ti è piaciuto guarda anche... – Ovviamente il grandissimo
Les Amours Imaginaires (2010) di Xavier Dolan, accompagnato dal poetico A
Single Man (2009) di Tom Ford. Per interessanti film sul travestitismo abbiamo Morrer
Como Um Homem (2009) di João Pedro Rodrigues, il toccante Transamerica (2005)
di Duncan Tucker, il dopo tutto conturbante La pelle che abito (2011) di Pedro
Almòdovar, il bel Tomboy (2011) di Céline Sciamma, il semplice ma potente XXY
(2007) di Lucìa Puenzo e il più a cuor leggero Priscilla, la Regina del Deserto
(1994) di Stephan Elliott.
Scena cult – Fra le migliaia e migliaia, seleziono quella
che più facilmente s’imporrà nella mente di ogni spettatore: il ballo in maschera (?) in cui, se ben si nota, lo stesso Dolan si concede un gustosissimo
cameo.
Canzone cult – Oltre alla molto anni ’80 We Fade to Grey dei
Visage, abbiamo mescolati la Danza dei Cavalieri di Prokofiev, l’algida If I Had a Heart dei Fever Ray e la QuintaSinfonia di Beethoven. È possibile recuperare l’intera soundtrack a questo
link.
molto bene!
RispondiEliminaio sto aspettando i sottotitoli italiani per gustarmelo al meglio. se non arrivano a breve, mi accontenterò di quelli inglesi (ma al momento non ho trovato nemmeno quelli...)
In inglese li trovi tranquillamente, però forse in italiano sono migliori. In ogni caso il film è stupendo, sebbene sia un discreto mattonazzo! Dolan è senza dubbio il regista migliore della sua generazione.
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