Regno
Unito, 2009
Regia:
Daniel Barber
Cast:
Michael Caine, Emily Mortimer, Ben Drew, David Bradley, Liam Cunningham, Iain
Glen, Jack O’Connell
Sceneggiatura: Gary Young
Trama (im)modesta – Harry Brown è un marine in pensione. Vive
in uno squallido quartiere popolare in mano alle baby gang, ha pochi amici e
una moglie in coma, in ospedale. Una notte, viene chiamato dall’ospedale: sua
moglie sta morendo. Troppo timoroso di attraversare il sottopassaggio pieno di
teppisti, fa una deviazione e arriva troppo tardi. Pochi giorni dopo Leonard,
suo amico, viene ucciso, pestato a sangue nel sottopassaggio. La situazione è
bollente, la polizia brancola nel buio. Una sera, sbandato armato di coltello
minaccia Harry, lui per errore lo uccide. Passatala franca, l’anziano decide di
armarsi di pistola e di vendicare le violenze da cui tutto il vicinato è
tormentato.
La mia (im)modesta opinione – Detta così, la trama, pare
quella di un film pulp di serie B. Non lo è. Harry Brown è un film durissimo,
scioccante. Una pellicola di senso eminentemente civile, una fortissima
denuncia sociale mascherata da vigilante movie. Le scene che vediamo sullo
schermo dovrebbero toccare pure noi, italiani. Perché? Perché non è raro
vederle all’ora di pranzo, al telegiornale, nei filmati della polizia sulle
operazioni nei quartieri degradati del Mezzogiorno come Scampia, lo ZEN di
Palermo, il Librino catanese, Secondigliano o Rione Forcella. Scene di tremendo
realismo: mentre i poliziotti arrestano dei sospettati, intere famiglie
scendono in strada a vomitare insulti; se arrivano le forze di polizia per un
blitz, si scatena l’inferno.
La regia è quasi veristica nel rappresentare questa realtà
di estremo degrado sociale, la triste rassegnazione degli onesti, la tragica
fine di chi lotta. Abbiamo l’intero pacchetto: le gang a conduzione familiare
installate nel quartiere, le zone inaccessibili al “pubblico”, il giro di
droga, di armi. Solo che questo non è il Sud malavitoso, non è La Zisa, non è
il Quarto Oggiaro milanese o la Corviale romana. È l’Inghilterra, anzi, è un
sobborgo londinese, i palazzi popolari di Harry Brown sono tutti veri, sebbene
adesso abbandonati. È proprio questa la scena in cui si muove il nostro
attempato giustiziere, una figura a metà fra il tragico e il patetico,
incarnato da un Michael Caine di sopraffina e incredibile bravura.
Il film, come ho detto sopra, non è facile. Già dall’attacco
della storia ci si sente pesare addosso lo squallore architettonico, sociale e
urbano che fa da contesto alla storia. La borgata dove l’illegalità è celebrata
e che i vecchi residenti non riconoscono nemmeno più. Potrebbero quasi far
ridere questi anziani che berciano contro i ragazzacci che bighellonano per la
strada, ma quei pelandroni, quei piccoli criminali sono individui pericolosi
davvero. Gioventù di strada, che nella violenza, nell’ignoranza, nella povertà,
nel crimine ci sguazza praticamente da sempre. Riformarla è impossibile, non
sono nemmeno capaci, quei giovani, di vedere una diversa realtà, di pensare in
una logica diversa da quella pseudomafiosa a cui sono abituati fin dalla culla.
Quella del thriller, con la tensione, i colpi di scena, la
violenza, la vendetta, è tutta una sovrastruttura. Ciò che Harry Brown fa è un
commentario sociale non solo contro lo stato di rovina in cui versano i
sobborghi delle grandi capitali dell’Occidente, ma anche verso le istituzioni
troppo imbrigliate da burocrazia e distacco, verso una stessa generazione di sbandati
e crudeli, senza rispetto o valore, pericolosi, sbagliati. Lo stesso Harry
Brown lo dice, esasperato dalla nequizia di questa gioventù: per loro non si
tratta di crudeltà, ma d’intrattenimento. Lo stesso mortifero Noel, capo della
feroce gang, sorride divertito davanti a una donna quasi strangolata a morte. Non possiamo scordare il folgorante incipit: mezzo minuto di riprese al cellulare, droga, una corsa in moto, l'omicidio accidentale di una donna innocente.
Partecipa al film anche l’attore/cantante Plan B che,
insieme al duo Chase & Status, firma la colonna sonora con il brano End
Credits. La regia di Barber è sapientissima, pare difficile credere di aver
davanti un autore che è solo al suo secondo lungometraggio. Il cast di attori è
superbo: Michael Caine colpisce allo stomaco, con il suo passo tardo, il suo
muto soffrire. Emily Mortimer è ottima e grintosa come sempre. Abbiamo poi Liam
Cunningham e Iain Glen direttamente dal cast di Game of Thrones, un ottimo e
cattivissimo Ben Drew e anche una comparsata (tragica) del simpatico Joseph Gilgun di Misfits. Ottima orchestrazione, profondissima
sceneggiatura del solitamente più leggero Gary Young, già co-scrittore del pulp
The Tournament. Insomma, uno dei migliori film inglesi dell’ormai lontano 2009,
da vedere assolutamente.
Se ti è piaciuto guarda anche... – Naturalmente Gran Torino
(2008) di Clint Eastwood e Il giustiziere della notte (1974) di Michael Winner.
Poi abbiamo la perla assoluta Boy Wonder (2010) di Michael Morrissey, Il buio
nell’anima (2007) di Neil Jordan e il classico Taxi Driver (1976) di Martin
Scorsese. Citiamo anche Ill Manors (2012) di Ben Drew e la serie tv Skins (2007-2013) di Bryan Elsley e Jamie Brittain. Consigliamo pure Confessions (2010) di Tetsuya Nakashima e Tyrannosaur
(2011) di Paddy Considine. Per una diversione più leggera, ma sempre sul tema
“la terza età si arma” c’è lo spassoso Red (2010) di Robert Schwentke seguito
da Red 2 (2013) di Dean Parisot.
Scena cult – La scena dello spacciatore, la vendetta di
Harry sui ragazzi della gang e l’incipt in stile found-footage
Canzone cult – Naturalmente End Credits di Plan B e Chase
& Status.
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