USA, 2012
Regia: Nima
Nourizadeh
Cast:
Thomas Mann (non lo scrittore, eh), Oliver Cooper, Jonathan Daniel Brown, Kirby
Bliss Blanton, Dax Flame
Sceneggiatura: Matt Drake, Michael Bacall
Trama (im)modesta – Thomas ha compiuto diciassette anni e i
suoi genitori saranno fuori casa per tutto il weekend. Insieme ai suoi amici
Costa e J.B., rispettivamente un arrogante newyorchese e un introverso ragazzo
obeso, decide di organizzare un party in casa per divertirsi e magari anche
rimorchiare un po’, ma grazie alla pubblicità di Costa, la festa diventa
paurosamente popolata e distruttiva fino a quando, fra un amplesso e una
pasticca di ecstasy, si spargerà il caos per tutto il vicinato trasformando una
festa in stile sex, drug & house
music in un pandemonio da sollevazione popolare.
La mia (im)modesta opinione - A guardare un film come Project X si resta tremendamente
confusi. Divertissement beota della generation nothing o manifesto etico e
profetico della gioventù di oggi? Una cosa è certa: tutta la profondità di
pensiero che si avverte in questa pellicola non è assolutamente intenzionale.
Anzi, Project X sembra quasi un inno
sperticato al deboscio più selvaggio e alla crapula più furiosa e sfrenata. Ma
questa continua gozzoviglia, questo elogio della promiscuità più laida
finiscono con il trasmetterci una sensazione di nausea: è forse questo il
segnale più evidente del suo messaggio, lo stesso eccesso nasconde qualcosa di
cupo e ossessivo. E quando vedo i protagonisti di questa storia non so se
provare per loro pena o invece celebrarli. Insomma, il quesito è: vittime dei
propri tempi o eroi della modernità? Quelli che abbiamo davanti sono ragazzi che hanno aperto la porta dell’Inferno
per comprarsi un briciolo di gloria personale o delle guide spirituali che sono
riuscite a trascinare alla luce del sole (e dei neon e dei riflettori e del
fuoco) quell’intimo desiderio di autodistruzione e morte che abita nel cuore di
una gioventù dal futuro perduto e dal passato distrutto?
Causa un misto di reverenza e compassione vedere questa generazione
disposta a sacrificare tutto, e con tutto intendo tutto (casa, amicizie, dignità, salute) per una sola nottata, una
nottata epica. Ora, l’aggettivo ‘epico’ è usato spessissimo nel film, quasi a
ricordare quel costante senso di pressione sociale che gli eroi greci sentivano
di dover gestire compiendo imprese degne di onore, facendo dell’onore stesso un
motivo di vita o di morte (mai sentito parlare di Aiace?), non a caso la loro
società era proprio detta “della vergogna”. Project
X è un film che lascia perplessi, profondamente perplessi. Si intuisce che
sotto quella patina di superficialità e desiderio di perdere se stessi nel
piacere non sta tanto l’amoralità di un facile edonismo ma un dolore grande,
una rabbia profonda, giovane che si mescola insieme a una brama di folle
ebbrezza, folle divertimento (indispensabili mezzi per il raggiungimento
dell’annullamento di sé) e conflagra in un’ondata di energia distruttiva, in un
desiderio bruciante di annullare se stessi, i propri pensieri e confondersi
tramite mille stimoli sensoriali che non sono ricerca di piacere ma di
dimenticanza.
Il film si muove seguendo l’ascensione di un’iperbole. Lo
sbrigliato stravizio dell’inizio della festa selvaggia si conclude in
distruttiva guerriglia urbana con tanto di case date alle fiamme, macchine
distrutte, squadre SWAT ed elicotteri. È davvero questo quello che hanno dentro
i giovani? Una forza tanto inarginabile e vulcanica che è capace di mettere a
ferro e fuoco un intero vicinato? A quanto pare sì ma vale la pena rammentare che
il piacere che cercano i protagonisti di Project
X non è un piacere raffinato, decadente, direi quasi autentico. Il piacere
diventa viatico di oblio di sé e, infine, di distruzione esteriore come
necessaria espressione di un desiderio di distruzione interiore. Forse che la
nostra è la generazione di Armageddon? Forse che noi siamo quei figli
dell’Apocalisse con in cuore un desiderio forte di demolire ogni cosa, buttare
giù il mondo, dimenticare i vecchi se stessi per rinascere liberi, gloriosi
(gloriosi come il Satana di Milton, beninteso) a ergersi contro la vita, come
nuovi Prometei, spaziando in una dimensione che non è quella che conosciamo ma
è al di là di questo bene e di questo male? Project X è un film profetico.
Si potrebbe parlare di Project
X per pagine, suppongo, tale è infatti la profondità che io ho avvertito
nella pellicola, la pregnanza del suo messaggio e della sua morale nascosta
dietro quel divertimento che, lo faccio notare, nel film non è mai completo non
è mai assoluto e che, quando è vissuto in pieno, senza pensiero alcuno, è il
risultato di un volontario stordimento di sé, tramite la musica, l’alcol, la
droga, la folla. Ma il peggior errore che la critica potrebbe fare sarebbe
travisare l’intenzione stessa dell’autore e mettere dentro un’opera un concetto
che quell’opera non contiene. Vero è anche che la vera critica è una forma
d’arte, non diversa da letteratura o musica, dato che arricchisce l’opera
oggetto del suo ragionamento. La mia critica è questa. Project X è un bel film, un’ora e mezza di divertimento a buon
mercato, ma personalmente mi ha lasciato scosso, moralmente scosso. Non ero
disposto ad ammettere che la mia generazione nascondesse sotto l’ esaltazione
nichilistica della sua avida sete di vita anche questa assillante, incontenibile
brama di morte.
Se ti è piaciuto guarda anche... – Project X è un film abbastanza originale, per non dire unico, nel
suo genere. Vedrei molti dei riferimenti alla serie british Skins, dove però droga ed eccessi erano
ancora accessori e ci si concentrava su tragedie private, sentimentali e la
gioventù era già diversa, più umana. Per
il babelico e decadente ritratto della gioventù anni ’90 c’è il capolavoro Kids (1995) di Larry Clark, insieme al
suo inseparabile compagno, Elephant
(2003) di Gus van Sant. Altro lontano cugino di questo film è Trainspotting (1996) di Danny Boyle
insieme al Superbad (2007) di Greg
Mottola. Non dimentichiamo il primo, storico American Pie (1999) di Paul Weitz, il grande Thirteen (2003) di Catherine Hardwicke e il meraviglioso The Dreamers (2003) di Bernardo
Bertolucci.
Scena cult – Di sicuro l’iperbolico e incendiario finale con
annessa sollevazione giovanile, demolizione di un vicinato intero e squadre
armate anti-sommossa.
Canzone cult – In mezzo a tutte la comunque piacevoli
canzoni da disco del film, scelgo la più vicina al mio cuore: il remix di
A-Track della meravigliosa Heads WillRoll degli Yeah Yeah Yeahs.
Interessante la tua analisi.
RispondiEliminaIo l'ho visto ieri sera, ma per quanto possa capire quella che è la tua opinione, mi è parso un pò vuoto, cinematograficamente parlando.
Non so. Nello stesso genere, cose come SuXbad o Una notte da leoni mi paiono decisamente più avanti.
I film che hai citato sono sì cinematograficamente migliori, sotto ogni aspetto. Ma sono commedie brillanti, ben scritte. Project X mi ha fatto vedere al di là dello specchio. Lo ripeto, i contenuti che io ho visto sono lì per caso, è chiaro che non era intenzione degli sceneggiatori o della regia, eppure questa sincerità ha finito per rivelare qualcosa, tradire se stesso.
RispondiEliminaDa un punto di vista cinematografico, lo ammetto, la qualità non si solleva da quella di un videoclip.
grande rece!
RispondiEliminaforse ci hai trovato dentro persino significati più profondi di quelli che in realtà ci sono.
rispetto al pur divertente suxbad, sostanzialmente una commediola innocua, questo comunque è un vero e dinamitardo ritratto generazionale
In effetti è vero, il film non ha mai voluto essere profondo, eppure io l'ho visto tale. Magari erano tutte cose che già pensavo. Sono completamente d'accordo con te sulla questione del ritratto generazionale. Non potrei trovare aggettivo migliore di "dinamitardo".
EliminaComplimenti per la recensione da vero mestierante della critica cinematografica. Concordo con te riguardo al messaggio del film poiché anch'io subito dopo averlo visto ho pensato che il sottotesto che Nourizadeh voleva far trapelare dalla pellicola fosse proprio quello da te descritto. Non so quanto in realtà fosse una sua precisa intenzione ma se non sono stato l'unico ad aver estrapolato questo messaggio ferocemente profetico di un ritratto generazionale, forse, e dico forse, allora quel sottotesto non è solo una nostra fantasia.
Eliminala tua analisi è ottima anche se probabilmente trascende dalle intenzioni degli autori che sicuramente si sono posti molte meno domande di quello che hai fatto tu....
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