USA, 2009
Regia: Bryan
Cranston, Charles Haid, Terry McDonough, John Dahl, Johan Renck, Peter Medak, Felix
Alcala, Michelle MacLaren, Phil Abraham, Adam Bernstein, Colin Bucksey
Cast: Bryan
Cranston, Aaron Paul, Anna Gunn, Dean Norris, RJ Mitte, Giancarlo Esposito
Sceneggiatura:
J. Roberts, George Mastras, Peter Gould, Sam Catlin, Moira Walley-Beckett,
Vince Gilligan, John Shiban
Trama (im)modesta – Dopo essere entrati in contatto con un
grosso spacciatore ed essersi messi in guai ancora più grossi, il signor White
e Jesse si mettono in affari per conto proprio. Walt deve ancora pagare le
esose bollette mediche e Jesse, dopo essersi scontrato con gli odiamati
genitori, ha perso tutto. Mentre la loro fama si sparge in città, i cristalli
blu di Walt cominciano a valicare i confini nazionali. Sia il signor White,
seppur con il suo pseudonimo di Heisenberg, sia Jesse attirano l’attenzione dei
cartelli della droga messicani. E mentre entrambi cercano di ricostruirsi una
vita, Walt con la sua salute e la sua famiglia e Jesse con una nuova casa e una
nuova fidanzata, la situazione precipita ancora. Ad aiutare i nostri eroi, ecco
entrare in scena due nuove pedine: il viscido e diabolico principe del foro, l’avvocato
Saul Goodman; e il raggelante signore della droga Gustavo.
La mia (im)modesta opinione – Dopo una folgorante ma non
adamantina prima stagione, Breaking Bad prosegue veloce, ingrandito,
rafforzato. Gli episodi ora sono tredici ma scorrono tutti velocemente: con
ogni puntata così prontamente saldata all’altra, pare di mangiare noccioline.
Breaking Bad torna per una seconda stagione, dunque, che si annuncia più
problematica e complessa della prima. Nota positiva: se nella prima stagione
era Walt White a titaneggiare sullo schermo, adesso c’è altra gente sotto i
riflettori. Finalmente si aggiungono nuovi brillanti personaggi e si
approfondiscono le psicologie dei comprimari della prima stagione. Eccezion
fatta, ovvio, per Skyler e Marie, che rimangono le due sorelle più noiose e
irritanti della storia del drama.
Oltre a Walt White che, oltre a un momento decisivo della
penultima puntata, non si spreca in numeri mirabolanti come quelli dei suoi
inizi, i grandi poli d’attrazione della seconda stagione sono il socio di Walt,
il giovane tossico Jesse Pinkman, e suo cognato, Hank Schrader. Quella di Jesse
è una storia triste. Se nella prima stagione avevamo avuto un piccolo assaggio
della sua vita privata, in questa seconda stagione lo vediamo farsi di carne e
sangue. Non è credibile come tossicomane, ma lo è come persona. Persona vera,
reale, umana. Il suo pianto disperato nell’ultima puntata è stato una scena
sconvolgente, nel suo essere toccante. Jesse Pinkman era il teppistello della
porta accanto; ma ora gli si danno sentimenti, consistenza, cuore.
Stupendo è anche il rapporto che Jesse instaura con Walt. Se
nella prima stagione i due erano semplicemente soci, adesso cominciano ad
essere amici, a sostenersi, a esserci l’uno per l’altro. Certo i litigi non mancano
affatto, anzi gli insulti e i ceffoni volano che è un piacere ma anche nello
scontro l’accoppiata Jesse/Walt ha una chimica magica, da paura. Una relazione
che si salderà più fortemente anche nella terza stagione, la loro è una delle
bromance più belle e commoventi che abbia mai visto; l’amicizia che nasce
quando si deve mantenere un segreto inviolabile, l’amicizia che c’è fra due
persone che hanno visto e sopportato di tutto e adesso possono farsi forti
dell’esperienza vissuta insieme.
Altro grande personaggio della stagione è Hank Schrader,
cognato di Walt e agente della DEA. Capiamoci, non che in questa stagione le
vicende familiari di Walt diventino più interessanti, anzi. Ma la figura
tormentata del poliziotto che comincia a perdere colpi, che scopre di poter
tremare davanti alla vista dell’orrore del mondo, che trova in sé una rabbia
nuova, una ferocia contro il destino stesso che ha così deciso di ingiuriarlo,
fanno di Hank una figura monumentale, quasi eroica. Paradossalmente, è proprio
nella fragilità più estrema e nella vertigine del vuoto che ci si accorge della
forza erculea di un uomo d’acciaio com’è Hank. Inoltre, va detto, Hank è il
protagonista di una delle scene più pulp della stagione.
Sorvolando sopra le mogli di Walt e di Hank, tutte e due
perfettamente insignificanti, e scavalcando anche l’azzoppato figlio di Walt
(se gli sceneggiatori l’avessero fatto muto sarebbe stato così tanto
intrigante), passiamo ai meravigliosi comprimari da romanzo criminale che fanno
capolino sul nostro palcoscenico. Prima arriva Saul, bastardissimo
azzeccagarbugli con le mani in pasta praticamente dovunque; dunque,
silenziosamente, incontriamo Gustavo “Gus” Fring, sommo signore della droga,
eminenza grigia del crimine di New Mexico e stati limitrofi, sconcertante ritratto della Banalità del
Male, con quella sua faccia liscia e inespressiva e gli occhialetti da
impiegato di terz’ordine che nascondono intelligenze diaboliche e affilate
minacce.
Complessivamente la stagione è buona, lo svolgimento della
trama occupa un po’ troppo spazio ma forse è una cosa necessaria. Punto forte
della serie sono quelle scenette che non ti aspetteresti mai e che, fra uno
sbadiglio e l’altro, conducono al sublime finale della penultima puntata che,
da sola, vale la serie tutta intera. Intendiamoci bene però: la serie mantiene
ancora un livello generale da capogiro, solo che, in questa stagione, si perde
un po’ per strada. il bello di Breaking Bad è proprio la soluzione fra mondo
criminale da rivista pulp e bigia quotidianità. La chimica è fragile e forse
gli autori sbagliano, di volta in volta, il dosaggio. Ma è per un buon fine.
Grandissimi, ancora una volta, tutti gli attori, tutti gli autori e ancora
stupende le musiche e la fotografia. Alla fin fine, il crimine paga.
Se ti è piaciuto guarda anche... – Citazione al cinema
nostrano: Romanzo Criminale (2005) di Michele Placido. Poi snocciolo una perla
orientale, ovvero Brother (2000) di Takeshi Kitano; insieme al grande Il
cattivo tenente (1992) di Abel Ferrara. A Breaking Bad assomiglia vagamente anche
il classico del crimine Donnie Brasco (1997) di Mike Newell e il granitico American
Gangster (2007) di Ridley Scott. Volendo spaziare fra i generi, per la
dipendenza dalle droghe abbiamo il sommo Requiem for a Dream (2000) di Darren
Aronofsky, Candy (2006) di Neil Armfield, Panico a Needle Park (1971) di Jerry
Schatzberg e Drugstore Cowboy (1989) di Gus Van Sant.
Scena cult – Penultima puntata, in casa di Jesse. E ho detto
tutto.
Canzone cult – Iniziamo con il pezzo di storia By the Number
di John Coltrane, proseguiamo sulle note di Nancy Sinatra e la sua It's Such a Pretty World Today; e approdiamo ai Calexico con Banderilla per finire con la
malinconica Life di Chocolate Genius.
Vedrai che la terza sarà letteralmente pazzesca.
RispondiEliminaUna roba davvero oltre.
Della terza ho già doppiato il settimo episodio. Breaking Bad è peggio del meth.
Eliminaormai stai entrando nel vivo!
RispondiEliminaGià! Sono a metà della terza stagione ed è qualcosa di sublime.
EliminaMa sai che dopo i tuoi commenti e le comparazioni con i film che ci hai suggerito e che ho visto, più la musica coinvolgente , mi fai venire il desiderio di vederlo?
RispondiEliminaAffrettati allora! Non sai che ti perdi!
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