USA, 2008
Regia: Vince
Gilligan, Adam Bernstein, Jim McKay, Tricia Brock, Bronwen Hughes, Tim Hunter
Cast: Bryan
Cranston, Aaron Paul, Anna Gunn, Dean Norris, RJ Mitte
Sceneggiatura: Vince Gilligan, Patty Lin, George Mastras, Peter
Gould
Trama (im)modesta – Walter White è un uomo qualunque,
sebbene la sua vita sia un po’ più complicata di quelle altrui. Mite professore
di chimica, con una bella moglie, un figlio disabile e una bimba in arrivo, un
giorno Walter scopre di avere il cancro ai polmoni. Fra un licenziamento
inatteso (dal doppio lavoro che Walter faceva per sbarcare il lunario) e un
costoso ciclo di chemioterapie, il signor White non sa da dove cavare denaro.
Un giorno, dopo aver incontrato un suo ex-studente, ora spacciatore, gli fa una
proposta: insieme i due entreranno in società e cucineranno la metanfetamina
più pura in commercio. Ma quello che Walter non sa è che quella del crimine,
sebbene paghi, è una strada senza più ritorno.
La mia (im)modesta opinione – Lo so, arrivo di molti anni in
ritardo, ma è tutta colpa mia: Breaking Bad è un fenomeno di serial ormai
approdato alle soglie di una quinta e (speriamo di no) conclusiva stagione.
Attirato, come sono stato, da altre serie tv dal piglio più
fantastico/scanzonato (vedi True Blood, Misfits, Game of Thrones, Alphas,
American Horror Story et similia) ho messo di lato l’opportunità di mettermi
davanti uno show strabiliante, incredibilmente sorprendente. So che questa
recensione arriva molto, molto in ritardo. Quello che si doveva dire si è già
detto e, non contribuendo alla sua scoperta, il mio commento finirà in mezzo
alla ridda di pareri entusiastici – pareri che hanno gridato al capolavoro, e
avevano ragione. Breaking Bad è una serie sì originale, sì forte ma che mette
al centro di tutto un fattore che rare volte viene calcolato negli show
televisivi: il cambiamento.
Breaking Bad è la serie della chimica, della scienza vera
(dimenticatevi aggeggi spettacolari e folli esplosioni) al servizio del crimine
e, come ogni reazione chimica che si rispetti, il movimento delle cose, il loro
perpetuo fluire, rifluire e confluire l’uno nell’altra e di nuovo a ritroso è
la base di ogni cosa. Il moto perpetuo al quale mi riferisco è ovviamente di
tipo squisitamente morale, psicologico anche se non mancano alla serie tutti i
crismi del thriller più geniale. Il protagonista della serie Walter White
cambia, si modifica. Il suo non è banale character development, quelle che
vediamo non sono le diverse sfacciature di una stessa gemma ma l’evoluzione, la
dolorosa metamorfosi di un uomo normale in un mignone del male. Colpito così
duramente dalla sfortuna, Walt White decide di agguantare la ruota del karma e
di farla girare al contrario; rispondendo al male con un male più grande e non
lesinando su distruttivi sensi di colpa, piaceri colpevoli, tribolazioni
morali.
La serie pubblicizza il male fine a se stesso? No, lo
illustra. Walt non si diverte certo a fare quello che fa (i reati vanno dalla
produzione di droga all’omicidio volontario) ma man mano che scopre come una
mano lavi l’altra e tutte e due lavino la faccia, il nostro professore entra
nei meccanismi del male, ragiona come un criminale e, soprattutto, sente la
morbosa seduzione per la sfida, per il denaro, per il potere. La vita da
professore di chimica è noiosa, si sa. Ed è da questo taglio fra vita normale e
romanzo criminale che la serie trova la sua forza: assistiamo a ridicole
riunioni di famiglia, subito dopo un uomo viene ucciso; Walt spiega chimica ai
suoi alunni, la scena successiva lo mostra in mutande e camicia mentre punta
una pistola verso sirene in avvicinamento. E in mezzo c’è tutta la sagacia di
un ironia che mostra come a essere ridicole siano le scenette della vita
normale e come la vita al massimo da criminale paia dura ma esaltante.
Perché amare, dunque, Breaking Bad? Gli script delle puntate
non presentano particolari sagacie e guizzi d’ingegno retorico (pensate a
Scrubs coi suoi monologhi e siparietti) ma la trama, così priva di personaggi veramente unici (Walter è l’unico,
tutti gli altri sono figuranti ora da dramma criminale ora da palco borghese),
è fatta forte sia dall’originalità della trama che dalla complessità
dell’approfondimento psicologico e narrativo. Senza infatti adottare soluzioni
tecniche mirabolanti (anzi, lo squallore pervade un po’ tutta la serie), gli
autori riescono sempre a trovare una svolta imprevista, una soluzione che non
semplifica ma complica. E la tensione cresce. Sì, perché Breaking Bad parte in
sordina ma si fa seguire come poche altre serie riescono. Senza contare, poi,
lo stupendo humor macabro che aleggia in tutte le puntate, l’ironia tagliente
sugli stereotipi del noir classico, le genialate scientifiche tutte plausibili
e tutte spettacolari.
Il cast è poi superlativo con in testa un Bryan Cranston che
definire spettacolare è poco; degno di tutti i premi che un attore televisivo
potrebbe ricevere. L’unico possibile
difetto che potrei appuntare è che le storyline dei familiari di Walt White
sono abbastanza insignificanti, mentre le uniche scene che tengono viva
l’attenzione (oltre a quelle che vedono Walt come protagonista) sono quelle
incentrate sui ridicoli comportamenti della moglie di Walt. Breaking Bad, però,
è la serie che ha fatto capire al mondo che chi ne sa di chimica non è sempre
un nerd. In conclusione, se avete già visto Breaking Bad (e lo avrete certo già
visto tutti) avete visto, più o meno, uno degli show più entusiasmanti di
sempre; se invece non lo avete già visto, e in questo caso sareste giustificati
perché il ritardo capita a tutti, vedetelo e rendete certamente utile un
commento che altrimenti sarebbe carne da dimenticatoio.
Se ti è piaciuto guarda anche... – Grandi classici
televisivi del crimine sono The Sopranos (1999 – 2007) di David Chase, The Wire
(2002) di David Simon, Boardwalk Empire (2010) di Terence Winter e Prison Break
(2005) di Paul Scheuring. Ma altri fenomeni degni di nota sono l’iconico Six
Feet Under (2001) di Alan Ball e il molto più recente Homeland (2011) di Howard
Gordon e Alex Gansa. Per tornare al più familiare territorio dei film, non
posso che consigliare Blow (2001) di Ted Demme, il grande Scarface (1983) di
Brian DePalma, lo scintillante Holy Rollers (2010) di Kevin Asch e King of New
York (1990) di Abel Ferrara.
Scena cult – Tutte quelle in cui la chimica di Walt innesca
stupefacenti trucchetti. Dico solo tre parole: fulminato di mercurio.
Canzone cult – La stupenda Who’s Gonna Save My Soul?
degli Gnarls Barkley che commenta la chiusura della prima stagione.
Una serie pazzesca. Anche io l'ho iniziata da poco, e da qualche giorno ho finito la terza stagione.
RispondiEliminaTi dico solo: GENIALE.
Per me ormai sono solo maratone Breaking Bad. Hai ragione: è geniale.
EliminaStrepitosa, sempre imprevedibile, ironica, seria sì ma che non si prende mai troppo sul serio, due protagonisti di cui ci si innamora, mai cali di tono, una tensione che non si esaurisce mai, di quelle che ti chiedi: cosa farei io in questa situazione??. La mia preferita in assoluto...e ho finito la quarta stagione!
RispondiEliminaAvendo quattro in chimica al liceo non so cosa farei in metà di quelle situazioni. Il signor White è un figo pazzesco, in ogni caso.
Eliminae la prima stagione non è niente. il meglio arriva con la quarta e la quinta...
RispondiEliminaCi arriverò: sto viaggiando attraverso questa serie a velocità di crociera.
EliminaSono sempre un po' scettica sulle varie serie , ma con la tua descrizione mi ha inesorabilmente convinta, tra musica , attori e scene cult...Bene , bene!
RispondiEliminaAffrettati allora, questa è da non perdere!
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