USA, 2010
Regia:
Frank Darabont, Michelle MacLaren, Gwyneth Horder-Payton, Johan Renck, Ernest
Dickerson, Guy Ferland
Cast: Andrew
Lincoln, Jon Bernthal, Sarah Wayne Callies, Laurie Holden, Jeffrey DeMunn, Steven
Yeun, Chandler Riggs, Norman Reedus
Sceneggiatura: Frank Darabont, Charles H. Eglee, Jack
LoGiudice, Robert Kirkman, Glen Mazzara, Adam Fierro
Trama (im)modesta – Sembra un regolare giorno di lavoro,
quello di Rick Grimes, sceriffo, impegnato nell’inseguimento di un gruppo di
criminali armati; ma l’imprevisto è dietro l’angolo: nella sparatoria
immediatamente successiva, Rick viene ferito quasi a morte da un colpo d’arma
da fuoco e cade in coma. Al suo risveglio, il mondo è cambiato. Ospedale e
città deserti, cadaveri disseminati per le strade, rovine su rovine e nessun
essere umano in vista. E quando Frank vede proprio i morti rialzarsi alla
ricerca di carne viva da divorare ogni dubbio è fugato: il mondo è vittima di
quella che molti definirebbero una zombie apocalypse. I morti viventi superano
i sopravvissuti in rapporto di cinquemila a uno. A Rick non rimane altro che
mettersi in viaggio, da solo, alla ricerca dei superstiti e della propria
famiglia, affrontando tutti i pericoli che un mondo tanto devastato ha in
serbo...
La mia (im)modesta opinione – Su The Walking Dead s’è detto
e ridetto moltissimo. E io mi sento di confermare le opinioni più entusiastiche
a riguardo, riservandomi però il (condiviso) dubbio circa l’effettiva
funzionalità dello show. Mi spiego meglio: esiste un episodio (il terzo) che
erra nelle miscele, spostando il focus sul lato più strettamente drammatico
della vicenda, che riesce a essere davvero noioso. Da qui si capisce come The
Walking Dead sia una serie perennemente in bilico, che, per avere successo (e
lo ha a grandissimi livelli), deve necessariamente riuscire a mescolare il
dramma umano all’horror o fondendoli, come nel migliore dei casi, o quantomeno
accostandoli. È quanto succederà, a detta di tutti, nella seconda stagione che
per la prima metà risulterà assai mediocre riprendendosi poi nella seconda
parte.
Ed è proprio questo il problema essenziale di una serie come
questa: la trama è troppo lineare. Non ci sono colpi di scena da aspettarsi,
non ci sono spesso motivi che spingano lo spettatore ad aver bisogno di
guardare la puntata successiva. Si tratta solo di sapere se i protagonisti
sopravviveranno e come. Questo, l’argomento della prima stagione che, va detto,
è comunque relegata a sei esigui episodi. Per il resto la qualità della serie è
ottima: l’impianto aperto della narrazione a episodi permette uno sviluppo del
dramma connaturato allo zombie movie più disteso e potente, laddove gli altri
film di genere potevano solo optare sulla forzata scelta della chiave orrifica
(comunque declinabile in molti modi diversi) senza creare una vera e propria
empatia con i personaggi – empatia assolutamente presente e viva in The Walking
Dead, e che va considerata il maggior punto di forza dello show.
Già dalla puntata pilota, ciò che ci colpisce è il profondo
senso d’umana pietà che pervade l’intera storia: l’invasione dei morti viventi
è il punto centrale, sì, ma la nostra attenzione si sposta più sulla
desolazione che questa invasione s’è lasciata dietro, sul senso di abbandono e
solitudine, sulla precaria solidarietà che i pochi manipoli di uomini rimasti
riescono a stringere. Il senso di disperazione e ferocia ci si presenta in
tutta la sua più accorata drammaticità, stranamente dissonante con le placide
ambientazioni naturali in cui la serie è immersa: il verde è una costante dello
show. Prati, foreste, parchi, cieli azzurri: il mondo di The Walking Dead non è
un incubo cementizio ma una sorta di Eden contaminato, sempre e comunque vicino
all’universo della natura di cui i morti viventi sono la cancerosa perversione,
testimoni viventi (o non-viventi) di una depravazione del normale circuito
delle cose.
Rick Grimes è un eroe integerrimo, quasi un moderno Enea
tanto è pieno di alti e nobili sentimenti: il dovere, la devozione alla
famiglia e alla propria causa, la salda moralità, la spinta eroica verso il
sacrificio. Un eroe del genere fa piacere all’inizio ma poi stanza: nel
ventunesimo secolo sono lodevolissimi gli esempi di tanta profonda compassione
e virtù, ma ci sarebbe bisogno di eroi più problematici, più sfaccettati. Se Rick
è un gigante del lato luminoso, gli manca una controparte, mentre tutti i suoi
co-protagonisti appartengono all’area grigia dell’irrisolutezza morale: sono
loro i veri eroi sfaccettati, problematici. E su tutti brillano la bella
Andrea, il sanguigno bifolco Deryl e l’assai tormentato Shane Walsh, amico di
Frank che ha salvato la moglie e il figlio dell’amico mentre questo era in coma
e ha finito per innamorarsene.
Il livello tecnico della serie è poi d’indiscussa altezza:
grandi recitazioni, bei dialoghi (anche se si riservano qualche mosceria),
stupendi la regia e gli apparati artistici con la spettacolare, limpidissima
fotografia e l’uso tanto perfetto dei silenzi e delle musiche. Tanto che si può
arrivare a dire che il contesto del suono è il protagonista onnipresente ma
invisibile di tutta la serie. Grandi poi Andrew Lincoln e Laurie Holden, vere
stelle recitative della stagione. The Walking Dead è insomma uno dei migliori
show degli ultimi anni (ma questo già si sapeva) nonostante delle falle che,
tutto sommato, scegliamo di perdonare in ragione della grande, grandissima
qualità del risultato finale.
Se ti è piaciuto guarda anche... – Lo zombie movie più
spassoso che mi sia mai capitato di vedere, oltre a Shaun of the Dead (2004) di
Edgar Wright, è il cubano Juan De Los Muertos (2011) di Alejandro Brugués. La
citazione è d’obbligo, poi, per perle moderne come 28 Giorni Dopo (2002) di
Danny Boyle e L'alba dei morti viventi (2004) di Zack Snyder. C’è poi
l’originale Le cronache dei morti viventi (2007) di George Romero, da
accoppiare a uno dei più grandi film del grande maestro: Zombi (1978), film di
indubbia qualità ma dalla messinscena alquanto scadentuccia. Per la serie delle
grandi figate c’è poi il saporosissimo Planet Terror (2007) di Robert Rodriguez
e il più ironico Benvenuti a Zombieland (2009) di Ruben Fleischer. Mentre nella
sezione “sconosciuti ma illustri” abbiamo
Dead Snow (2009) di Tommy Wirkola, il folgorante Deadgirl (2008) di Marcel Sarmiento e Gadi
Harel e il pecoreccissimo Big Tits Zombie (2010) di Takao Nakano, un film così
brutto che è bellissimo.
Scena cult – La morte della sorella di Andrea, la donna
morta che torna a bussare alla propria porta di casa.
Canzone cult – La bella Tomorrow is a long time di Bob
Dylan, la potentissima orchestrale Sunshine di John Murphy (tratta dall’omonimo
film di Danny Boyle) e la blueseggiante I’m a Man dei Black Strobe.
Beh, con questa stagione mi sono innamorata della serie e ogni settimana non vedo l'ora che arrivi una nuova puntata.
RispondiEliminaVedi comunque la prima stagione come una sorta di "riscaldamento", perché la seconda sarà anche imperfetta ma riserva grandi sorprese, soprattutto a livello di personaggi.
Lo spero bene! Anche perché la trama dovrà pur andare a parare da qualche parte! Appena avrò visto la seconda, ti saprò dire!
Eliminaa me invece la prima stagione non aveva convinto...
RispondiEliminapoi con la seconda è migliorata parecchio e la terza è decisamente notevole.
sulla qualità di alcuni attori comunque continuo a mantenere qualche riserva.. :)
Questo sì, senza dubbio, mi aspetto che la seconda sia ancora meglio e rafforzi la formula di base, che funziona ma è instabile. Gli attori li ho trovati bravi tranne alcuni, ma per il poco spazio che gli è dato, la loro poca competenza è scusabilissima.
EliminaEffettivamente nella prima stagione a parte fughe e uccisioni non c'è molto, ma il livello di recitazione e la costruzione del tutto te la fa adorare! Con la seconda, nonostante un po' di noia, arrivano anche questioni più interessanti che ti fanno scalpitare per l'episodio successivo!
RispondiEliminaStasera stessa inizio a guardare la seconda! Speriamo bene!
EliminaIo appartengo, invece, a quelli che "ah, la prima serie di TWD era cool, poi s'è commercializzato"... Continuo a seguirlo anche adesso, ma con il dovuto e ironico distacco e solo perché a Deryl ci voglio bene.
RispondiEliminaCosì mi fai temere... Lo guarderò e ti farò sapere!
EliminaChe vibra!
RispondiEliminaP.s. ti prego leva i capthca, è orribile commentare così. Grazi.
Risolverò!
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