mercoledì 3 aprile 2013

CITADEL (2012), Ciaran Foy


Irlanda, 2012
Regia: Ciaran Foy
Cast: Aneurin Barnard, James Cosmo, Wunmi Musaku, Jake Wilson, Amy Shiels
Sceneggiatura: Ciaran Foy


Trama (im)modesta – Tommy è un ragazzo padre che ha visto la propria moglie aggredita e uccisa da un gruppo di misteriose creature basse. La consapevolezza che adesso i mostri sono alla ricerca di sua figlia, la piccola Elsa, lo distrugge: Tommy soffre infatti di una devastante forma di agorafobia, è terrorizzato dagli spazi aperti, dal muoversi fuori di casa, dal separarsi da sua figlia. Sarà un prete che gli spiegherà che quei mostri sono bambini infetti da un male misterioso, che rapiscono bambini per trasformarli in creature come loro – creature che non hanno altro senso oltre a quello che gli permette di vedere la paura delle persone come un serpente vedrebbe il calore. E quando i mostri prenderanno Elsa, Tommy sarà costretto ad affrontare le proprie paure e, aiutato dal prete e da Danny, bambino salvatosi dall’infezione, a distruggere le malvage creature.


La mia (im)modesta opinione – Come al solito, il genere horror si dimostra il più capace, nella sua duttilità, ad affrontare ogni sorta di tematica psicologica e a ottenere, con il minimo impiego di risorse, il massimo del risultato. Con una sceneggiatura a prova di bomba e una manciata di talentuosissimi attori, il regista irlandese Ciaran Foy confeziona uno degli horror più raggelanti dell’anno passato. A riprova del fatto che se sia ha talento non ci sono restrizioni economiche che tengano: girato interamente con una telecamera a mano di rarissima inquietantezza, ambientato nei veri sobborghi malfamati dell’Irlanda, Citadel è un film non solo scritto, diretto e recitato con eccelsa bravura ma anche una potente riflessione sull’io e su come la paura sia solo ostacolo a se stessa e unica fonte di qualsiasi pericolo.


Emblematico, prima di tutto, appare il fatto che le mostruose creature possano percepire la paura intorno a sé. Sono insomma la quintessenza dei mostri del cinema horror. Il protagonista s’incastra dunque alla perfezione con la storia data la sua disarmante agorafobia, di cui sia la regia di Foy sia il talento recitativo del giovanissimo Aneurin Barnard, un nome di certo inusuale, ma che di sicuro non si fa dimenticare facilmente. Grandissima recitazione, quindi, ma anche profonda conoscenza dei linguaggi e dei meccanismi dell’orrore: i dettagli delle siringhe conficcate nei sedili del bus, i sottopassaggi deserti, la desolazione dei caseggiati popolari, la rovina e la povertà ci entrano sotto la pelle e Foy ci fa sentire davvero intrappoalati dentro al film.


Ma come ogni film dell’orrore nemmeno qui mancano le scene di paura, una paura tale che farebbe arrossire tutti i produttori di cosiddetti horror americani. La sola scena dell’autobus vale da sola The Ring e The Grudge e notevolissimi sono tutti gli altri esempi di cui è disseminato il film. E nemmeno si può dire che lo spavento sia il classico trucchetto della violenza esagerata o del rumore dopo il silenzio: qui la paura viene dalle porte che sbattono, dalle figure incappucciate delle creature, da una porta dell’ascensore irrimediabilmente chiusa che impedisce un marito di salvare la propria moglie incinta. Foy sa perfettamente come farci saltare dalla sedia e lo fa con una finezza e una sapienza tali da far pensare al nuovo genio dell’horror: altro che Guillermo del Toro!


Se ti è piaciuto guarda anche... – Se Citadel è l’unico lungometraggio finora prodotto da Ciaran Foy, il mondo del cinema pullula di validissimi horror indipendenti: oltre ai validi ma poco tesi The Innkeepers (2011) e The House of the Devil (2009) dell’enfant prodige Ti West, abbiamo lo spettacolare Deadgirl (2008) di Marcel Sarmiento e Gadi Harel, V/H/S (2012) di Matt Bettinelli-Olpin e David Bruckner, il funambolico La casa dei 1000 corpi (2003) di Rob Zombie e i due superclassici dello splatter indipendente, ossia The Loved Ones (2009) di Sean Byrne e À l'intérieur (2007) di Alexandre Bustillo, Julien Maury. Se volessimo concentrarci sul filone dei bambini inquietanti, avremmo le perle vintage Il giglio nero (1956) di Mervyn LeRoy, Il villaggio dei dannati (1960) di Wolf Rilla, Quella strana ragazza che abita in fondo al viale (1976) di Nicholas Gessner con protagonista un’inquietante Jodie Foster e la gemma moderna, ossia il superbo Joshua (2007) di George Ratliff.


Scena cult – La scena dell’autobus. Vero culmine della tensione della storia, puro momento di paura. Imperdibile.

Canzone cult – Non pervenuta.

8 commenti:

  1. Confesso di non aver letto tutta la recensione (non lo faccio mai coi film che non ho visto) ma di questo film avevo vagamente parlato sul blog e l'avevo catalogato come una di quelle pellicole ambigue ed inquietanti, che non avrei saputo se vedere o meno.
    Mi par di aver capito sia un film molto valido però, l'hanno finalmente distribuito in Italia o bisogna optare per il fai-da-te?

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    1. Rigoroso fai-da-te: la pellicola è ambigua e inquietante. Come horror mi ha lasciato parecchio soddisfatto perchè è fatto proprio bene. Ovviamente non entrerà negli annali ma è una gran cosa.

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  2. non mi ispirava tantissimo, ma a questo punto mi sa che mi toccherà recuperarlo...

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    1. Proprio bello. Ma guarda prima Deadgirl: vale di più. Questo è un ottimo horror, Deadgirl è un ottimo film!

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  3. Ce l'ho lì da un pò: dopo la tua recensione salirà parecchio nelle posizioni delle prossime visioni! :)

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  4. Non mi era dispiaciuto, effettivamente.
    Il protagonista è bravissimo a rappresentare le sue paure e fobie.

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