domenica 25 agosto 2013

LA NOTTE DEL GIUDIZIO (2013), James DeMonaco


USA, 2013
Regia: James DeMonaco
Cast: Ethan Hawke, Lena Headey, Rhys Wakefield, Edwin Hodge, Max Burkholder
Sceneggiatura: James DeMonaco


Trama (im)modesta – Stati Uniti, 2022 A.D. La criminalità è scomparsa, la disoccupazione non esiste, l’ordine è mantenuto. I Nuovi Padri Fondatori sono riusciti a salvare le sorti di un paese in rovina con lo Sfogo Annuale: una notte in cui, dalle sette di sera alle sette del mattino, ogni crimine diventa legale e ospedali, polizia e vigili del fuoco staccano i telefoni. James Sandin si è arricchito a dismisura vendendo sistemi di sicurezza proprio per coloro che scelgono di non uscire armati per la strada a massacrare indigenti, minoranze etniche o semplici passanti. Le alte cariche dello stato, naturalmente, sono esenti dallo Sfogo né le si può impunemente uccidere. Tutto sembra andare per il meglio quando Charlie, figlio di James, disattiva le difese della casa per far entrare un estraneo inseguito da un gruppo di “bravi ragazzi” mascherati che lo vogliono fare a pezzi. Quando i ragazzi busseranno alla porta minacciando di morte e altre atrocità i Sandin  se non avranno indietro la loro vittima, la notte diventerà un vero incubo.


La mia (im)modesta opinioneLa Notte del Giudizio (o The Purge che dir si voglia) riesce, senza essere un film speciale, a essere un film geniale, acidissimo verso la cultura americana e la natura umana, divertente a suo modo nel riuscire a prendere gli stilemi dell’home invasion movie e rielaborarli per narrare qualcosa di più profondo sulla natura umana, più o meno inconsapevolmente assetata di sangue, gonfia d’invidia, capace di ogni male al solo concedersi d’un’occasione. Certo, va detto, l’andamento del film è alquanto schematico e i temi praticamente si approfondiscono da soli, senza che il regista/autore DeMonaco si sforzi troppo di variegare psicologie e situazioni.


Certo fa un certo effetto vedere, considerati i tempi, una classe abbiente che pare uscita fuori da una pubblicità di detersivi (bianca, bionda, sorridente) girovagare per le strade e massacrare poveri e minoranze etniche. La dice lunghissima, questo film, sui metodi che moltissimi, esasperati dai troppi maneggi della politica, dichiarano di voler usare contro quelle falde di società che costituiscono un disturbo. In prima persona potrei portare l’esempio dell’insofferenza che, nel Sud in cui sono nato, si prova verso esodati ed extracomunitari, di come si fantastica di sparare contro i barconi o di confinare i sediziosi da qualche parte dove non possano arrecare disturbo. Ebbene, che succederebbe se queste fantasie potessero diventare realtà?


I killer di The Purge sono ragazzi vestiti secondo in gusto della upper class, quella che manda i figli a Princeton o Yale, quella che abita i caseggiati altoborghesi dove non si può entrare senza invito, quella che evade le tasse, sostiene la guerra, lucra sui morti. La stessa upper class a cui non importa di cambiare il proprio paese, anzi vuole mantenere quello status quo forse ingiusto ma che gli ha permesso di ingrossare di tanto il proprio conto in banca. E gli stessi protagonisti del film, sebbene siano obiettori di coscienza (se così li si può dire), sostengono fermamente lo Sfogo Annuale, lo considerano la base di ferocia su cui costruire sempre più grandi imperi. Ma esagerano nel buonismo, e questo lo si vede alla fine del film, quando vengono minacciati dai falsi amici che di loro sono invidiosi.


Perfido è poi, non tanto il finale, ma il pre-finale. Vediamo, dopo il vario grand-guignol della nottata, l’uomo da cui tutto è cominciato e grazie a cui tutti si sono salvati mandato via con un sospirato “grazie”, senza altre manifestazioni di affetto e gratitudine. La società è salva ancora una volta: la distanza sociale è mantenuta, la gerarchia resiste ancora e per sempre. Eppure gli stessi protagonisti del film non fanno parte di quella gerarchia: sono gli arrivati, quelli venuti dal nulla che hanno accumulato il loro mucchio di ricchezza ed è sospeso fra le spinte opposte dell’uniformazione a una classe senza valori ma che è la più alta e la rispettosa distanza, che però isola quanto riaggiusta prospettive e approcci specialmente nei rapporti umani.


La violenza, poi, valore sempre più imborghesitosi e penetrato a tutti i livelli nella nostra società trova perfetta espressione nel viso sbilenco e stranamente bellissimo di Rhys Wakefield, assassino senza nome, sorridente biondo ragazzo assetato di stragi e vendetta. Uno che non sopporta la scortesia (spara a un suo amico a sangue freddo solo per delle parole troppo brusche) ma non ha problemi a intraprendere un tentativo di stupro o a mettere sottosopra una casa, per il solo gusto di farlo. L’occasione fa l’uomo ladro, dicono, e in The Purge lo fa anche assassino. Fino a dove si spingerebbe una nazione nell’indottrinamento, nel plagio psicologico, nella coercizione per ottenere l’1% di disoccupazione e la scomparsa totale di crimini violenti per 364 giorni l’anno?


Il film di De Monaco è scolastico nelle riprese ma sapido, denso ma non molto originale. Una formidabile opera prima, non certo un capolavoro, ma un thriller insieme distopico, pieno di suspance e situazioni delle più interessanti. Tutto grazie agli ottimi attori protagonisti: in testa a tutti sta il già citato Rhys Wakefield, col suo psicotico sorriso; poi Ethan Hawke, bravissimo anche lui (sebbene non la sceneggiatura si sforzi troppo di caratterizzarlo, certo) mentre appare più intensa nel suo sofferto pacifismo la Mary Sandin di Lena Headey, che però replica lo stesso repertorio espressivo di cui ci ha già fatto bella mostra in Game of Thrones.


La Notte del Giudizio, in sostanza, è uno dei film dell’estate, un minuscolo cult del genere home invasion, una distopia W.A.S.P. che sarà certo stata scomoda alla classe abbiente americana, dipinta da DeMonaco come crudelissima e violenta verso i più poveri, disposta a inondare di sangue le strade della propria città e a chiamare diritto l’eccidio. Non mi sento però di giudicare troppo severamente il suo attaccamento alle strutture più usate del thriller che, in questo e in molti altri casi, funzionano egregiamente, senza certo poi creare quella grandissima tensione che altri film del genere sanno creare.


Se ti è piaciuto guarda anche... – Ovviamente citiamo Panic Room (2002) di David Fincher, lo sconvolgente horror francese À l'intérieur (2007) di Alexandre Bustillo e Julien Maury e il sommo classico Cane di paglia (1971) di Sam Peckinpah. Abbiamo poi il Funny Games U.S. (2007) di Michael Haneke, il piccolo gioiello Mother's Day (2010) di Darren Lynn Bousman, l’inquietantissimo Bed Time (2011) di Jaume Balagueró e il sulfureo You're Next (2011) di Adam Wingard.


Scena cult – La “tavolata” finale con sfondamento craniale all’urlo di «No more killings!»

Canzone cult – Non pervenuta.

2 commenti:

  1. Niente male come film, l'idea distopica poi è proprio il meglio che si possa desiderare, mi è dispiaciuto che non hanno inserito qualche scena splatter.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Be' una scena di orrenda tortura in più non fa mai male. Io, invece, avrei voluto vedere qualche scena di follia collettiva, giusto per rinforzare l'idea che il film accenna e basta.

      Elimina

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...