giovedì 29 marzo 2012

LES AMOURS IMAGINARIES (2010), Xavier Dolan


Canada, 2010
Regia: Xavier Dolan
Cast: Xavier Dolan, Monica Chokri, Nils Schneider
Sceneggiatura: Xavier Dolan


Trama (im)modesta – Francis (Dolan) e Marie (Chokri) sono due amici insoddisfatti della routine quotidiana tanto prevedibile quanto frustrante e si innamorano entrambi dello stesso ragazzo, il bellissimo Nicolas (Schneider). Inizierà una sorta di bizzarro ménage à trois basato sulle fantasie dei due e sulle loro tattiche (spesso anche meschine) per la conquista di un amore molto favoleggiato ma che di reale ha ben poco.


La mia (im)modesta opinione – Dolan non è propriamente un genio, ma ha un grande senso del bello, un fortissimo gusto estetico e una naturale tendenza al dialogo minimale e al monologo, tipici stilemi tarantiniani. Tutto questo traspare dal suo film. Prima degli Amours, Dolan aveva diretto, scritto e interpretato il deludente J’ai Tué Ma Mere ed era apparso di sfuggita in quello spettacoloso grand-guignol che è stato Martyrs e, più recentemente, nella dark comedy Good Neighbors. Ma è solo con i suoi Amours che Dolan dispiega le sue ali alla perfezione, ed stupisce non poco che a soli 22 anni il suo stile registico sia tanto maturo e compatto. Trama ed episodi di questo film minimali e ridotti all’osso, lunghi e densi monologhi e conversazioni futili e brillanti, lunghe sequenze al ralenty (lo ammetto, le adoro!) e una cornice originale come può esserlo quella del sottobosco indie/hipster/omo-bisessuale della Montreal giovane.


Un film scintillante, coloratissimo, fotografato con perizia, insomma puro godimento audiovisivo. Dolan ama sospendere i movimenti, concentrarsi su gesti plastici e scultorei (mentre Nicolas balla si vedono fugaci frames che ritraggono il David di Michelangelo), tirare fuori vere e proprie foto artistiche dalla realtà in movimento. Proprio per questo la realtà va fotografata, condensata in gesti essenziali e il film è essenzialmente questo: una foto in posa ma, come tutte le foto in posa, l’imprevisto è in agguato e quindi vediamo questa altrimenti patinata realtà incrinarsi e lasciare trasparire piccole e grandi nevrosi, insoddisfazioni, infantilismi.


Dolan è un fotografo più bravo di quanto voglia far credere. Coglie tutte le sfumature cromatiche sia del paesaggio cittadino che dell’animo umano. Cattura alla perfezione la sensualità di questo o quel gesto e le piccole grandi fragilità che ci gonfiano il cuore di lacrime, conosce l’alchimia bizzarra dei colori, delle forme e degli sguardi, coglie con maestria giochi di luce e accordi segreti fra suoni e geometrie. Ma la sua visione non è soltanto estetizzante: i dettagli che racconta e fotografa sono anche privati, forse imbarazzanti, dettagli di cui ci potremmo vergognare noi stessi dato che sono così comuni e, soprattutto, umani. Sì, ed è l’umanità il punto forte di Dolan: i suoi film sono personali, raccontano perché ci raccontano tutti, nei nostri piccoli drammi personali.


Il suo film si pone come pomo della discordia all'interno del dibattito sulla natura dell'amore tra i vari film romantici (o presunti tali). L’intervento di Dolan è, insomma, sconvolgente: e se l’amore moderno fosse possibile solo come immaginario? Un sogno, una fantasia? Forse l’amore, pieno di orrore per il cinismo moderno, ha deciso di diventare fenomeno puramente mentale e nevrotico, staccandosi e staccando tutto il resto dalla realtà. I protagonisti di Dolan siamo proprio noi: tanto desiderosi di calore umano che siamo disposti a inventarcelo. Ma il quadro non è certo tragico: c’è una sorta di ironia nel ripetersi degli eventi, delle nevrosi, delle musiche che ci risuonano nell’animo. Insomma, abbiamo davanti un autentico maestro, uno stupefacente enfant prodige del cinema. Un Tarantino dei sentimenti, un Wong Kar-Wai più turgido e spirituale, un Almòdovar più essenziale e penetrante. Aspettiamo Xavier Dolan con il tuo terzo, meraviglioso (si spera) parto intellettuale: Laurence Anyways, storia dell’amore impossibile fra una donna e un uomo transgender, attualmente in produzione.


Se ti è piaciuto guarda anche... The Dreamers (2003) di Bernardo Bertolucci, perché è un film molto intellettuale, radical chich e ha nel suo centro giovani e triangoli amorosi. My Blueberry Nights (2007) di Wong Kar Wai, perché è bello, è malinconico, commovente fino all’ultimo fotogramma, chiaro ispiratore di Dolan. A Single Man (2009) di Tom Ford, perché questo film è una corda testa così tanto sull’arco del lirismo che pare spezzarsi in singhiozzi in ogni momento. Splendidi Amori (1999) di Gregg Araki, perchè è un altro ménage à trois, sempre ispirato, sempre lirico e soprattutto il film più accessibile di tutta la filmografia di Araki, solitamente regista astruso e volutamente lambiccato. Jules e Jim (1962) di François Truffaut, perché è un film a cui gli Amours devono molto in termini di stile e contenuti, e anche perché Truffaut è un autore meraviglioso.


Scena cultIl geniale epilogo, autentico sugo di tutta la storia. Perfetta chiusura ad anello che gioca sull'ironia, la malinconia, l'allegria malinconica che sta alla base del lavoro di Dolan.

Canzone cult – Scelta scontata: il Bang Bang di Dalida che ricorre come leitmotiv a evocare quella sorta di speranza ridente e malinconica a un tempo che domina nel cuore di ogni innamorato "immaginario".

2 commenti:

  1. anch'io avevo trovato deludente il suo primo film e splendido questo.
    ora non ci resta che aspettare la sua opera terza...

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    Risposte
    1. Dalle foto teaser dal backstage pare bello. Però mi chiedo se la storia possa permettergli di lavorare sul lato lirico della faccenda. Speriamo che riesca a inventarsi qualcosa di über-cool come gli Amours!

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