mercoledì 27 marzo 2013

HITCHCOCK (2012), Sacha Gervasi


USA, 2012
Regia: Sacha Gervasi
Cast: Anthony Hopkins, Helen Mirren, Toni Collette, Scarlett Johansson, Jessica Biel, Danny Houston, Michael Wincott, James D’Arcy
Sceneggiatura: John J. McLaughlin


Trama (im)modesta – 1960. Alfred Hitchcock, reduce del grandissimo successo di Intrigo Internazionale, desidera girare un nuovo film ma si sente mancare l’ispirazione, intrappolato com’è fra le grette aspettative dei produttori della Paramount e le cataratte della censura. Come se non bastasse, proprio in questo periodo è in crisi il rapporto con la amatissima moglie, Alma, che, stanca di vivere nell’ombra dell’imponente marito (in tutti i sensi), ha deciso di dedicarsi alla stesura di uno script tutto suo insieme a uno sceneggiatore marpione amico di famiglia. Il grande Hitchcock decide di trasformare in un film lo Psycho di Robert Bloch, ispirato ai foschi e sanguinari casi di Ed Gein, il macellaio di Plainfield. Osteggiato dai produttori e dai critici, il maestro del brivido decide di autoprodurre il film e girarlo a suo modo ma, per farlo, dovrà ipotecare la sua ciclopica magione hollywoodiana e rischiare matrimonio, carriera e reputazione.


La mia (im)modesta opinione – Ci sono dei film che fanno la storia della propria arte, che la esaltano in tutti i modi possibili, spingendone i limiti fino a estremi impensabili; ci sono poi film che alla propria arte alzano un canto d’amore – un amore che può essere disperato, malinconico, appassionato. L’Hitchcock di Sacha Gervasi rappresenta questo secondo caso: Alfred Hitchcock è stato  uno dei grandissimi del cinema internazionale, ha rivoluzionato con la sua inventiva generi interi, ha portato la sperimentazione cinematografica a livelli che ancora oggi sbalordiscono (la carrellata de La donna che visse due volte è una lezione di cinema mozzafiato che dura appena pochi secondi) ma soprattutto ha inciso nel nostro immaginario come pochi sono riusciti a fare. E se è vero che ora la lezione del grande Hitchcock giace in parte dimenticata da un pubblico tragicamente ingrato, va sempre detto che quello che lui ha dato al cinema è valido ancora oggi.


Il film della Gervasi è una delle commedie più geniali dell’anno passato (sebbene in Italia uscirà solo all’inizio di Aprile) e si dimostra capace di mescolare alla perfezione il character drama, la lezione di storia del cinema, il biopic e tutta l’ironia che contraddistingueva il regista londinese – ironia che appare fin dai titoli di testa con un Hitchcock che apre la pellicola a lui dedicata con un acidissimo apologo della morte “che vende”. La pellicola cambia poi registro e si preoccupa contemporaneamente di rappresentare il making of della pellicola che terrorizzò l’America e di definire il complesso personaggio di Hitchcock, evitando (grazie a Dio!) inutili drammatizzazioni e attenendosi al realismo più autentico. Dunque niente melodramma, ma solo assoluta eleganza, specialmente da parte di tutti gli interpreti. Unico difetto: sono pochissimo approfonditi i personaggi della Johansson e di D’Arcy.


Sir Anthony Hopkins fornisce la sua miglior performance dai tempi di Titus (ossia la migliore interpretazione di questo decennio della sua carriera), gigionissimo e beffardo, rinuncia al suo sguardo di ghiaccio in favore di più realistiche lenti a contatto marroni, e si fa ingrassare di chili e chili. Il suo Alfred Hitchcock è un uomo dall’impeccabile aplomb inglese ma incredibilmente fragile e nevrotico. Le sue manie e i suoi vizietti (il voyeurismo, l’ossessione sue attrici-feticcio, il bere, i cibi costosi) lo fanno sentire in parte colpevole ed è interessante l’idea, suggerita dal film, che il cinema di Hitchcock fosse in parte la sublimazione di questi difetti. Umanissimo è in questo senso il film che ha la geniale idea di raffigurare in sogno il regista che parla con il serial killer Ed Gein, rappresentazione ideale del suo lato più oscuro e nascosto.


In conclusione, Gervasi firma una pellicola di valore altissimo, dichiarazione d’amore all’arte del cinema, e la ambienta in atmosfere irresistibilmente sixties con una fotografia sgargiante e luminosa e un’ironia sottilissima, indispensabile strumento del cinema che parla di cinema. E fa piacere vedere come Hollywood, in questo periodo, stia guardando con serena nostalgia al passato, omaggiandolo, ma anche riflettendo sui suoi problemi e sulle sue mancanze. Altro film che ripercorre le stesse tracce di Hitchcock è quell’Argo di Ben Affleck che ha trionfato agli Oscar di quest’anno con le sue riflessioni larvate sul rapporto realtà/finzione e le sue atmosfere piacevolmente retrò. Hitchcock è dunque un film assolutamente imperdibile, un gemello quasi di Argo, declinato però alla commedia, laddove il film di Affleck eccedeva in dramma e tensione. Assolutamente imperdibile.


Se ti è piaciuto guarda anche... – Ovviamente i film hitchcockiani citati nella pellicola: prima di tutto Psycho (1960) e poi Nodo alla gola (1948), Intrigo internazionale (1959) e Gli uccelli (1963). Per film che invece dichiarano amore al cinema abbiamo il già citato Argo (2012) di Ben Affleck, il capolavoro Effetto notte (1973) di François Truffaut, il divertente Tropic Thunder (2008) di Ben Stiller, Gli abbracci spezzati (2009) di Pedro Almòdovar, il grande Stardust memories (1980) di Woody Allen e il tragicamente sottovalutato L’ombra del vampiro (2000) di E. Elias Merhige. Rincariamo la dose con Bowfinger (1999) di Frank Oz, il Demoni e dei (1998) di Bill Condon e il grandissimo Ed Wood (1994) di Tim Burton.


Scena cult – Oltre ai folgoranti incipit ed explicit (non so quale sia il più geniale), Hitchcock che ascolta le urla degli spettatori durante la famosissima scena della doccia di Psycho.

Canzone cult – Un cult non può che essere la sigla di Alfred Hitchcock presenta che apre e chiude la pellicola con sapiente ironia.

4 commenti:

  1. Sembra una visione che vedrò, peccato per la Biel e la Scarlett (le più odiose e nello stesso film), una commedia non fa mai male :)

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    1. La Biel forse, ma la Scarlett non mi pare troppo odiosa. La commedia guardala: ne vale la pena.

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  2. mi è piaciuto e mi ha fatto venire voglia di approfondire la visione dei film di hitchcock.
    registicamente però non mi ha impressionato molto. gervasi non regge il confronto con hitch. d'altra parte era impossibile eheh :)

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    1. Be' la regia di Gervasi è sobria, elegante ma molto sostenuta. In fondo non è un film d'arte. A Hopkins una nomination potevano pure darla, però.

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