USA, 2010
Regia: Andrew
Jarecki
Cast: Ryan
Gosling, Kirsten Dunst, Frank Langella, Lily Rabe, Philip Baker Hall
Sceneggiatura: Marcus Hinchey, Marc Smerling
Trama (im)modesta – Un attempato David Marks, erede
dell’impero immobiliare Marks, è in tribunale, seduto al banco dei testimoni.
Gli si chiede di rievocare la misteriosa storia che lega insieme la scomparsa
di sua moglie Katie, avvenuta nel lontano 1982, e il ritrovamento di un
cadavere, riemerso dalle acque di un lago. Le vicende dei coniugi Marks sono
quanto mai torbide e affondano le loro radici nel sinistro suicidio della madre
di David e nei poco limpidi “affari di famiglia” dell’impero immobiliare di
casa Marks. Se poi a questo si aggiungono una romanziera solitaria e una bionda
e ambigua sordomuta il caso sembra proprio insolubile…
La mia (im)modesta opinione – È stato un vero peccato che
questo ottimo All Good Things sia stato salutato dalla critica ufficiale e
dall’intellighenzia della blogosfera con un sorriso storto, piegato da una
certa delusione. In fondo era naturale. Moltissimi, alla sua uscita, si
aspettavano un thriller hitchcockiano o comunque una di quelle storie torbide
in stile James Ellroy ma si sbagliavano. Solo guardando il film senza
aspettative se ne può cogliere la vera essenza. All Good Things non è un
thriller propriamente detto, non è un dramma borghese a tinte fosche, non è un
poliziesco di genere. Sì, è vero, di tutti i generi da me citati All Good
Things mantiene l’impianto: c’è lo sfondo legale, le ambientazioni noir, il
tetro dramma familiare, i segreti che tornano a galla insieme ai resti dei
corpi umani, c’è anche l’eleganza, tipica di Hitchcock, per l’analisi
“esteriore” della psicologia, ovvero quell’analisi che fa trasparire le
dinamiche dell’inconscio dal comportamento esteriore, pubblico dei
protagonisti.
È vero, All Good Things è un film alquanto criptico,
all’apparenza un thriller senza la tensione ma l’assenza di tensione non è
tanto la spia di una manchevolezza nella trama, ma la naturale componente del
dramma che è messo in scena. La tensione, infatti, è propedeutica a un colpo di
scena, a uno sfogo improvviso che ci fa sobbalzare sulla nostra poltrona.
Quello della tensione è, diciamolo pure, un trucchetto efficace ma che,
artisticamente parlando, ha fatto il suo tempo. All Good Things, per fortuna,
prende una strada diversa, rifugge lo sporco giochetto della suspance per
presentarci un affresco ambiguo, sibillino che ci mostra a tratti degli spazi
di verità ma non ci dice nulla, ci lascia nel dubbio. Il risultato è una storia
“nera” di altissima eleganza, incredibile misura e levigata grazia tutta
poggiante sulla mostruosità che agita sotterraneamente la figura massiccia e
robusta del meraviglioso Ryan Gosling, un attore che riesce solo a superare
sempre se stesso.
La rievocazione degli affatto limpidi fatti concernenti la
scomparsa della bella Katie Marks è vista con distacco, freddezza, con un
atteggiamento che definirei giornalistico. Il film raccoglie dettagli
all’apparenza insignificanti (la luce blu che illumina la finestra della
cantina, la bandana insanguinata) per darci tutti gli elementi che ha a
disposizione per aiutarci a orientarci dentro il mistero di casa Marks (in
questo senso il film è molto onesto), purtroppo però c’è sempre qualche
incognita: cosa ha visto Sanford Marks nel bagagliaio dell’auto? Quale era
l’esatta natura del rapporto fra Malvern e David? Katie è davvero scomparsa? E
che ruolo aveva la scrittrice Deborah Lehrman? Cosa e quanto sapeva? Il mistero
si mantiene ed è anche questa la forza del film. Il rifiuto di risolvere i
quesiti posti durante tutta la durata della storia, impedisce la creazione di
finali imbarazzanti, colpi di scena forzati, sequenze in stile Wes Craven di inseguimenti
in casa, excursus violenti. Insomma All Good Things trova la sua forza proprio
in questa politica di astensione.
Ma solo perché quelli che molti hanno scambiato per difetti
erano pregi, non vuol dire che il film di Jarecki sia senza macchia alcuna. La
regia si lascia andare a lacunosità apparenti (la storia della bandana, è un
dettaglio su cui non si fa affatto caso) e il caro vecchio Frank Langella è
l’unica nota dissonante della pellicola, troppo poco convinto del suo ruolo,
anzi direi alquanto spaesato, eccessivamente assorto. La sua è l’unica
performance non propriamente credibile mentre nonostante la bella recitazione,
appare un po’ tenue il personaggio di Katie, interpretato da una stupenda
Kirsten Dunst, che però ha la scritta “vittima” stampata sulla fronte sin dalla
prima inquadratura e dunque diventa solo la pedina di un gioco giocato dal
grandissimo Gosling, personaggio che forse è un lontanissimo cugino del Norman
Bates di Psycho e che, col beneplacito di moltissimi cinefili, non ha nulla a
che fare col Patrick Bateman di American Psycho. Un gran bel film, in sostanza,
ben recitato, ottimamente scritto e illuminato da una fotografia livida e
lattiginosa. Riguardatelo!
Se ti è piaciuto guarda anche... – Per le storie di cronaca
nera e di foschi “segreti di famiglia” consiglio l’imperfetto ma efficace noir
The Black Dahlia (2006) di Brian De Palma, il validissimo Hollywoodland (2006)
di Allen Coulter e lo stupendo Gone Baby Gone (2007) di Ben Affleck. Riesumiamo
anche il bello Mystic River (2003) di Clint Eastwood, il manchevole ma
accettabile Shutter Island (2010) di Martin Scorsese, il sottovalutato 8MM
(1999) di Joel Schumacher e il premio Oscar Il segreto dei suoi occhi (2009) di
Juan José Campanella.
Scena cult – Oltre a tutte le vicende finali, che includono
il personaggio di Malvern Bump, l'inquietante, dolentissima scena dell’aborto.
Canzone cult – In mezzo alla giungla musicale anni ‘70/’80
che nel film sta bene ma che io sopporto poco si salva solo la Do It Again
degli Steely Dan.
Concordo in pieno.
RispondiEliminaJarecki, secondo me, ha fatto un gran lavoro, pur se non perfetto.
Anche io mi ero sentito una voce fuori dal coro rispetto all'opinione comune della blogosfera.
per me un'enorme delusione. non perché non venga data risposta ai quesiti, ma proprio perché secondo me il film nella seconda parte scivola proprio nei binari consueti e prevedibili del thriller, evitati nella prima parte.
RispondiEliminaInvece io ho trovato la risoluzione originale. Mi aspettavo un finale in stile 'inseguimento in casa'. Quello sarebbe stato banale.
EliminaAnche a me è piaciuto abbastanza, quindi in fondo non siamo pochissimi ad averlo apprezzato;)
RispondiEliminada come ne parli sembra interessante, cercherò di guardarlo, complimenti per il blog mi sono messa tra i tuoi sostenitori, anch'io ho un blog di recensioni se vuoi ti aspetto http://lafabricadeisogni.blogspot.it ciao verrò spesso a trovarti :)
RispondiEliminaCon piacere estremo, mi trovi già fra i sostenitori del tuo blog! :D
Eliminagrazie , mi piace tantissimo ^_^ film recuperato, presto lo vedrò e saprò dare un mio parere, Ryan Gosling lo reputo un attore molto bravo, da quando l'ho visto in due film il primo è quello con Julianne Moore e Steve Carrell, e il secondo è Drive l'hai recensito vero? :)
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