Regno Unito, Irlanda,
2009
Regia: Jordan Scott
Cast: Eva Green, Juno Temple, María Valverde, Imogen Poots,
Ellie Nunn
Sceneggiatura: Jordan Scott, Ben Court, Caroline Ip
Trama (im)modesta – Stanley Island, Inghilterra, 1934. Di è
il membro più promettente della squadra di nuoto della scuola, una squadra
composta da varie ragazzine capitanate dalla maliarda Miss G. (una Eva Green
che, questa volta, m’ha fatto davvero innamorare). Un giorno arriva nella
scuola una bella aristocratica spagnola, Fiamma, che col suo fascino mondano si
attira l’ammirazione e l’invidia di tutte le ragazze della squadra. La tensione
cresce ancora di più quando l’affascinante Miss G. comincia a nutrire una
insana affezione nei suoi confronti. E la crosta di ghiaccio sottile su cui
camminano tutte le protagoniste farà presto a incrinarsi, mostrando quanto sia
nero il cuore dell’animo umano.
La mia (im)modesta opinione – Cracks è un film strano, a suo
modo; fascinoso come pochi, tutto olezzante di segreto e di mistero, completamente costruito su doppi sensi, allusioni e fraintendimenti, nulla viene mai detto ad alta voce, tutto sussurrato, comunicato attraverso gesti e sguardi distratti. Ambientate
sullo sfondo di una brumosa e molle isola inglese, le sue scene risuonano di
musiche pervasive e avvolgenti che restituiscono come l’impressione di un
ammorbante senso di segreto e mistero il cui significato autentico, allo spettatore, è precluso per tutta
la durata del film. La pellicola, come si intuisce chiaramente fin dall’inizio
della storia, è tutta una sovrastruttura cristallina che copre col suo
scintillio e la sua levigatezza tutto un cuore di acque torbide e scure, che
tanto somigliano alle opache e nerastre acque marine in cui le giovani
protagoniste si tuffano. Motore del vortice che sconvolgerà la quiete oleosa di
questo mare così tetro è la Fiamma Coronna di Marìa Valverde, in pratica
l’unico personaggio genuino e sincero della pellicola, che sarà vittima delle
doppiezze innocenti delle ragazze sue compagne e di quelle molto meno candide
della splendida Miss G.
Ma prima di parlare della grande stella di questo film
(ovvero la superba Eva Green, che si sta avvicinando sempre di più al gotha dei
miei attori di culto) bisogna descrivere bene il contesto in cui le vicende si
svolgono. La Stanley Island su cui galleggiano le vicende delle protagoniste di
Cracks è un posto certamente concreto, mai sfumato nel sogno, eppure nella sua
concretezza è un luogo immaginario, isolato, un improbabile teatro in cui i
protagonisti sentono il bisogno di straniarsi, di lambiccarsi in sogni
impalpabili. Da qui il tono cerebrale e direi quasi acquatico del film, sottolineato anche da una fotografia plumbea, piovigginosa, quasi acquitrinosa. Dove c’è la possibilità di una situazione idilliaca o luminosa, la regia
preferisce virare tutto al nero. Non che in Cracks manchi la luce, anzi, ma la
luce, quando c’è, è smorta, caliginosa, offuscata. Stanley Island è un mascheramento
dell’Inferno in Terra perché una volta arrivati non la si può lasciare e, come
i castelli incantati delle favole, è un luogo che piega il desiderio,
intorpidisce la volontà e muffisce il pensiero.
Se la bellezza vampiresca e acquatica della Green ruba i
riflettori a tutti quanti, non bisogna sottovalutare le performances delle
altre due attrici principali: la stupenda Juno Temple e la di poco inferiore
Marìa Valverde. Non che il film sia privo di difetto alcuno, anzi, un altro
regista avrebbe dato un apporto più onirico-psicologico alla vicenda usufruendo
anche di mezzi tecnici ed espedienti artistici più efficaci ma, alla fin fine,
il film della Scott (che è la figlia del più famoso Ridley) è più che
accettabile come esordio alla regia di una figlia d’arte e anche se di tanto in
tanto si presenta un po’ disorganizzato e inorganico l’elegante script e la
convinta performance di Eva Green lo fanno tirare avanti più che
dignitosamente. Un film, dunque, lento e affascinante, non esente da macchie,
certo, ma certamente degno di una visione (che sia una, però!) anche di
striscio.
Se ti è piaciuto guarda anche... – Per ammirare Eva Green in
tutta la sua bellezza e potenza attoriale in un film altrettanto bello e
potente nulla è meglio dello stupendo Womb (2010) di Benedek Fliegauf, vera rêverie
acquatica e filosofica. Per le insane passioni di esimi dottori e insegnanti ci
sono il grande classico crepuscolare Morte a Venezia (1971) di Luchino Visconti
e il meraviglioso La Pianista (2001) di Michael Haneke e il magistrale Diario
di uno Scandalo (2006) di Richard Eyre. E, per concludere, l’esplorazione di
una psiche attraverso le “crepe” della normalità: Il Cigno Nero (2010) di Darren
Aronofsky.
Scena cult – Due su tutte: il banchetto di mezzanotte nel
dormitorio delle ragazze, autentico momento di estasi pagana, e la culminazione
del dramma della storia (una scena che non descrivo, per non rovinare il film a
nessuno) dove Eva Green pare diventare un’autentica nosferatu.
Canzone cult – Tutta musica di violini e due sole canzoni
retrò. Ne cito solo una, Puttin’ on the Ritz, cantata da Fred Astaire,
protagonista anche di una famosissima scena del mio amato Frankenstein Jr. (1974)
di Mel Brooks.
Ah, ecco, tu l'hai visto. Perché non lo conosce nessuno. Io, in piena fase "cotta per Eva Green", l'ho recuperato oggi e l'ho trovato veramente affascinante. Lei stupendissima. Solo lei poteva interpretare un ruolo simile: seducente e intensa. Wow.
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