lunedì 21 maggio 2012

DESCENT (2007), Talia Lugacy


USA, 2007
Regia: Talia Lugacy
Cast: Rosario Dawson, Chad Faust, Marcus Patrick, Tracie Thoms,
Sceneggiatura: Talia Lugacy, Brian Priest


Trama (im)modesta – Maya (Dawson) è dottoranda in un’università americana. È la classica ragazza per bene, dimessa, gentile e poco propensa a dare confidenza agli altri. Una sera, durante una festa, incontra Jared (Chad Faust), che la invita ad un appuntamento. La sera stessa dell’appuntamento, arrivati a casa di lui, Jared la violenta, vedendo che lei resiste alle sue avances. Maya esce dapprima distrutta da questa esperienza, ma dopo un iniziale periodo di depressione comincia a esorcizzare i propri demoni tramite sesso sfrenato, droghe e alcol. È in una discoteca che incontra il muscoloso e iperviolento Adrian (Marcus Patrick) con cui intreccia una relazione. A distanza di un anno dallo stupro, Maya inviterà a casa propria Jared ma la ragazza ha una cura medievale da somministrare al suo aguzzino.


La mia (im)modesta opinione – Mi è sempre piaciuto il genere rape-and-revenge. I film di questo genere esaltano sempre perché richiamano all’ancestrale, ferocissimo senso di giustizia dell’essere umano primitivo che vive in ognuno di noi. «Occhio per occhio, dente per dente».  Il punto principale, il più grande problema dello stupro è che è uno di quegli atti di violenza che lasciano l’autore inconsapevole del male che ha causato. Un male straziante e intimissimo, un infamante marchio di Caino che perseguita ingiustamente la vittima, un cancro spirituale. La vittima dello stupro non ha meritato in nessun modo il suo destino: così sconta la propria bellezza. È dunque giusto che, almeno nei film, gli stupratori (i criminali più odiosi) subiscano, anche in maniera fittizia, la pena che si meritano: essere stuprati.


Altri film avrebbero trasformato la trama a tinte forti del rape-and-revenge in un catalizzatore mediatico, premendo sulla leva dello scandaloso e del violento. Ma, per nostra fortuna, Descent decide di essere più intelligente di così e si assume il compito di mappare lo spirito e il comportamento di una delle tante vittime di uno dei tanti anonimi stupri che si consumano ogni giorno e ogni notte in tutto il mondo. Maya sembra prima implodere in uno stato di nerissima depressione, poi torna normale, si dedica ad alcol e droghe e, alla fine, la pressione emotiva trasforma il suo cuore in un gelido e taglientissimo diamante, i cui spigoli sono affilati come rasoi. Ecco che arriva la vendetta. Da agnello sacrificale a sanguinaria Eumenide.


Ho detto che il film ha stile. La violenza che mette in scena è terribile, certo, la regia evita con umiltà ogni sensazionalismo e abbassa a zero il tasto della graficità. Lo stupro di Maya è visto con occhio attonito, quasi stolido davanti a una brutalità silenziosa e spaventosamente discreta. Rosario Dawson gestisce la propria parte alla perfezione. Maya è perfetta, stupendamente incarnata, tremendamente ferita e umiliata. Il suo aguzzino è non tanto violento o manesco, quanto prepotente e disgustoso in quel suo stupro senza sforzo, in quel piacere che prova senza rendersi conto dei pugnali conficcati nello spirito della sua vittima.


Dopo lo stupro il film procede lentamente, con simulato languore, gustandosi l’attesa e non risparmiandosi qualche citazione colta (il lungo piano sequenza che segue Jared camminare per i corridoi dell’università, con sottofondo di malinconica musica di pianoforte è un chiaro richiamo a Elephant di Gus Van Sant). Poi avviene l’impensabile. La vittima vuole rivedere il carnefice. Non subodoriamo la vendetta, all’inizio. Descent è un film metamorfico: diventa romantico, poi drammatico e, infine, si rivela per il suo essere un durissimo rape-and-revenge. Jared è nudo, legato ad un letto e subirà il più meritato supplizio per uno stupratore: lo stupro stesso.


La sequenza della vendetta è lunga ma non esaspera. Ancora una volta, la graficità è ridotta a zero, per quanto possibile. Plauso a Chad Faust: la scena della vendetta deve essere stata difficile da digerire (l’attore era veramente nudo durante l’intera durata della scena). Giustizia fatta, il film si conclude con un lungo, potentissimo primo piano di Rosario Dawson che piange: la vendetta non le ha portato la pace. È raro vedere tante e tali sfumature in un film di questo genere: la regia di Talia Lugacy è perfetta, nel suo irresistibile algore, aiutata dalle interpretazioni stupende (anche se le controparti maschili non sono sempre all’altezza della Dawson) e da uno script ben congegnato.


Inutile dirlo, Descent è un piccolo, consigliatissimo film. Non lascia particolari segni nella memoria, ma forse questo è un bene. Ma nella folta foresta di rape-and-revenge (sia vecchi che recenti), questo film sembra un fiore delicato circondato da grossi e pesanti tronchi che ripetono all’infinito la stessa figura. Non è una pellicola perfetta, non è esente da errori o farragini ma conquista. La vendetta, del resto, ha sempre avuto un sapore dolce.


Se ti è piaciuto guarda anche... – I grandi classici del rape-and-revenge sono il durissimo e misurato Sotto Accusa (1988) di Jonathan Kaplan, che risolve la vendetta nell’appello a un sistema giudiziario indifferente, e il più scatenato ed esplosivo Non violentate Jennifer (1978) di Meir Zarchi, archetipo ideale e ferocissimo del genere. Altre chicche sono Uomini che odiano le donne (2009) di Niels Arden Oplev, che consigliamo di preferire rispetto al tremendo remake americano di David Fincher; i grandissimi classici L’ultima casa a sinistra (1972) di Wes Craven e Thriller (1974) di Alex Fridolinski; l’esemplare d’autore La fontana della vergine (1960) di Ingmar Bergman e il più recente e tamarro Run, Bitch, Run (2009) di Joseph Guzman.


Scena cult – Ovviamente i venti minuti finali: la machiavellica e feroce vendetta di Maya.

Canzone cult – La colonna sonora del film è un vero amalgama di brani musicali. I miei preferiti sono stati il You and I del mitico Jeff Buckley e il quarto movimento della Sonata n. 20 in La maggiore D959 di Schubert, usato come sottofondo per il piano sequenza di Jared all’università.

 

2 commenti:

  1. non ero a conoscenza dell'esistenza di un genere rape-and-revenge... :D

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  2. Non è mai troppo tardi per scoprirlo. Magari non tutti i film sono brillanti ma il genere è uno dei più appaganti che ci sia. Non che manchino le gran ciofeche, però si mantiene bello fresco!

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