venerdì 4 maggio 2012

DOUCHES FROIDES (2005), Antony Cordier


Francia, 2005
Regia: Antony Cordier
Cast: Johan Libéreau, Salomé Stévenin, Pierre Perrier, Florence Thomassin, Jean-Philippe Écoffey
Sceneggiatura: Antony Cordier, Julie Peyr


Trama (im)modesta – Mikael (Libéreau) è un ragazzo di estrazione sociale assai modesta, uno studente mediocre che solo nel judo e tra le braccia della sua ragazza, Vanessa (Salomé Stévenin, un nome un programma!), trova conforto. Un giorno conosce Clément (Perrier), ricco e intelligente, con cui diventa subito amico. Un giorno, però, scatta qualcosa e i tre si trovano coinvolti in un torrido ménage à trois. Mentre Vanessa e Clément sembrano affascinati dalla nuova situazione, Mikael pare sempre più confuso. La complicata situazione porterà Mikael a crescere e diventare una persona nuova.


 La mia (im)modesta esperienza – La regola è sempre una: quando il film non colpisce abbastanza, lo scandalo è sempre d’aiuto. Douches Froides non si distacca troppo da tutti i film che usano questo espediente, espediente, peraltro, piuttosto in voga nell’ambito del cinema francese che, quanto a film scabrosi e graficamente spinti, non si è mai risparmiato nulla. Pensiamo per esempio a L’età irrequieta di Bruno Dumont che metteva in scena una penetrazione non simulata o a Irréversible di Gaspar Noé, film che, per recuperare credibilità, mette in mostra violenze o atti sessuali estremamente realistici.


La pietra dello scandalo, in Douches Froides, è causata da un paio di scene di nudo frontale a cui si sono prestati gli attori principali del film, al tempo molto giovani ma comunque maggiorenni. Potevano queste scene essere tagliate? Non ho l’autorità di giudicare, ma dirò solo che, quanto alla narrazione, non ne era sufficiente almeno una (ovvero quella dopo il primo ménage à trois) e che comunque il film mette in mostra un erotismo abbastanza spigliato fin dai suoi inizi. La presenza dell’eros o comunque di tensione sessuale è assai presente nella pellicola: nell’indugiare della telecamera sui corpi nudi, nel mostrare audacemente nudità o anche solo nel parlare di sessualità. Lo stesso film inizia con Vanessa che interpreta una poesia dal punto di vista dell’erotismo.


Ed è Vanessa il personaggio su cui voglio far concentrare la mia lente. Un personaggio affascinante, profondamente francese, cugina alla lontana della Carmen del Bizet, della Salomé di Wilde e Moreau, della Matilda de Il Monaco di Lewis e sorellastra della Lolita di Nabokov (e Kubrick). La figura di Vanessa è assai interessante per il suo sviluppo: inizia come normale ragazza, a un certo punto diventa una sensuale e gelida diabolique assetata di sesso e crudeltà e infine torna alla normalità, forse dopo essere tornata alla ragione dopo il suo exploit sessuale.


Il film, però, non arriva al punto perché, anche se suggerisce una larvata idea di società in cui la sessualità è repressa e non ben canalizzata, la regia risulta fiacca, le interpretazioni mosce (molti attori non capiscono che il talento va al di là di quanto ci si spogli davanti alla telecamera), la sceneggiatura troppo lenta e vaga. Pregio del film, comunque, è quello di saper rendere bene emozioni e sentimenti e saper toccare i tasti giusti quando si vuole raccontare di sesso ed eros, ma tutto questo non basta perché un regista deve anche saper narrare e non solo esporre una data situazione o un dato sentimento senza inserirle in un contesto chiaro e definito.


Se ti è piaciuto guarda anche... – Il più famoso (e scandaloso) ménage à trois giovane della storia del cinema è indubbiamente quello del The Dreamers (2003) di Bernardo Bertolucci con i miei attori culto Louis Garrel e Michael Pitt. Altra storia di amore adolescenziale che fa crescere e sperimentare la vita è quello fra Michael e Anna nel The Reader (2008) di Stephen Daldry. Per un altro rapporto a tre problematico c’è anche l'inglese Cherrybomb (2009) di Lisa Barros D’sa e Glenn Leyburn e lo Splendor (1999) di Gregg Araki.


Scena cult – Sicuramente la scena di sesso a tre nella palestra. La regia ha saputo calcolare alla perfezione l’erotismo innocente, la larvata perversione, la passione di due dei partecipanti e la perplessità del terzo.

Canzone cult – La soundtrack del film ha canzoni di Julie Delpy e Galt McDermot, ma la mia preferita è la gelida Central Park di Audrey Lavergne, fredda e poetica condensazione di tutti i significati del film.

2 commenti:

  1. il cinema francese negli ultimi tempi sta offrendo grandi cose però questo, boh, non mi attira più di tanto e dalla tua recensione mi sembra di capire che non sia poi così fondamentale...

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  2. No, affatto. In effetti, è un film abbastanza noioso. Giusto qualche guizzo qui e lì ma niente di poi così fondamentale. A non guardarlo ti risparmi solo tempo, fidati.

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