martedì 26 giugno 2012

SHELTER (2007), Jonah Markowitz


USA, 2007
Regia: Jonah Markowitz
Cast: Trevor Wright, Brad Rowe, Tina Holmes, Jackson Wurth, Ross Thomas
Sceneggiatura: Jonah Markowitz


Trama (im)modesta – Zach è un ragazzo di San Pedro con un sogno infranto nel cassetto (la scuola d’arte che voleva frequentare non lo ha accettato), una famiglia problematica sulle spalle composta da sorella maggiore che gli delega continuamente il compito di occuparsi del figlio Cody e da padre invalido e una vita abbastanza deprimente fatta di lavori in supermercati e cucine di tavole calde e surf occasionale. Quando torna in città Shaun, fratello maggiore del miglior amico di Zach, che lo incoraggia a inseguire i suoi sogni, fra i due si sviluppa una forte amicizia che finisce per sfociare in un rapporto amoroso.


La mia (im)modesta opinione – Cosa mi ha spinto a vedere Shelter? Quando ho iniziato a guardarlo già avevo in mente il classico filmetto a tematica LGTB su un introverso e gracilino sedicenne che scopre le passioni di Sodoma, litiga con i genitori, viene perseguitato dai bulli e trova conforto nell’immancabile (e di solito bellissimo) coetaneo che lo inizia al sesso. Insomma il classico tritume da bildungsroman in salsa omosessuale. Con Shelter ho sbagliato alla grande. Con una sceneggiatura essenziale e semplice, il regista Markowitz imbastisce una storia di rivalsa personale che ha come componente la scoperta dell’omosessualità ma che non fa di questa scoperta una scusa per mettere in scena scenette erotiche fra attori pseudoadolescenti o per parlare di noiosi (e superati sensi di colpa).


Insomma l’approccio maschile alla faccenda dell’omosessualità e il ridimensionamento di tale faccenda da motore tragico (nel senso più deteriore del termine) a catalizzatore della riscoperta di sé fanno solo del bene al film. Altra bella scelta del regista è stata quella di assumere attori né bellissimi ma nemmeno brutti (ho recentemente sviluppato avversione per la fisiognomica lombrosiana in stile Bruno Dumont) e soprattutto eterosessuali che riescono a togliere dai loro personaggi ogni effeminatezza e mollezza di troppo. Insomma Shelter riesce a trattare la questione omosessuale in maniera adulta, consapevole e soprattutto non sensazionalistica cercando la scena pruriginosa, l’addominale scolpito, la scabrosità gratuita.


Oltre dunque a trattare la liaison dangereuse di Zach non come un’esplosione di (dannosa) sessualità repressa ma come un rapporto omosessuale “alla greca” (ovvero un rapporto che trascendeva la semplice lussuria per cementare l’unione civile e sociale fra uomini pari) che diventa il veicolo di una presa di consapevolezza importante perché permette a Zach di stabilire i propri obiettivi nella vita e di uscire dalla trappola di responsabilità e scaricabarile vari impostagli dalla sorella, madre inadempiente e personaggio scocciante ma profondamente umano. È l’umanità, dunque, che ho apprezzato in questo film insieme anche alla sua atipicità: scoperto l’orientamento sessuale di Zach nessuno lo abbandona né è perseguitato da non si sa quale stigma sociale.


Un film fortemente positivo, fortemente reale, umano e sincero. No, non è un grande film, non annuncia né grandi verità, non è impregnato da chissà quale filosofia profonda ma a volte questo è un bene: negli ambienti cinefili, spesso così soffocati dalla presenza di bizzarrie filmiche e gustosi barocchismi, Shelter è un respiro di aria fresca, lontano da ogni intellettualismo ipocrita (dateci il diritto di essere sciocchi: l’autorialità di un film si vede anche dalle piccole cose) costruisce un’operetta che è appunto, come annuncia la stessa parola inglese shelter, un rifugio, un nascondiglio. Perdetevelo se volete: non ne morirete. Ma se volete guardare un film intelligente a cuor (e cervello) leggero, tenetevelo bene a mente.


Se ti è piaciuto guarda anche... – Iniziamo da un film che è brutto, ma che, vedendo, vi farà rendere conto di come un film sull’omosessualità non vada realizzato, dunque il tremendo Sommersturm (2004) di Marco Kreuzpaintner. Passando a qualcosa di più guardabile vi consiglio l’intelligente e piccante Boy Culture (2006) di Q. Allan Brocka, lo stupendo L.I.E. (2001) di Michael Cuesta, il francesissimo Grande École (2004) di Robert Salis, l'esplosivo Ka-Boom (2010) di Gregg Araki e The Mudge Boy (2003) di Michael Burke.


Scena cult – Ahimè nessuna. Lo avevo detto che non era un grande film.

Canzone cult – Profusione di canzonette pseudo-indie, pseudo-californiane, pseudo-surfiste. Nulla di rilevante.

3 commenti:

  1. se non è un grande film, posso anche farne a meno. sebbene ultimamente abbia anche visto tanti film pessimi...
    a proposito del titolo, ti consiglio take shelter: non ricordo se ne hai parlato o meno, però visto che c'è jessica chastain credo tu l'abbia già visto..

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    1. L'avevo scaricato ma era quello sbagliato. Lo sto scaricando adesso fra la tua recensione, la Chastain e il trailer mi sa che è il mio film in assoluto.

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  2. da come ne parli sembra un titolo interessante, e mi ha incuriosita parecchio, lo cercherò ^_^

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