mercoledì 22 agosto 2012

THE DARK KNIGHT RISES (2012), Christopher Nolan


USA, 2012
Regia: Christopher Nolan
Cast: Christian Bale, Tom Hardy, Anne Hathaway, Gary Oldman, Joseph Gordon-Levitt, Michael Caine, Marion Cotillard, Morgan Freeman, Liam Neeson, Juno Temple, Cillian Murphy
Sceneggiatura: Christopher Nolan, Jonathan Nolan


Trama (im)modesta – Sono passati otto, lunghi anni dalla morte di Harvey Dent e dall’arresto del terrorista Joker. Le strade sono libere dai criminali, il procuratore Dent è osannato come un eroe della lotta al crimine e Batman è scomparso, lasciando il posto a un acciaccato e debole Bruce Wayne, ritiratosi nella sua tenebrosa magione preda di vecchie cicatrici e rimorsi antichi. A sconvolgere questo già precario equilibrio arriva Bane, misterioso mercenario mascherato che, tramite poco chiare alleanze con i vertici dell’amministrazione urbana, aiutato da una riluttante ladra ansiosa di cancellare il proprio passato, manda in bancarotta le industrie Wayne e fa dello stesso Batman un povero storpio dalla schiena spezzata, relegato in una misteriosa prigione ai confini del mondo. Nel frattempo Gotham viene isolata dal resto del mondo, Bane indice uno stato di anarchia più assoluto minacciando le autorità americane con un ordigno nucleare che un misterioso cittadino potrebbe fare esplodere. Ma quando le città cadono, gli eroi si risollevano.


La mia (im)modesta opinione – Il troppo stroppia (quasi) sempre. Nel concludere la sua grande trilogia sull’Uomo Pipistrello, Nolan mette in scena uno spettacolo colossale, epico e sontuoso, servendosi di un cast corale che dirige alla perfezione. Il maggior pregio del film è proprio la regia di Nolan, autore ormai canonico che è stato capace di creare un proprio stile abbastanza discreto e anonimo da piacere alle major del cinema hollywoodiano e insieme così personale da essere riconoscibile per gli estimatori dal palato più fine. The Dark Knight Rises, dunque, è un film maestoso, granitico ma che anche ipertrofizzato e elefantiaco come il taurino Bane di Tom Hardy: la stessa impostazione epica (è forse il film dal respiro più epico e collettivo che abbia mai visto) nel suo imporsi in tutta la sua gigantesca potenza dimostra i propri limiti, sia dal lato di verosimiglianza e credibilità della trama, sia dal lato più strettamente narrativo della faccenda: come Inception, questo nuovo film di Nolan è incredibilmente complicato con storie, sottostorie, retrostorie e conoscenze che derivano dai film precedenti. Dunque, per primo consiglio, suggerisco di andarsi a ripescare il primo, bello Batman Begins e il secondo e assai mirabile The Dark Knight, giusto per mettersi in pari con la storia.


Quanto alla storia, nel senso più stretto del termine, possiamo dire che funziona. Funziona bene, non alla grande per via di pecche nel tessuto stesso della narrazione. Queste pecche possono essere distinte in pecche volontarie, che avrebbero potuto essere evitate, e in quelle involontarie, derivate dallo strizzamento di una storia tanto grande nella considerevole (ma relativamente strettina) durata di centosessantacinque minuti. Quanto alle involontarie, le perdono tutte: sono tutti i problemi di narrazione che sorgono all’inizio del film, ovvero un soverchio di eventi e personaggi che arrivano a ondate tanto rapide da farci sentire il terreno slittare sotto i piedi: prima Bane, protagonista di una scena al cardiopalma che, da sola, rompe il naso a tutti i film di Stallone e Van Damme messi insieme, dunque l'arrivo dei nuovi personaggi che, insieme ai vecchi, cominciano ad affollare il palcoscenico del film, poi i trabocchetti della trama thriller, poi ancora l'incursione  della serica Selina Kyle, con i suoi furti di gioielli e impronte digitali, e poi ancora le miriadi di complotti e omicidi e intrighi e combattimenti fino al primo, spettacolare, gigantesco coup de théâtre in cui Bane, in un momento solenne come un'apocalisse, mette sotto un deciso scacco l'intera città dopo aver distrutto uno stadio da football.


Quanto agli errori volontari, mi trovo purtroppo costretto a condannarli con severità, ma la severità benevolente di un ammiratore colpito e disilluso al contempo. Il problema è la faccenda della prigione misteriosa. Ora, parlandoci chiaro, come fa un uomo seppur straordinario come Bruce Wayne, nell’arco di cinque mesi scarsi, non solo a riprendersi senza assistenza medica specializzata da una frattura esposta della schiena ma anche a essere in grado di scalare una scoscesa parete di pozzo (anche se fallisce due volte) che pare uscita dal miglior episodio di Prince of Persia? E, ammesso e non concesso che Bruce Wayne sia allenato e capace, il problema si pone con la prigione stessa. In primo luogo: ma che paese è? In secondo luogo: che prigione è? I detenuti sono praticamente a casa loro, escono ed entrano dalle celle a piacimento, ma non possono uscire dalla prigione eppure la prigione è rifornita. Insomma come sono arrivati lì? Chi è l’uomo dietro la scrivania? Ma, soprattutto, come fa Bruce Wayne, dopo l’evasione, a tornare a Gotham a piedi da un paese che è chiaramente arabo? E come fa ad arrivare dentro la città assediata se nessuno può entrare o uscire e lui è ricercato? Problemi, problemi senza fine né soluzione.


Ma dopo essermi lagnato dei difetti del film (che comunque non finiscono qui) passiamo a incensarne i più numerosi pregi. Inizierei con una sperticata lode a tutto il cast e alla regia di Nolan oltre che allo stupendo script. Quanto al cast, sapevamo che sarebbe stato più che superlativo, ma Nolan lo magnifica con la sua regia dando a ognuno il proprio posto al sole, senza dimenticarne nessuno. Ogni personaggio è stupendamente scritto, ogni soluzione (più o meno) verosimile e sotto i pompatissimi muscoli dell’action movie si nascondono i tendini e le ossa di un thriller dai risvolti meloeroici che contempla sequenze da puro cult commentate sapientemente da Nolan che, invece di far esplodere musiche coinvolgenti, sceglie di opporre sordi silenzi e scampoli di suono sempre, però, accompagnati dal leitmotiv sonoro del film, una specie di tamburo tribale intonato a inno dai detenuti dell’inverosimile prigione, battuto dalle mani dei prigionieri di Blackhill poco prima di essere liberati, suonato dalle percussioni della colonna sonora nei momenti di maggior tensione. E qui si capisce che Batman ha fatto il passo fatidico: da semplice eroe del fumetto a leggenda dei nostri, bui giorni, in una sorta di apoteosi che lo fa assurgere a riluttante eroe dei tempi moderni.


E grande spessore fa assumere alla pellicola anche il messaggio sociale di cui si fa portatrice. Bane sorge dalle fogne, i suoi soldati sono gli umilissimi – quegli umilissimi stritolati a morte dalla crisi economica e dai tiri a dadi dei banchieri avidi e dagli strangolamenti delle costose cravatte dei politici. Bane è l’eroe dei Caini del ventunesimo secolo che occupa una città, Gotham (stanca di questo nome, non si vede che non è altro che una New York da poco svegliata, infreddolita e ancora vessata dai suoi stessi incubi, che simboleggia tutta la civiltà nord-occidentale e i suoi valori distorti?), la getta in uno stato da Rivoluzione Francese con tanto di tribunali popolari, messa a morte dei più ricchi, saccheggi e distruzione e dà corpo, muscoli e maschera (è il caso di dirlo) a tutto un movimento di rabbia che percorre il popolo del villaggio globale sempre più vessato da tasse e bric-à-brac di governi e borse (Occupy Wall Street vi dice qualcosa?). Emblematico diventa allora l’attacco terroristico alla Borsa, le pubbliche impiccagioni di alti manager, le opulente ville dell'altissima borghesia devastate e date alle fiamme, le signore impellicciate trascinate urlanti per i capelli nella polvere delle strade. Bane istituisce l’anarchia – un’anarchia che il V di Alan Moore avrebbe però definito la “società-del-prendi-e-arraffa” – dove non ci sono regole, tutti possono fare ciò che meglio loro garba e qualsivoglia forma d’autorità è scomparsa. Ancora una volta vediamo, dunque, Nolan vivisezionare con il chirurgico algore delle sue inquadrature il corpo marcio e deliquescente del mondo moderno.


Parlando invece dell’allure di leggenda che permea tutto il film, è chiaramente voluto. Già le origini di Bane e la presenza della prigione misteriosa fanno affondare le radici della pellicola nel terreno della favola e della leggenda. Batman è un eroe ormai passato, non necessario, che si è sacrificato anonimamente e si abbandonato a una scomparsa solitaria. Il riportarlo in vita è per Wayne un inutile quanto doloroso requiem, i tempi di inseguimenti spericolati, esplosioni e caccie selvagge sono passati. Questo lo vediamo bene nel film: Batman si mette la divisa più per rappresentare qualcosa che per essere protetto, lavora di giorno, quando combatte soccombe miseramente sotto i colpi di avversari più giovani e forti ma Batman è ancora un eroe capace di gesti eroici, sovrumani. Al confronto con il suo carattere anche la tosta e raffinatissima gatta ladra di Anne Hathaway impallidisce e diventa un’appendice un po’ inutile che però fa la sua figura. Le vere simpatie Nolan le riserva a Joseph Gordon-Levitt che si ritrova, un po’ per caso un po’ per desiderio, sempre sotto i riflettori a dividere il palco con il giustiziere mascherato.


Dunque fra spettacolari e silenziose inquadrature volanti sulla città che esplode, voli fra i grattacieli specchiati del downtown, incredibili attacchi aerei, furti di gioielli, caverne buie e piani machiavellici il film scorre con la stessa regale e prepotente maestà verso l’epica conclusione che Nolan, come in tutti i suoi film, fa criptica e aperta, priva di dolorosi adii ma insaporita dalla commozione di un arrivederci e chiude con forza ed eleganza una delle più potenti trilogie cinematografiche degli ultimi anni, una trilogia che è riuscita a scandagliare così in profondità nella società e nelle sue nevrosi e ossessioni da far sembrare sciocchezze tutti gli altri film di supereroi o presunti tali che sono tanto in rigoglio nelle nostre sale. Eppure con tutto il suo impianto grandioso, questo The Dark Knight Rises è inferiore sia al fratello maggiore, The Dark Knight, sia al fratellastro Inception che riesce a mantenersi credibile anche nelle più audaci contorsioni sci-fi mentre qui ci viene dato il beneficio di un ampio, enorme dubbio sulla forzatura di questa o quella scena. Va però detto che nonostante questi vizi di andamento, il film supera in spettacolosità e potenza i suoi compagni. Da vedere assolutamente. In fondo anche i grandi poemi epici, spesso, hanno passi meno felici.


Se ti è piaciuto guarda anche... – Ovviamente i precedenti film della trilogia Batman Begins (2005) e The Dark Knight (2008) sempre di Christopher Nolan. Sempre del maestro Nolan sono imperdibili The Prestige (2006) e Inception (2010). Per film dal respiro epico abbiamo V per Vendetta (2005) di James McTeigue, l’ormai iconico 300 (2006) di Zack Snyder, il sontuoso ma imperfetto Troy (2004) di Wolfgang Petersen, l’altrettanto zoppicamente ma fascinosoe Le crociate (2005) di Ridley Scott e l’Alexander (2004) di Oliver Stone. Rimpinguano la lista Le cronache di Narnia: Il leone, la strega e l'armadio (2005) di Andrew Adamson e Apocalypto (2006) di Mel Gibson.


Scena cult – Imbarazzo della scelta. Dirò, per somma ed epigramma, la spettacolare sequenza iniziale. Da sola vale molti film cosiddetti d’azione messi insieme.

Canzone cult – Grande colonna sonora. No songs, though. 

7 commenti:

  1. Lo vedrò il 29.
    Non vedo l'ora di capire cosa accadrà quando confronterò l'esperienza con le numerose opinioni anche contrastanti che sto leggendo in giro.

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    1. Dipende dallo spirito con cui lo guarderai. Se vuoi muscoli anabolizzati e testosterone, forse rimarrai interdetto. Questo film è assai più solenne di un film d'azione ma molto più autoriale di un kolossal qualsiasi. Assai particolare.

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  2. Ricambio il complimento, ottima recensione e gran senso critico! sono d'accordo più o meno su tutto..anche se mi sento meno severa verso le indubbie incongruenze della sceneggiatura, che giustamente hai citato. E' interessante in proposito la recensione di Gabriele Niola (sul suo blog o su Bad Taste), che giustifica questi errori in quanto parte integrante del linguaggio, ben poco verosimile, del mito, cui la storia evidentemente aspira. Ciao e alla prossima!

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    1. Ti dirò, avevo pensato allo stesso anche io però poi ho visto una tiratura assai più realistica nelle altre sezioni del film. Questo stride ma non fa nulla. Film ugualmente epico. Continuerò a seguire Delicatessen da vicino!

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  3. Si, d'accordo più o meno su tutto anch'io ;-) Però al contrario, le incongruenze cui fai riferimento tu, io non le considero tali. Voglio dire, "prigione" può assumere diversi significati e questo Nolan lo sa bene, ed è qui che affonda il pedale. Solamente provando la "paura" il salto impossibile sarebbe riuscito. Senza la corda, e con la paura di morire Bruce riconquista la libertà e una possibilità di riscatto. La prigione si rivelerà poi fondamentale anche per la storia di Bane e Miranda...Vabbè, non vado oltre...
    Non ho pensato al luogo nel senso fisico ma a qualcosa che recludesse l'anima ancor prima che il corpo. Per Nolan era importante che Bruce avesse di nuovo paura...poi la libertà e il ritorno a Gotham con tutte le inverosimiglianze del caso, secondo me, fanno parte del "gioco".^_^ Bello il rimando di Sara alla recensione di Niola...;-)

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  4. Assolutamente d'accordo con te riguardo il parallelo con 'Inception': anche questo terzo Batman, infatti, ne riprende fedelmente la struttura: più storie intersecate, più livelli di lettura che poi si congiungono nel finale. Solo che... a mio giudizio, anche in questo film Nolan si preoccupa più della forma che del contenuto: attentissimo alla trama (nonostante i 'buchi' di scenggiatura ormai conclamati. Diciamo che sono... licenze poetiche!) il regista perde un po' di vista il lato emozionale: la pellicola, infatti, 'scalda i cuori' solo nella parte finale, dove i nodi vengono al pettine e lo spettatore si fa coinvolgere. Le due ore precedenti, però, sono abbastanza 'freddine', per quanto perfette: grande accuratezza nei particolari, ma ben poche emozioni salvo la cupezza e il senso di annientamento di fondo.
    Nolan è un regista sopra la media e sa di esserlo, solo che a volte si compiace troppo: e i suoi film (gli ultimi, almeno) danno sempre l'impressione di essere folgoranti 'esercizi di stile'.

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  5. Inception sarà sempre il capolavoro di Nolan, ma questo The Dark Knight Rises l'ho trovato assai superiore ai primi due, noiosissimi episodi.
    Qui ho trovato l'anima, oltre che la forma, mi sono emozionata come non mi è successo guardando gli altri capitoli della trilogia, fermo restando che in tutti i film ci sono attori fantastici!

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