Regno Unito, 2008
Regia: John
Maybury
Cast: Keira
Knightley, Sienna Miller, Matthew Rhys, Cillian Murphy
Sceneggiatura: Sharman Macdonald
Trama (im)modesta – Negli anni turbolenti della Seconda
Guerra Mondiale, Dylan Thomas (il torbido Matthew Rhys) è una sorta di genio
tutelare dello spirito nazionale inglese: protagonista della mondanità
londinese, le sue poesie vengono trasmesse da tutte le radio come propaganda
dell’esercito e della nazione. Thomas è diviso fra l’amore della moglie,
Caitilin (Sienna Miller al suo meglio), e quello dell’antico amore della
giovinezza, la dolce e remissiva Vera (Keira Knightley). Nella loro vita
entrerà il gelido e flemmatico William (Cillian Murphy, a dire il vero un po’
poco a suo agio), generale dell’esercito inglese, che sposa Vera ma che verrà
distrutto dalla gelosia e dal sospetto di una relazione fra lei e il poeta.
La mia (im)modesta opinione – Quello di Dylan Thomas è un
personaggio autenticamente diabolico. Non so se il vero Dylan Thomas sia stato
effettivamente così, ma non si può fare a meno di vedere strane scintille in
fondo agli imperturbabili occhi verdi di Matthew Rhys. Il suo Dylan Thomas non
appare per tutto il film ma la sua presenza è pervasiva, quasi endemica: se ne
sentono le poesie declamate alla radio ma lui parla poco, è al centro di ogni
situazione e conversazione ma latita ai bordi della pellicola, non sembra fare
nulla eppure è il motore di tutta la storia con il suo cuore di poeta
dissimulato sotto un’aria di freddezza e vagheggiata crudeltà. Un uomo, direi
quasi, che è vittima di se stesso, che vuole amare ma i cui sentimenti sono
corrosivi e distruggono tutto ciò che lo circonda: lo stesso fuoco che lo
scalda, brucia tutti gli altri. Tutti lo amano: non fa nulla per essere amato.
Fa muovere tutta la storia: resta immobile. Sembra un eroe: è in preda a se
stesso.
Altre due pedine del gioco: Cat, la moglie, e Vera, la
vecchia fiamma. La Miller e la Knightley sono due sirene e il loro volto deve
aver fatto innamorare il regista che le isola di continuo in stupendi primi
piani che mozzano il fiato. Passionale, sanguigna e sempre in preda a una sorta
di divina mania è la Cat di Sienna Miller, una donna esuberante ma schiacciata
dalla lontananza del marito, sempre perduto nei meandri della sua poesia e del
suo sentimento. Riflessiva, equilibrata e tenerissima è la Vera di Keira
Knightley, innamorata del marito ma anche lei sopraffatta dall’ombra di Dylan
con le sue ambiguità sentimentali, le sue passioni, le sue lontananze. Se Cat è
dilaniata dalla mancanza d’amore che il marito appare dimostrarle (ma lui
l’ama), Vera è sempre onesta e genuina ma su di lei pesa l’ombra del dubbio: il
figlio è suo o del marito? I due hanno davvero avuto una relazione? Qual è la
natura esatta della loro relazione? Non lo sapremo mai. Degli amori infelici di
Dylan Thomas vedremo solo gli effetti, mai le cause.
Ultimo personaggio dell’opera, vittima involontaria della
distruttiva affettività di Dylan è William. Onest’uomo, un po’ freddo e
glaciale ma animato da fortissimi sentimenti. E se Dylan e Vera sono i motori
del dramma (più lui che lei) e gli oggetti dell’eterna contesa e Cat è una
comprimaria, dilaniata dall’amore e dal sospetto, William è la vittima di tutto
il film. Su di lui si accanisce la storia (gli orrori della guerra), si
accanisce la società, si accanisce l’amore. Sopravviverà a tutto. Il caso di
William è quello dell’attore che soffre per la sua parte: nell’economia della
narrazione è un personaggio pressoché vuoto e scialbo (direi inutile, ma
inutile non è), nell’economia della storia in sé, è una pedina mossa da chissà
che volontà. William sa questo e ne soffre, soffre per la sua impotenza, soffre
per la sua freddezza, soffre per la sua vita.
Quello che abbiamo davanti con The Edge of Love è un film
stupendamente musicato, diretto, scritto e interpretato. La fotografia è
qualcosa di magico seppur appaia un po’ troppo patinata in certe scene. Unici
problemi? La mancanza di una trama portante si fa sentire specialmente nella
parte medio-finale e il che causa un paio di sbadigli e, poi, Cillian Murphy.
Cillian Murphy è un attore bravo e fascinoso ma la cui fisionomia un po’
androgina e pazzoide mal si sposa con il ruolo di militare tormentato dagli
orrori vissuti in guerra. Se Matthew Rhys è perfetto nel ruolo di Thomas,
Murphy cerca di fare buon viso a cattivo gioco e ci regala una stupenda
interpretazione ma semplicemente il suo aspetto è troppo poco plausibile.
The Edge of Love mi è parso molto bello, al di là di ciò che
la critica cinematografica “seria” possa dire. Dove loro vedono maniera io vedo
finezza, dove loro vedono prolissità io vedo languore. Le atmosfere sono più o
meno le stesse del feuilleton bellico Black Book ma qui c’è maggiore
raccoglimento, meno adrenalina anche se l’immagine patinata e raffinata deli
anni ’40 è la stessa per entrambi i film. Keira Knightley e Sienna Miller al
loro meglio, bellissime e ammalianti. Bravo al regista John Maybury che sta
attualmente lavorando a una rielaborazione del Macbeth di Shakespeare di nome
Come Like Shadows con Gerard Butler e la divina Tilda Swinton.
Se ti è piaciuto guarda anche... – Per la serie
“Poeti sul grande schermo” segnaliamo Poeti dall’Inferno (1995) di Agnieszka
Hollad, sulla vita di Paul Verlaine e Arthur Rimbaud; Sylvia (2003) di
Christine Jeffs, che con stile ancora un po’ immaturo racconta la vita di
Sylvia Plath; Bright Star (2009) di Jane Campion, sugli amori infelici di John
Keats. Menziono anche il mio odio/amore segreto: il Gothic (1986) di Ken
Russell che, come tutti i film di Russell, mi ha sempre affascinato ma
lasciandomi come una sensazione di pesantezza e dissonanza.
Scena cult – La prima volta che vediamo Caitilin McNamara
arrivare sullo schermo: prima un gioco di ombre nella cabina buia di un treno
poi un primo piano sensuale, stupefacente di Sienna Miller che fuma una
sigaretta. La stella più brillante del film.
Canzone cult – Due: la prima è Maybe It’s Because I Love YouToo Much cantata da una sublime Keira Knightley, pezzo forte della pellicola
più per lo stile che per la canzone in sé, e la seconda è la Careless Love della mia amata Madeleine Peyroux, autentica fusione fra Norah Jones e Billie
Holiday.
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