USA, 2005
Regia: Wes
Craven
Cast:
Rachel McAdams, Cillian Murphy, Brian Cox, Jayma Mays, Kyle Gallner
Sceneggiatura: Carl Ellsworth
Trama (im)modesta – Lisa Reisert (una McAdams gnocca che più
gnocca non si può) è una giovane manager di un lussuoso e importante hotel. Una
sera, in aereoporto, viene avvicinata dal fascinoso Jackson Ripner (un Murphy
inquietante che più inquietante non si può) che dopo averla abbordata le rivela
di essere un terrorista che ha bisogno di lei per far uccidere un importante
politico che alloggia nel suo albergo. Tutto quello che Lisa deve fare è
chiamare l’albergo e fare spostare la camera del politico. Se non lo farà il
socio di Ripner ucciderà suo padre.
La mia (im)modesta opinione – Wes Craven è uno di quei
registi così profondamente insidiati nella cultura pop moderna che prescindere
dalla sua lezione è impossibile. La produzione di Craven è davvero sconfinata:
si va dai super cult come Nightmare e Scream, ai fasti orrifici degli anni ’80
de Il serpente e l’arcobaleno e Le colline hanno gli occhi, si contano grandi
pezzi di storia del cinema horror (come L’ultima casa a sinistra) e grandi
ciofeche dell’horror (come Cursed) e poi ci sono quei filmetti che non ti
aspetteresti mai e che, in un modo o nell’altro, figurano nell’opera di un
regista del genere come La musica nel cuore e, nel nostro caso, Red Eye.
Red Eye non è un grande film: banalmente musicato,
fotografato senza troppo impegno, diretto con la compiaciuta destrezza di un
autore ormai consumato che sa su quale terreno muoversi e quali tasti premere.
Una pellicola, cioè, che si ascrive già nelle sue premesse nel genere
codificato del thriller. Gli stereotipi del genere ci sono tutti: la verginale
eroina, i semi-comici comprimari, le sottotrame di contorno, l’inseguimento
dentro la casa, la lotta con il killer che non muore mai, la polizia che arriva
in ritardo, il finale gaio e felice.
Ma da dove trae la propria forza questo film? Oltre che
dalla già citata bravura di Craven nel narrare storie di questo genere, nei
suoi protagonisti: la sulfurea coppia Murphy/McAdams, due attori affiatatissimi
le cui performances particolari sono superate solo dal duetto di personaggi che
mettono insieme: glaciale e luciferino lui, fragile e animosa lei. Una coppia
insolita eppure profondamente magnetica che ha per volto ora quello bellissimo
e angelicato di Rachel McAdams (che è brava a recitare anche le grandissime
stronze, vedi Midnight in Paris o Mean Girls) ora quello androgino e obliquo di
Cillian Murphy (attore culto mio e, a quanto pare, anche di Christopher Nolan
che l’ha inserito consecutivamente in quattro dei suoi film).
La presenza di questa coppia riesce a dare sangue e linfa
(oltre che i taglienti occhi di Cillian Murphy) ad un thriller tutto sommato
abbastanza semplice e assai prevedibile, che dà solo il piacere di vedere un
regista e un cast perfettamente a proprio agio in una storia già sperimentata
e, dunque, piuttosto rassicurante. Lo stesso Craven, lo vediamo, è consapevole
di avere per le mani un passatempo, un ninnolo scintillante sicuramente lontano
dallo sfarzo dei vari Scream e La casa nera e questo suo essere perfettamente a
proprio agio, ci mette a nostro agio.
Se ti è piaciuto guarda anche... – Mother’s Day (2010) di
Darren Lynn Bousman, stupendo thriller di certo più teso e adrenalinico di Red
Eye che preferisce muoversi verso la stilizzazione del genere per ottenere un
prodotto svelto, essenziale ma di grande impatto. The Strangers (2008) di Bryan
Bertino, un film di certo non memorabile ma tutto giocato sul climax di
tensione e spavento che garantiscono in un genere come quello del thriller (che
non dovrebbe, con le dovute eccezioni, avere velleità artistiche particolari)
sicuro successo. Hostage (2005) di Florent Emilio Siri, che è un altro esempio
di filmetto abbastanza scadente in sé che trova la sua forza in uno dei
protagonisti (in questo caso il bravissimo Ben Foster). X (2011) di Jon Hewitt,
monumentale prova filmica che dimostra come mescolando tutti (e dico tutti) gli
stereotipi del thriller erotico, si possa partorire un film che è un notturno
delirio picaresco attraverso tutte le stazioni della via crucis del film di
genere.
Scena cult – Il flirt fra Jackson e Lisa al bar
dell’aeroporto e poi in aereo: grande prova non di arguzia da parte della sceneggiatura o
bravura da parte degli attori ma di ironia tragica e fascinazione da avventura
notturna.
Canzone cult – Non pervenuta.
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