venerdì 15 giugno 2012

PROJECT X (2012), Nima Nourizadeh


USA, 2012
Regia: Nima Nourizadeh
Cast: Thomas Mann (non lo scrittore, eh), Oliver Cooper, Jonathan Daniel Brown, Kirby Bliss Blanton, Dax Flame
Sceneggiatura: Matt Drake, Michael Bacall


Trama (im)modesta – Thomas ha compiuto diciassette anni e i suoi genitori saranno fuori casa per tutto il weekend. Insieme ai suoi amici Costa e J.B., rispettivamente un arrogante newyorchese e un introverso ragazzo obeso, decide di organizzare un party in casa per divertirsi e magari anche rimorchiare un po’, ma grazie alla pubblicità di Costa, la festa diventa paurosamente popolata e distruttiva fino a quando, fra un amplesso e una pasticca di ecstasy, si spargerà il caos per tutto il vicinato trasformando una festa in stile sex, drug & house music in un pandemonio da sollevazione popolare.


La mia (im)modesta opinione - A guardare un film come Project X si resta tremendamente confusi. Divertissement beota della generation nothing o manifesto etico e profetico della gioventù di oggi? Una cosa è certa: tutta la profondità di pensiero che si avverte in questa pellicola non è assolutamente intenzionale. Anzi, Project X sembra quasi un inno sperticato al deboscio più selvaggio e alla crapula più furiosa e sfrenata. Ma questa continua gozzoviglia, questo elogio della promiscuità più laida finiscono con il trasmetterci una sensazione di nausea: è forse questo il segnale più evidente del suo messaggio, lo stesso eccesso nasconde qualcosa di cupo e ossessivo. E quando vedo i protagonisti di questa storia non so se provare per loro pena o invece celebrarli. Insomma, il quesito è: vittime dei propri tempi o eroi della modernità? Quelli che abbiamo davanti sono  ragazzi che hanno aperto la porta dell’Inferno per comprarsi un briciolo di gloria personale o delle guide spirituali che sono riuscite a trascinare alla luce del sole (e dei neon e dei riflettori e del fuoco) quell’intimo desiderio di autodistruzione e morte che abita nel cuore di una gioventù dal futuro perduto e dal passato distrutto?


Causa un misto di reverenza e compassione vedere questa generazione disposta a sacrificare tutto, e con tutto intendo tutto (casa, amicizie, dignità, salute) per una sola nottata, una nottata epica. Ora, l’aggettivo ‘epico’ è usato spessissimo nel film, quasi a ricordare quel costante senso di pressione sociale che gli eroi greci sentivano di dover gestire compiendo imprese degne di onore, facendo dell’onore stesso un motivo di vita o di morte (mai sentito parlare di Aiace?), non a caso la loro società era proprio detta “della vergogna”. Project X è un film che lascia perplessi, profondamente perplessi. Si intuisce che sotto quella patina di superficialità e desiderio di perdere se stessi nel piacere non sta tanto l’amoralità di un facile edonismo ma un dolore grande, una rabbia profonda, giovane che si mescola insieme a una brama di folle ebbrezza, folle divertimento (indispensabili mezzi per il raggiungimento dell’annullamento di sé) e conflagra in un’ondata di energia distruttiva, in un desiderio bruciante di annullare se stessi, i propri pensieri e confondersi tramite mille stimoli sensoriali che non sono ricerca di piacere ma di dimenticanza.


Il film si muove seguendo l’ascensione di un’iperbole. Lo sbrigliato stravizio dell’inizio della festa selvaggia si conclude in distruttiva guerriglia urbana con tanto di case date alle fiamme, macchine distrutte, squadre SWAT ed elicotteri. È davvero questo quello che hanno dentro i giovani? Una forza tanto inarginabile e vulcanica che è capace di mettere a ferro e fuoco un intero vicinato? A quanto pare sì ma vale la pena rammentare che il piacere che cercano i protagonisti di Project X non è un piacere raffinato, decadente, direi quasi autentico. Il piacere diventa viatico di oblio di sé e, infine, di distruzione esteriore come necessaria espressione di un desiderio di distruzione interiore. Forse che la nostra è la generazione di Armageddon? Forse che noi siamo quei figli dell’Apocalisse con in cuore un desiderio forte di demolire ogni cosa, buttare giù il mondo, dimenticare i vecchi se stessi per rinascere liberi, gloriosi (gloriosi come il Satana di Milton, beninteso) a ergersi contro la vita, come nuovi Prometei, spaziando in una dimensione che non è quella che conosciamo ma è al di là di questo bene e di questo male? Project X è un film profetico.


Si potrebbe parlare di Project X per pagine, suppongo, tale è infatti la profondità che io ho avvertito nella pellicola, la pregnanza del suo messaggio e della sua morale nascosta dietro quel divertimento che, lo faccio notare, nel film non è mai completo non è mai assoluto e che, quando è vissuto in pieno, senza pensiero alcuno, è il risultato di un volontario stordimento di sé, tramite la musica, l’alcol, la droga, la folla. Ma il peggior errore che la critica potrebbe fare sarebbe travisare l’intenzione stessa dell’autore e mettere dentro un’opera un concetto che quell’opera non contiene. Vero è anche che la vera critica è una forma d’arte, non diversa da letteratura o musica, dato che arricchisce l’opera oggetto del suo ragionamento. La mia critica è questa. Project X è un bel film, un’ora e mezza di divertimento a buon mercato, ma personalmente mi ha lasciato scosso, moralmente scosso. Non ero disposto ad ammettere che la mia generazione nascondesse sotto l’ esaltazione nichilistica della sua avida sete di vita anche questa assillante, incontenibile brama di morte.


Se ti è piaciuto guarda anche... Project X è un film abbastanza originale, per non dire unico, nel suo genere. Vedrei molti dei riferimenti alla serie british Skins, dove però droga ed eccessi erano ancora accessori e ci si concentrava su tragedie private, sentimentali e la gioventù era già diversa, più umana.  Per il babelico e decadente ritratto della gioventù anni ’90 c’è il capolavoro Kids (1995) di Larry Clark, insieme al suo inseparabile compagno, Elephant (2003) di Gus van Sant. Altro lontano cugino di questo film è Trainspotting (1996) di Danny Boyle insieme al Superbad (2007) di Greg Mottola. Non dimentichiamo il primo, storico American Pie (1999) di Paul Weitz, il grande Thirteen (2003) di Catherine Hardwicke e il meraviglioso The Dreamers (2003) di Bernardo Bertolucci.


Scena cult – Di sicuro l’iperbolico e incendiario finale con annessa sollevazione giovanile, demolizione di un vicinato intero e squadre armate anti-sommossa.

Canzone cult – In mezzo a tutte la comunque piacevoli canzoni da disco del film, scelgo la più vicina al mio cuore: il remix di A-Track della meravigliosa Heads WillRoll degli Yeah Yeah Yeahs.

6 commenti:

  1. Interessante la tua analisi.
    Io l'ho visto ieri sera, ma per quanto possa capire quella che è la tua opinione, mi è parso un pò vuoto, cinematograficamente parlando.
    Non so. Nello stesso genere, cose come SuXbad o Una notte da leoni mi paiono decisamente più avanti.

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  2. I film che hai citato sono sì cinematograficamente migliori, sotto ogni aspetto. Ma sono commedie brillanti, ben scritte. Project X mi ha fatto vedere al di là dello specchio. Lo ripeto, i contenuti che io ho visto sono lì per caso, è chiaro che non era intenzione degli sceneggiatori o della regia, eppure questa sincerità ha finito per rivelare qualcosa, tradire se stesso.
    Da un punto di vista cinematografico, lo ammetto, la qualità non si solleva da quella di un videoclip.

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  3. grande rece!
    forse ci hai trovato dentro persino significati più profondi di quelli che in realtà ci sono.
    rispetto al pur divertente suxbad, sostanzialmente una commediola innocua, questo comunque è un vero e dinamitardo ritratto generazionale

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    1. In effetti è vero, il film non ha mai voluto essere profondo, eppure io l'ho visto tale. Magari erano tutte cose che già pensavo. Sono completamente d'accordo con te sulla questione del ritratto generazionale. Non potrei trovare aggettivo migliore di "dinamitardo".

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    2. Complimenti per la recensione da vero mestierante della critica cinematografica. Concordo con te riguardo al messaggio del film poiché anch'io subito dopo averlo visto ho pensato che il sottotesto che Nourizadeh voleva far trapelare dalla pellicola fosse proprio quello da te descritto. Non so quanto in realtà fosse una sua precisa intenzione ma se non sono stato l'unico ad aver estrapolato questo messaggio ferocemente profetico di un ritratto generazionale, forse, e dico forse, allora quel sottotesto non è solo una nostra fantasia.

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  4. la tua analisi è ottima anche se probabilmente trascende dalle intenzioni degli autori che sicuramente si sono posti molte meno domande di quello che hai fatto tu....

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