sabato 28 luglio 2012

FAHRENHEIT 451 (1966), François Truffaut


Regno Unito, 1966
Regia: François Truffaut
Cast: Oskar Werner, Julie Christie, Cyril Cusack, Anton Diffring           
Sceneggiatura: François Truffaut, Jean-Louis Richard      


Trama (im)modesta – In un imprecisato, distopico futuro, un regime autarchico, in nome dell’uguaglianza, proibisce che si leggano libri, leggere infatti stimola le idee e la diversificazione delle personalità mentre per la pace è necessaria un’uguaglianza totale, soprattutto a livello ideologico e una mancanza assoluta di spirito critico. A questo scopo, il corpo dei pompieri si occupa di trovare libri nascosti e di bruciarli. Un giorno, però, il pompiere Guy Montag salva un libro – David Copperfield di Charles Dickens – e lo legge. Presto leggere diventerà un bisogno vero e proprio e, leggendo, Montag si metterà contro la famiglia e la società.


La mia (im)modesta opinione – Libri bruciati. Non si potrebbe pensare (almeno per un junkie della carta stampata quale io sono) una crudeltà e un supplizio più grande. E la tortura non si ferma a ciò ma prosegue con l’argomentazione (devo dire implacabilmente corretta) che i libri fanno le persone diverse. Chi legge l’Etica di Aristotele si sentirà superiore al suo prossimo, chi legge Shakespeare o Carroll finirà per vivere in un mondo di fantasia, disperandosi per la realtà. Ed è tanto più inquietante perché il capitano dei pompieri, durante questo suo lungo monologo programmatico, sbotta in una tirata finale sulla pericolosità del libro armeggiando con il Mein Kampf in mano. E come dargli torto? Gli scrittori di romanzi distopici hanno capito tutto da molto tempo: la decerebrata sudditanza è il prezzo da pagare per la pace, il libero pensiero porterà sempre al conflitto. Ma come rinunciare alla bellezza? Al sentimento? Come sacrificare secoli e secoli di letteratura, abbrutendo l’essere umano a ameba inerte che versa tutto il suo cervello ormai atrofizzato in un tubo catodico?


Il dilemma è irrisolvibile, sì, ma non straziante, perché non ci riguarda. Il letterato, lo studioso, l’uomo di spirito vedrà sempre nel suo inferiore o un nemico da eliminare o un allievo da esaltare e lo stesso vale per l’inferiore che vedrà in colui che nutre il suo pensiero un pericoloso sognatore, un fastidioso vaneggiatore o un martire da debeatificare, un angelo a cui tagliare le ali per ridurlo a sé. L’uguaglianza è giustizia, la libertà è il caos. Truffaut si cimenta con questi complessi temi sollevati dal romanzo di Bradbury e, smorzandone considerevolmente i toni, imbastisce una moralità leggendaria (rubo l’espressione, con il beneplacito di monsieur Laforgue) che si spoglia del romanzesco, liberandosi di trama definita, psicologia e altri elementi strettamente narrativi, per analizzare appunto la sola sfera morale di un uomo in crisi – in questo caso Guy Montag – che impara ad amare ciò che gli è stato insegnato a odiare acriticamente e alla fine compie un salto definitivo diventando da distruttore di libri a libro egli stesso in una utopica comunità di uomini-libri che imparano a memoria un volume, lo distruggono, e rinunciano per sempre al supporto cartaceo in favore di quello mnemonico.


Per condurre questa perigliosa narrazione, Truffaut adotta il colore e ruba consistentemente al linguaggio cinematografico di Hitchcock e il risultato è un film di rara bellezza e intensa poesia che dimostra sì notevoli segni di invecchiamento (il canone degli anni ’60 è inevitabilmente lontano da quello dei giorni nostri) ma adotta tecniche, inquadrature e soluzioni cinematografiche di una modernità assoluta. E dunque anche se certe scene non sono esenti da una certa maniera (l’incubo di Montag avrebbe potuto benissimo essere infilato in La donna che visse due volte e nessuno se ne sarebbe accorto), altre adottano espedienti di sconvolgente attualità: la scuola vuota e grigia che risuona di inquietanti filastrocche infantili sulla matematica, le inquadrature/fotografie della stazione dei pompieri, i primissimi piani di carta che brucia lentamente, in cui Truffaut ci fa assaporare con amaro (e compiaciuto) sadismo la distruzione delle grandi opere letterarie.


Ma oltre al tema strettamente riguardante i libri, le altre problematiche presenti nel libro di Bradbury (lo strapotere mediatico, il controllo della polizia, la paranoia sociale, l’instupidimento di massa) sono toccate solo di scorcio come a farci intuire una realtà più grande rispetto a quella che il film stesso ci presenta. Gli angoscianti programmi televisivi, l’episodio del ragazzo a cui vengono rasati i capelli in pubblico perché troppo lunghi, la manipolazione dei media e via dicendo sono elementi sì presenti ma comunque distanti, Truffaut si concentra sul dramma umano e morale del protagonista, sulla sua evoluzione interiore che lo porta a rivalutare sistemi e valori. Migliore, a mio giudizio, di altri film distopici (ma non incisivo ed epico come l’abbastanza controverso V per Vendetta di cui sono appassionato sostenitore), Fahrenheit 451 è un film davvero imperdibile, una gemma d’autore e ogni appassionato di fantascienza (ma anche di buon cinema) dovrebbe vederlo, se non per la critica sociale almeno per la magistrale prova di François Truffaut.


Se ti è piaciuto guarda anche... – Ovviamente il mitico 1984 (1984) di Michael Radford, il televisivo Brave New World (1998) di Leslie Libman e Larry Williams con il leggendario Leonard Nimoy, Blade Runner (1982) di Ridley Scott e il grande Minority Report (2002) di Steven Spielberg. Per uscire dall’Olimpo dei purosangue, abbiamo Gattaca (1997) di Andrew Niccol, la perla (e pecora) nera del genere, ovvero lo stracult trash Equilibrium (2002) di Kurt Wimmer, Brazil (1985) di Terry Gilliam, l’ormai mitologico L’uomo che fuggì dal futuro (1971) di George Lucas e, infine, il mio film del cuore V per Vendetta (2006) di James McTeigue.


Scena cult – La morte della vecchia signora che si suicida in mezzo ai suoi libri. Sconvolgente.

Canzone cult – Non pervenuta.

2 commenti:

  1. Questo lo avevo visto alle superiori, e poi mai più.
    Un film struggente, di una bellezza rara.
    Da recuperare.

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  2. Fa sempre piacere vedere un autore come Truffaut cImentarsi con un classico della letteratura contemporanea. Guarda anche "La Seduzione del Male". È molto bello.

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