martedì 2 ottobre 2012

BREAKING BAD, Stagione 1 (2008), Vince Gilligan


USA, 2008
Regia: Vince Gilligan, Adam Bernstein, Jim McKay, Tricia Brock, Bronwen Hughes, Tim Hunter
Cast: Bryan Cranston, Aaron Paul, Anna Gunn, Dean Norris, RJ Mitte
Sceneggiatura: Vince Gilligan, Patty Lin, George Mastras, Peter Gould


Trama (im)modesta – Walter White è un uomo qualunque, sebbene la sua vita sia un po’ più complicata di quelle altrui. Mite professore di chimica, con una bella moglie, un figlio disabile e una bimba in arrivo, un giorno Walter scopre di avere il cancro ai polmoni. Fra un licenziamento inatteso (dal doppio lavoro che Walter faceva per sbarcare il lunario) e un costoso ciclo di chemioterapie, il signor White non sa da dove cavare denaro. Un giorno, dopo aver incontrato un suo ex-studente, ora spacciatore, gli fa una proposta: insieme i due entreranno in società e cucineranno la metanfetamina più pura in commercio. Ma quello che Walter non sa è che quella del crimine, sebbene paghi, è una strada senza più ritorno.


La mia (im)modesta opinione – Lo so, arrivo di molti anni in ritardo, ma è tutta colpa mia: Breaking Bad è un fenomeno di serial ormai approdato alle soglie di una quinta e (speriamo di no) conclusiva stagione. Attirato, come sono stato, da altre serie tv dal piglio più fantastico/scanzonato (vedi True Blood, Misfits, Game of Thrones, Alphas, American Horror Story et similia) ho messo di lato l’opportunità di mettermi davanti uno show strabiliante, incredibilmente sorprendente. So che questa recensione arriva molto, molto in ritardo. Quello che si doveva dire si è già detto e, non contribuendo alla sua scoperta, il mio commento finirà in mezzo alla ridda di pareri entusiastici – pareri che hanno gridato al capolavoro, e avevano ragione. Breaking Bad è una serie sì originale, sì forte ma che mette al centro di tutto un fattore che rare volte viene calcolato negli show televisivi: il cambiamento.


Breaking Bad è la serie della chimica, della scienza vera (dimenticatevi aggeggi spettacolari e folli esplosioni) al servizio del crimine e, come ogni reazione chimica che si rispetti, il movimento delle cose, il loro perpetuo fluire, rifluire e confluire l’uno nell’altra e di nuovo a ritroso è la base di ogni cosa. Il moto perpetuo al quale mi riferisco è ovviamente di tipo squisitamente morale, psicologico anche se non mancano alla serie tutti i crismi del thriller più geniale. Il protagonista della serie Walter White cambia, si modifica. Il suo non è banale character development, quelle che vediamo non sono le diverse sfacciature di una stessa gemma ma l’evoluzione, la dolorosa metamorfosi di un uomo normale in un mignone del male. Colpito così duramente dalla sfortuna, Walt White decide di agguantare la ruota del karma e di farla girare al contrario; rispondendo al male con un male più grande e non lesinando su distruttivi sensi di colpa, piaceri colpevoli, tribolazioni morali.


La serie pubblicizza il male fine a se stesso? No, lo illustra. Walt non si diverte certo a fare quello che fa (i reati vanno dalla produzione di droga all’omicidio volontario) ma man mano che scopre come una mano lavi l’altra e tutte e due lavino la faccia, il nostro professore entra nei meccanismi del male, ragiona come un criminale e, soprattutto, sente la morbosa seduzione per la sfida, per il denaro, per il potere. La vita da professore di chimica è noiosa, si sa. Ed è da questo taglio fra vita normale e romanzo criminale che la serie trova la sua forza: assistiamo a ridicole riunioni di famiglia, subito dopo un uomo viene ucciso; Walt spiega chimica ai suoi alunni, la scena successiva lo mostra in mutande e camicia mentre punta una pistola verso sirene in avvicinamento. E in mezzo c’è tutta la sagacia di un ironia che mostra come a essere ridicole siano le scenette della vita normale e come la vita al massimo da criminale paia dura ma esaltante.


Perché amare, dunque, Breaking Bad? Gli script delle puntate non presentano particolari sagacie e guizzi d’ingegno retorico (pensate a Scrubs coi suoi monologhi e siparietti) ma la trama, così priva di personaggi veramente unici (Walter è l’unico, tutti gli altri sono figuranti ora da dramma criminale ora da palco borghese), è fatta forte sia dall’originalità della trama che dalla complessità dell’approfondimento psicologico e narrativo. Senza infatti adottare soluzioni tecniche mirabolanti (anzi, lo squallore pervade un po’ tutta la serie), gli autori riescono sempre a trovare una svolta imprevista, una soluzione che non semplifica ma complica. E la tensione cresce. Sì, perché Breaking Bad parte in sordina ma si fa seguire come poche altre serie riescono. Senza contare, poi, lo stupendo humor macabro che aleggia in tutte le puntate, l’ironia tagliente sugli stereotipi del noir classico, le genialate scientifiche tutte plausibili e tutte spettacolari.


Il cast è poi superlativo con in testa un Bryan Cranston che definire spettacolare è poco; degno di tutti i premi che un attore televisivo potrebbe ricevere.  L’unico possibile difetto che potrei appuntare è che le storyline dei familiari di Walt White sono abbastanza insignificanti, mentre le uniche scene che tengono viva l’attenzione (oltre a quelle che vedono Walt come protagonista) sono quelle incentrate sui ridicoli comportamenti della moglie di Walt. Breaking Bad, però, è la serie che ha fatto capire al mondo che chi ne sa di chimica non è sempre un nerd. In conclusione, se avete già visto Breaking Bad (e lo avrete certo già visto tutti) avete visto, più o meno, uno degli show più entusiasmanti di sempre; se invece non lo avete già visto, e in questo caso sareste giustificati perché il ritardo capita a tutti, vedetelo e rendete certamente utile un commento che altrimenti sarebbe carne da dimenticatoio.


Se ti è piaciuto guarda anche... – Grandi classici televisivi del crimine sono The Sopranos (1999 – 2007) di David Chase, The Wire (2002) di David Simon, Boardwalk Empire (2010) di Terence Winter e Prison Break (2005) di Paul Scheuring. Ma altri fenomeni degni di nota sono l’iconico Six Feet Under (2001) di Alan Ball e il molto più recente Homeland (2011) di Howard Gordon e Alex Gansa. Per tornare al più familiare territorio dei film, non posso che consigliare Blow (2001) di Ted Demme, il grande Scarface (1983) di Brian DePalma, lo scintillante Holy Rollers (2010) di Kevin Asch e King of New York (1990) di Abel Ferrara.


Scena cult – Tutte quelle in cui la chimica di Walt innesca stupefacenti trucchetti. Dico solo tre parole: fulminato di mercurio.

Canzone cult – La stupenda Who’s Gonna Save My Soul? degli Gnarls Barkley che commenta la chiusura della prima stagione.

8 commenti:

  1. Una serie pazzesca. Anche io l'ho iniziata da poco, e da qualche giorno ho finito la terza stagione.
    Ti dico solo: GENIALE.

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    1. Per me ormai sono solo maratone Breaking Bad. Hai ragione: è geniale.

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  2. Strepitosa, sempre imprevedibile, ironica, seria sì ma che non si prende mai troppo sul serio, due protagonisti di cui ci si innamora, mai cali di tono, una tensione che non si esaurisce mai, di quelle che ti chiedi: cosa farei io in questa situazione??. La mia preferita in assoluto...e ho finito la quarta stagione!

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    1. Avendo quattro in chimica al liceo non so cosa farei in metà di quelle situazioni. Il signor White è un figo pazzesco, in ogni caso.

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  3. e la prima stagione non è niente. il meglio arriva con la quarta e la quinta...

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    1. Ci arriverò: sto viaggiando attraverso questa serie a velocità di crociera.

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  4. Sono sempre un po' scettica sulle varie serie , ma con la tua descrizione mi ha inesorabilmente convinta, tra musica , attori e scene cult...Bene , bene!

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