Italia, USA, 2004
Regia: Asia Argento
Cast: Jimmy Bennett, Dylan Sprouse, Cole Sprouse, Asia
Argento, Ornella Muti, Marilyn Manson
Sceneggiatura: Asia Argento, Alessandro Magania
Trama (im)modesta – Jeremiah (prima Bennett e poi i gemelli
Sprouse) viene strappato alla sua famiglia adottiva e dato alla sua madre
biologica, Sarah (Argento), una sbandata che si prostituisce, si droga, vive da
vagabonda e passa da un uomo all’altro alla velocità della luce. Jeremiah
assiste al prostituirsi della madre, al suo drogarsi, viene violentato da uno
dei suoi fidanzati, finisce in una casa di fondamentalisti cristiani e poi
torna di nuovo con sua madre. Un’autentica odissea senza fine.
La mia (im)modesta opinione – Prima di parlare di
Ingannevole è il cuore più di ogni cosa, è giusto spiegare la genesi della
storia. Uscito nel 2001, il romanzo omonimo fece grande scandalo: non solo si
parlava di droga, pedofilia, malattie mentali e madri snaturate ma tutti i
fatti erano di natura autobiografica. Ma, come si scoprì in seguito (con sconcerto dei fan di J.T. Leroy), lo scrittore non
era mai esistito e tutta la storia era stata inventata. Dietro l’identità di questo autore stava la scrittrice Laura
Albert. Non c’era nessuna autobiografia. A suo tempo i
critici, che odiano la Argento per le sue uscite trash che più trash non si
può, le andarono addosso accusandola di aver trasformato qualcosa di traumatico perché veritiero (ma ancora non si sapeva nulla dell'identità dell'autrice) in una specie di show scandalistico, sempre alla ricerca dell’eclatante e dello
scandaloso. Non è vero.
Lo ammettiamo, Asia Argento non ci sta simpatica: è villana,
è immeritatamente famosa, la sua carriera si basa più che altro su scandali e
come attrice è anche piuttosto cagna. Era facile prevedere che un film da lei
scritto (in parte), interpretato e diretto venisse masticato e sputato dai
critici. Ma, ancora una volta, sentiamo il bisogno di distaccarci da questa
opinione. Il film della Argento è forte, crudo ma mai sensazionalistico, non
ostenta nulla, non ricerca lo scandalo e l’unica cosa che gli si possa rimproverare
è forse una certa mancanza di autentico afflato registico e la fossilizzazione
in un ruolo, quello di Sarah, che ormai per l’Argento è trito e ritrito: cioè
la donna sfatta, cagnaccia, sciupata e devastata.
Nonostante questo, il film è «ben distribuito nelle scene,
negletto in apparenza ma condotto con molto artifizio». Nessun «argomento nel
periodare che possa accusare l’autore di affettazione». La regia glissa in
maniera non dico elegante ma elegantemente discreta sulle scene di violenza più
abietta mentre un altro regista, magari alla ricerca di un effetto di
repulsione sugli spettatori, avrebbe mostrato la violenza in maniera esplicita
e cruda. Belle sono anche le interpretazioni, su tutti Asia Argento che si
trova forse troppo a suo agio in una parte che ha troppe volte recitato (ma
anche Johnny Depp ricalca in continuazione lo stesso personaggio) e i gemelli
Sprouse che riescono a mescolare l’innocenza all’amor filiale.
Per il resto il film non è memorabile. Nessun guizzo da
parte della sceneggiatura o da parte della regia ma solo la trovata brillante
di simboleggiare l’abuso sul piccolo Jeremiah con degli uccelli rossi animati
presenti in tutte le scene dove il bambino ricorda i suoi traumi. Ma vera forza
del film sono i camei degli attori di culto che paiono piovere: Peter Fonda, Michal Pitt, Ornella
Muti, Winona Ryder, Josh Robinson (il biondino di quel film grandioso che fu Elephant di Gus Van Sant), Ben Foster e uno struccatissimo e pedofilo (ma non temete, non è il solo) Marilyn
Manson che, come ci si aspettava, ha accettato il ruolo più controverso del
film.
Altro punto di forza è l’insistere da parte della Argento
sul tema dell’indifferenza verso i problemi dell’infanzia da parte di adulti
che semplicemente non sono davvero interessati e preferiscono punire ciecamente
che risolvere difficoltà e questioni psicologiche. Simbolo di questo
comportamento è la psichiatra di Winona Ryder che minaccia di punire Jeremiah
quando lui si dimostra non collaborativo davanti alla psicoterapia.
Un vero e proprio psicodramma collettivo, questo Ingannevole
è il cuore più di ogni cosa, che non ci fa riflettere ne riflette sui temi
dell’abuso, dell’infanzia rubata, del rapporto madre-figlio ma li mette
direttamente in scena senza porre e porsi domande, insomma proprio come avviene
nella realtà.
Se ti è piaciuto guarda anche... – Correndo con le forbici
in mano (2006) di Ryan Murphy, perché, al di là della regia di un autore che sopporto poco per aver rovinato Glee e pasticciato un po’ troppo con American Horror
Story, è un film godibile, con due dei miei attori di culto personali (Evan
Rachel Wood e Brian Cox) e, alla fin fine, ben scritto, originale e ruffiano in
modo insolito e meno irritante di molte altre pellicole. Fenicotteri Rosa
(1972) di John Waters, perché è la versione comica, parodistica e tremendamente
trash della vicenda familiare di Sarah e Jeremiah. Thirteen (2003) di Catherine
Hardwicke, perché anche prima di generare Twilight, la Hardwicke era una buona
regista. Inoltre potrebbe essere considerato un prequel spirituale del film. Garden
of the Nights (2008) di Damian Harris, perché è un film forte, coraggioso,
crudele che racconta di un’altra infanzia violata.
Scena cult – Due su tutte: il sogno che Jeremiah fa sugli
uccelli rossi che gli rubano le braccia e l’allucinatissima e confusa sequenza
di Sarah che traveste Jeremiah, come scambiandosi di corpo e personalità.
Canzone cult – Ovviamente la triste e malinconica Karen Koltrane dei Sonic Youth che tanto esprime dell’atmosfera di squallore e povertà
che domina nel film.