Italia, 2012
Regia: Ferzan Ozpetek
Cast: Elio Germano, Beppe Fiorello, Vittoria Puccini,
Margherita Buy, Paola Minaccioni
Sceneggiatura: Ferzan Ozpetek, Federica Pontremoli
Trama (im)modesta – Pietro è un giovane siciliano omosessuale che sbarca
il lunario di notte facendo cornetti e sogna di giorno girando di provino in
provino. Si trasferisce a Roma dove compra a prezzo stracciato un vecchio e
grande appartamento. Ma (originalità!) la casa è abitata da una compagnia
(fantasma) d’attori trapassati all’epoca della Seconda Guerra Mondiale che gli
chiedono aiuto per riottenere la libertà.
La mia (im)modesta opinione – Non ho mai amato pazzamente
Ozpetek, tranne nel recentissimo Mine Vaganti, e so che questo suo ultimo film
è stato definito il migliore della sua carriera. Ma se questo è il migliore non
voglio immaginare i peggiori. Al di là degli straordinari interpreti tra cui
spiccano il convincentissimo Elio Germano, Vittoria Puccini (che fa sempre la
sua porca figura), Beppe Fiorello (ingessatissimo, ma è bravo davvero questo
qua?) e i superbi Gianluca Gori e Mauro Coruzzi (in arte Platinette), il film è
un accozzaglia piuttosto incoerente di personaggi e situazioni.
Oltre alla
storyline principale, infatti, Ozpetek segue altre vicende, acchiappa altri
bandoli di una matassa che non verrà sciolta e pizzica spunti che lascia cadere
qui e lì. Insomma, mette troppa carne al fuoco. A questo si aggiungono
situazioni bislacche e incomprensibili come quella della inutile e confusa scena in
cui un esercito di travestiti che cuciono cappelli (sic!) controllati da un
inquietante Platinette che vorrebbe (vorrebbe?) imitare il Colonnello Kurtz di
Apocalypse Now. Ora, se i contorni della scena (Platinette, le facce da galera
dei travestiti, il fantastico Gianluca Gori) sono godibili, la scena stessa
pare estranea all’intero contesto del film. Se a questi episodi, poi, si
aggiunge una regia francamente goffa, una colonna sonora odiosa (le arpe da
“sogno o son desto?” nei momenti clou, nulla di più trito e banale), larvate e impacciate
velleità comiche e un intero fascio di protagonisti e scene inutili e
confusionarie, si capisce che la pellicola è appesantita, farraginosa, noiosa a
tratti, patetica nei suoi tentati slanci poetici e, in definitiva, le interpretazioni del
meraviglioso cast (ma su Beppe Fiorello pesa ancora l’ombra del dubbio) vanno
del tutto sprecate.
Un cinema autoriale che non pare nemmeno d’autore, che
simula nostalgia, che vorrebbe creare suspance (ma solo a suo malgrado) e
mescola tanti temi e situazioni da sembrare un minestrone scadente e tiepidino.
Inoltre la fotografia è pessima.
Se ti è piaciuto guarda anche… - Fantasmi a Roma (1961) di
Antonio Pietrangeli, perché riunisce i più grandi mostri sacri del cinema
italiano e perché gli anni ’60 sono stati di gran lunga la fase più stilosa
della storia del nostro cinema nazionale. Stupid Teenagers Must Die! (2006) di
Jeff C. Smith, perché è una vera chicca trash da film geek, perché gli spoof
sono sempre stati i miei piaceri colpevoli e perché sputtana tutti gli
stereotipi dell’horror anni ’80. Beetlejuice (1988) di Tim Burton, perché è una
piccola gemma del macabro e soprattutto Burton è proprio un genio visivo.
Questi Fantasmi (1967) di Renato Castellani, perché è un altro mix di mostri
sacri e perché la commedia all’italiana (quella vera) ci manca da sempre e
perché Eduardo DeFilippo, che l’ha ideata, è un vero campione della comicità
partenopea.
Scena cult – Ovviamente il delirio della fabbrica dei
travestiti. Autentica migliore scena peggiore di tutto il film.
Canzone cult – Non pervenuta. Solo un’imbarazzante colonna
sonora dai toni così banali che più banali non si può.
non ancora visto.
RispondiEliminaper adesso però ho sentito pareri molto discordanti, con una prevalenza un po' più sul negativo come il tuo..
Se posso indovinare i tuoi gusti cinematografici, troverai come me la regia goffa e la storia mutilata o deforme nelle sue parti. Il cinema italiano il suo meglio lo dà nelle miniserie a bassissimo costo (Donne Assassine e In nome del male).
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