Italia, Spagna, Irlanda 2008
Regia: Stefano Bessoni
Cast: Alberto Amarilla, Oona Chaplin, Geraldine Chaplin,
Alex Angulo, Francesco Cornelutti
Sceneggiatura: Stefano Bessoni, Luis Berdejo
Trama (im)modesta – Assillato da visioni di un fantasma biancovestito,
uno studente di cinematografia si imbatte in uno strumento ottico di nome
tanatoscopio, macabro strumento che permette di uccidere una persona, cavandogli gli occhi e catturando l'ultima immagine che ha visto. Ma il tanatoscopio
viene rubato e strane scomparse cominciano a susseguirsi, scomparse collegate con
un misterioso film riguardante proprio la storia del tanatoscopio. Un film dalla storia oscura e maledetta.
La mia (im)modesta opinione – Ho recuperato a distanza di
anni questo film che in virtù del suo essere indipendente, in virtù di una
sceneggiatura vergata da una mano spagnola (si sa, gli iberici hanno talento
negli horror eleganti) e soprattutto in virtù della mia attrice supercult
Geraldine Chaplin avevo deciso di vedere con grandi aspettative.
Ma, si sa, le grandi aspettative nascono per essere deluse.
A parte lo spunto iniziale assai originale del tanatoscopio
(una specie di macchina fotografica in stile Saw, l’Enigmista del Medioevo) che poteva
essere un’arma del delitto nuova, interessante o comunque diversa dall’ormai
trita motosega/machete/mannaia/arma bianca a caso e lo stupendo incipit che
mostra in modo piuttosto scioccante l’utilizzo del tanatoscopio, il film si
spreca sin dalle prime scene.
Nonostante un’ambientazione, un apparato tecnico (che
fotografia stupenda!) e un cast tutto sommato non scadentissimo, il film che
viene fuori pare una goffa imitazione di un qualche horror orientale che prende
molto in prestito al primo (e migliore) Dario Argento. Nonostante la faccia sia
quella giusta, l’interpretazione di Alberto Amarilla è languorosa e svenevole.
La sceneggiatura, come già detto, parte da spunti brillanti ma poi comincia a
fare acqua da tutte le parti (personaggi che scompaiono, cadaveri di cui
nessuno si accorge) e la mano registica di Bessoni solitamente ferma e
formalmente elegante comincia a farsi goffa nelle scene di “paura” (se
imbrattare la faccia di un ragazzino con la farina vuol dire far paura, beninteso) e si
spreca in un montaggio troppo convulso e, soprattutto, confuso.
Come poi capita alla maggior parte degli horror moderni, lo
scioglimento è noioso e scontato e, se mi si concede, pure con una punta di
lieto fine in stile “macabra Disney” che farà storcere il naso a tutti gli
amanti dell’horror duro e puro (no, non mi riferisco allo splatter).
Ma ci sono anche delle note positive. Oltre alla fotografia
da brividi (nel senso migliore del termine) perfettamente buia e algida, spicca
la figura della divina Geraldine Chaplin combinata sì come un quadro antico ma
capace di caratterizzare un personaggio dandogli quell’aria spettrale e
allampanata che a questo genere di film non fa mai del male. Deliziose anche le
citazioni sparse qua e là nella pellicola, su tutte lo pseudonimo di uno degli
studenti “Murnau” (come il regista del primo e iconico Nosferatu) e il
soprannome affibbiato al magnifico rettore dell’università Caligari (come il
film-manifesto dell’espressionismo tedesco).
Ma questi bagliori non certo rari ma assai tenui fanno
presto a scomparire sotto l’odiosa interpretazione di Amarilla e la
sceneggiatura un po’ vuota, un po’ evanescente mai rinvigorita da slanci di
puro genio autoriale.
Nonostante tutto, però, ho deciso di dare una nuova chance a
Bessoni: il suo ultimo lungometraggio Krokodyle (2011) pare promettere bene nel
suo essere un pastiche di autori tanto diversi fra loro come Gondry e i
fratelli Pang.
Se ti è piaciuto guarda anche... – Quattro mosche di velluto
grigio (1971) di Dario Argento, perché ha ispirato in parte il film (la storia
del tanatoscopio) ma è puro e stilosissimo Argento d’annata. The Orphanage
(2007) di Juan Antonio Bayona, perché anche se non è un grandissimo horror è
intelligente e in più c’è la divina Geraldine Chaplin nella parte di
fantasmatica medium. L’uomo senza sonno (2004) di Brad Anderson, perché anche
questo film è buio e freddo, si sente la puzza di cospirazioni e perché
l’interpretazione di Bale è degna di un cult assoluto. Shutter Island (2010) di
Martin Scorsese, perché anche se non è un horror propriamente detto è giocato
sulle stesse atmosfere del film di Bessoni e, anche qui, le cospirazioni si
toccano con mano.
Scena cult – Il tremendo incipit in cui lo scienziato
Fumagalli (degno della migliore pittura fiamminga) uccide ex abrupto una
fanciulla nel suo allucinato e macabro laboratorio di alchimista. Un vero e
proprio quadro in movimento.
Canzone cult – Non pervenuta
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