Regno Unito, 2011
Regia: Ralph Fiennes
Cast: Ralph
Fiennes, Gerard Butler, Brian Cox, Vanessa Redgrave, Jessica Chastain
Sceneggiatura: John Logan (riadattamento dall’originale di
Shakespeare)
Trama (im)modesta – In una Roma immaginaria, postmoderna,
governata come una sorta di repubblica militare, in perenne guerra contro i
Volsci, si distingue per le imprese belliche il generale Caio Marzio, detto
Coriolano per l’eroica presa della città strategica di Corioli. Ma, tradito da politici
che vedono di cattivo occhio la sua ascesa sociale e penalizzato da un’indole
orgogliosa che lo rende inviso al popolo, viene esiliato. Cercando vendetta, si
coalizzerà proprio con i Volsci e progetterà di prendere e distruggere Roma per
vendicarsi dell’affronto.
La mia (im)modesta opinione – A quarantanove anni suonati,
Ralph Fiennes ha deciso di intraprendere un’impresa cinematografica e artistica
più che considerevole: portare sullo schermo un testo di Shakespeare (e una
delle tragedie del Bardo più complesse e profonde per i suoi temi civili),
imbastire una messinscena convincente e fare tutto ciò gestendo un cast di
grandissimi attori (Gerard Butler è scivolato nella lista “grandi attori” per
studiata distrazione, beninteso). E, seppure con i suoi limiti, ci riesce e
tira fuori una signora opera prima abbastanza bella da meritarsi qualche Oscar
ma non abbastanza per vincere qualcosa a Cannes (che negli ultimi anni è
diventata l'unico festival del cinema che raccoglie i talenti più brillanti e
autenticamente artistici), non per niente il film è stato presentato al
Festival di Berlino.
Questo Coriolanus è una gran bella pellicola sotto parecchi
punti di vista. In primo luogo le interpretazioni che (se eccettuiamo Gerard
Butler, che è abbastanza al di sotto nella media, quantunque sia ben entrato
nel personaggio) sono tutte di incredibile livello: dal grande Ralph Fiennes
che fonde in un solo personaggio il patriota pentito, il soldato letale, il
vendicatore divino e il rabbioso veterano di guerra, alla granitica Volumnia di
una grintosissima Vanessa Redgrave che alla veneranda età di settantacinque
anni sa affascinare in divisa militare in stile “Grande Dittatrice” seguiti a
ruota dal monumentale Brian Cox e dalla sempre stupenda Jessica Chastain che ha
una parte minuscola ma diciamo pure, con buona pace del maestro Stanislavskij,
che non esistono piccole parti ma solo piccoli attori, e la Chastain è grande,
grandissima.
Ma i talenti di Fiennes non si fermano qui: oltre a essere
uno straordinario attore capace di impersonare alla perfezione ogni
personaggio, è pure regista sensibile e anche se il suo stile risente di
qualche imperfezione quasi del tutto trascurabile. Il film è diretto con mano
ferma, elegante e virile, raffinata e rude. Omaggio pure alla fotografia livida
e lattiginosa perfetta per ricreare l’atmosfera da paese devastato dalla guerra
che ogni giorno abbiamo l’occasione di vedere dai nostri teleschermi.
Unica pecca: il fiorito testo di Shakespeare è spesso
tagliato e rintuzzato con troppa audacia o avventatezza, momenti che
meriterebbero maggiore estensione sono tagliati con troppa brutalità e,
ovviamente, i mille riferimenti disseminati nel testo originale alla Roma
repubblicana suonano stiracchiati e sforzati in un contesto che di antico non
ha proprio nulla. È questo, inoltre, un grande punto di forza del film: la
modernità.
La ricostruzione della guerra, degli sporchi affari politici, dei
circhi mediatici, della plebe ignorante e presuntuosa: tutto è di una modernità
sconcertante e pare parlare di questo nostro mondo moderno.
Ulteriore punto di forza (se non di merito) è il personaggio
di Coriolano: figura originalissima, orgogliosa nella sua sensibilità
aristocratica, radicata con ostinazione al proprio suolo, granitico e furente,
uno che “da uomo, s’è fatto dragone” come dice nella tragedia il Menenio di
Brian Cox.
Se ti è piaciuto guarda anche... – Titus (1999) di Julie
Taymor, perché è un’esperienza filmica unica che mescola Shakespeare a Fellini,
condita da sequenze oniriche e costumi futuristici, perché l’inventiva
artistica è senza fine e soprattutto perché Anthony Hopkins è qui al suo
meglio. Macbeth (2006) di Geoffrey Wright, perché anche se l’opera non sa
spiccare il volo, riportarla alla contemporaneità nel mondo criminale
australiano contribuisce a darle una rinfrescata notevole e anche perché le tre
streghe sono sexy studentesse che vandalizzano cimiteri (il che conferisce alla pellicola quella sfumatura trash che attizza parecchio). Il trono di sangue
(1957) di Akira Kurosawa, perché è sempre bello anche se ormai un po’ agée e
perché l’epica di Kurosawa è assolutamente unica e fragrante di antichi scenari
sia naturali che spirituali.
Scena cult – Il raptus di furia che Coriolano ha nel Foro
della città. Autentico splendore attoriale.
Canzone cult – Non pervenuta.
Film eccezionale.
RispondiEliminaSebbene lievemente preferisca questa tragedia a Tito Andronico devo però ammettere che la trasposizione cinematografica di quest'ultimo risulti migliore.
Titus nel 1999 per evitare qualche fischio dall esperienza di Romeo + Giulietta (1996) e gasato dal più che sottovalutato Gattaca (1997) sceglie una iperbolica dimensione retro futurista che a prima vista disorienta ma successivamente esalta.
Mentre in Titus si parte dal fatto che sia una tragedia senza un sostrato storico è quindi più semplice accettare l’enfasi sulle scenografie che fondono una Roma ora antica ora fascista in una declinazione efficace che rappresenta comunque Roma.
L’inveitabile confronto con Coriolanus fa quindi risaltare l’unica pecca di quest ultimo: l’ambietazione.
Il meta teatro reale, dove gli americani ambiscono di essere inglesi che a loro volta invidiano antichi valori italiani, vuole dare per forza un tratto di egocentrismo, velato da patriottismo, dove l’era moderna è sotto l’impero U.S.A.
Essendo l’eroe reale, in questo caso si avverte una pericolosa necessità di essere veritieri.
Con queste premesse è quindi scontato che il nemico debba avere la carnagione olivastra, la barba,un naso adunco e venga combattuto in posti evocativi del Medio Oriente.
Ci si sarebbe aspettati come Capitale una Washington e invece siamo stati graziati!
Cosa ne pensi invece di Titus? Quali sono secondo te i limiti cinematografici di un ambientazione retro futurista?
A presto.