Germania, Ungheria, Francia, 2010
Regia:
Benedek Fliegauf
Cast: Eva
Green, Matt Smith, Hannah Murray, Tristan Cristopher, Natalia Tena
Sceneggiatura:
Benedek Fliegauf, Elizabeth Szasz
Trama (im)modesta – Quello di Rebecca e Tom è un amore
innocente, infantile, quasi poetico. Un amore che viene spezzato sul nascere
quando Rebecca dovrà partire per il Giappone, per vivere con sua madre. Dodici
anni dopo, Rebecca torna nel villaggio della sua infanzia e incontra ancora
Tom. Di nuovo il loro amore sta per sbocciare e di nuovo il loro amore è
spezzato dalla tragica morte di Tom, travolto da una macchina. Ma Rebecca lo
ama tanto da decidere di dargli una nuova vita: tramite un procedimento medico
è possibile clonare le persone a patto di trovare una donna disposta a fare
nascere il nuovo essere umano. Rebecca decide di clonare Tom e, ottenuto un
frammento di DNA, si fa inseminare e partorisce un bambino che è il clone di
Tom. Ma quanto può essere autentico questo amore?
La mia (im)modesta opinione – Da qualche anno, il genere
fantascientifico, abbandonata la veste di baraccone chiassoso e rutilante
assunta da Indipendence Day in poi, si è concentrato sugli effetti di una
scienza ormai sempre più vicina al miracoloso e su come questi miracoli
scientifici possano influire sul nostro modo di sentire e pensare.
Il caso di Rebecca è esemplare: dà alla luce un figlio che
non è suo figlio ma il clone esatto dell’uomo che ama, si fa chiamare “Mamma”, accompagna
il piccolo Tom lungo tutta la sua infanzia, ma il suo non è amore materno: è
attesa speranzosa e dolorosa di un amore che lei impone a se stessa e agli
altri, natura compresa.
Ma è la Natura la grande protagonista di questo film. Spazi
interminati, orizzonti sconfinati, silenzi sovrumani rotti solo dal perpetuo e
onnipresente sciabordare del mare, quiete profonda. I colori della fotografia
sono i toni neutri e sbiaditi dell’azzurro e della sabbia. L’occhio del regista
si perde nell’infinità di un orizzonte onirico e silenzioso. Un canto di amore
al Mare del Nord, scelto dal regista proprio per il senso di galleggiamento ed eternità
che trasmette.
Ed è anche lo scorrere del Tempo che il film esplora con
reverenziale commozione. Un tempo che scorre secondo procedimenti nascosti e
segreti, un tempo che fa apparire sulla spiaggia antichi animali che si
ritenevano estinti, un tempo sempre uguale e ogni volta diverso che si
riavvolge e poi torna indietro, si incarta e, infine, si incrina.
L’oggetto dell’indagine filosofica del regista è il rapporto
fra le leggi di Amore e quelle di Natura. In tutta la pellicola sono presenti
l’acqua e il mare, intesi come veicoli di vita primigenia e segreta, e se il
mare non si può vedere ci sono oggetti che lo ricordano: il lontano mugghiare
delle onde, la pioggia ma anche il colore blu di cui Rebecca è sempre ammantata
e rivestita.
Un amore, quello di Rebecca, sconcertante e problematico.
Screziato di incesto, morbosità e una larvata vena necrofila (il riportare in
vita coloro che sono morti); la tacita relazione fra Rebecca e il
suo figlio/amante perduto si dipana attraverso il tempo e la natura.
Ma non è solo una banale cotta quella che muove il
personaggio di Rebecca a sacrificare vita e passioni alla relazione con Tom: è
pure regressione all’infanzia perduta, espiazione di una colpa (quella di aver
causato involontariamente la morte dell’amato), martirio interiore, passione di
natura satanica.
E Rebecca è un vero concentrato di queste contraddizioni: da
un lato santa e dall’altro inconsapevole diabolique, madre amorevole e amante
gelosa. Il suo dissidio è anche il nostro, il suo dilemma è tanto enorme da
diventare quasi universale. Ma se all’inizio ci si potrebbe aspettare
un’esplorazione dell’amor morboso, il film ci costringe a ricrederci. La
tematica diventa sfaccettata, complessa, insolubile.
Un quesito filosofico
posto in uno sfondo puramente simbolico: la casa sulla palafitta dove Rebecca
porta Tom dopo che il resto della società li ha riconosciuti come individui
contronatura (i cloni sono odiati, per il loro essere artificiali, quasi una
perversione vivente che sfida con la sua stessa esistenza tutte le leggi della natura) non è altro che un grembo
materno cosmico, isolato, senza tempo e dimensioni e ognuno che va via da
questo grembo (la fidanzata del nuovo Tom e poi Tom stesso, dopo aver
acquistato la dura consapevolezza del suo essere sia il Tom vivente sia quello
morto, originario) lo fa perché ha acquistato una nuova consapevolezza di sé e
del mondo ed è pronto a rinascere.
Su tutto questo domina la figura dai contorni quasi mistici
di Rebecca, vera Madonna maliconica e silenziosa (ma anche la Madonna è stata
protagonista di un evento miracoloso come la resurrezione e la nascita di una creatura quasi divina), autentica martire e
Stella Maris, ardente e triste, crudele e amorevole nei suoi silenzi, nei suoi
sguardi, nelle sue ansie e nelle sue paure.
Un gioiello di filosofia e naturalismo, quello di Fliegauf,
che lontano dall’epica di The Tree of Life di Malick e dal poema sinfonico
Melancholia di Von Trier (le cui domande sulla fenomenologia del mondo e della
natura sono più o meno le stesse) imbastisce in un semplice e acutissimo
lirismo il rapporto fra l’essere umano (creatura relativa e contraddittoria,
strappata e tirata da ogni parte dai limiti della sua natura) e la Natura
(assoluta, eterna e sublime).
Se ti è piaciuto guarda anche... – The Tree of Life (2011)
di Terrence Malick, perché è una commossa e stupefatta contemplazione di un
Ideale puro, misterioso, che viene proposto allo spettatore in forma di pura e
(eventualmente) incomprensibile intuizione a priori. Never Let Me Go (2010) di
Mark Romanek, perché esplora il cuore dell’idea della clonazione come vero e
proprio furto violento di identità e spiritualità. Antichrist e Melancholia
(rispettivamente del 2009 e del 2011) di Lars Von Trier, perchè esplorano
filosoficamente i meccanismi intimi di una natura vista come perversa e
satanica e fanno porre inquietanti interrogativi sugli orrori della fecondità e
del male.
Scena cult – La definitiva e traumatica consumazione
dell’amore incestuoso tra Tom e Rebecca.
Canzone cult – Può essere una canzone il rumore del mare?
ce l'ho lì da un po' ma non l'ho ancora visto..
RispondiEliminami sa che è arrivata l'ora di recuperarlo!
Fallo, sono ansioso di leggere la tua lettura del film. Io, personalmente, l'ho adorato. Sono certo che piacerà anche a te!
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